La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

LUGLIO

 

IX. GIORNO

Quale castigo sovrasti a chi in mezzo a’ divini benefizi offende col peccato il Signore.

 

« Zelus, et furor viri non parcet in die vindictiae, nec acquiescet cujusquam precibus, nec suscipiet pro redemptione dona plurima.— La gelosia, e il furor dello sposo non la perdonerà nel giorno della vendetta, né si placherà alle preghiere di chicchessia, nè accetterà in compenso doni anche in gran numero » (Proverbio 6, 34, 35).

 

I.

Considera, che non può concepirsi alterazione di animo pari a quella di un Principe nobilissimo, il quale tornato di notte improvvisamente da qualche lontan paese, colga la sua sposa in atto di rompere a lui la fede, serrata in camera con un amante straniero. Oh che sdegno ! oh che smania! oh che gran furore! Ma quanto questo furore ancor crescerebbe, se un tale amante fosse appunto un nimico il più capitale di quanti mai ne avesse un tal Principe sulla terra! E quanto crescerebbe più anche, se quella sposa fosse già stata una fanciulla, bensì di lignaggio nobile, ma ridotta ad estrema mendicità, a servitù, a schiavitudine, e contuttociò da quel Principe riscattata, e riscattata dalle mani appunto crudissime di quel Barbaro, a cui poi si è data per druda, e riscattata non per altro interesse, che di esaltarla da sì misero stato a real fortuna? E quanto in ultimo crescerebbe anche più, se il Principe fosse certo, ch’ella non fu da quell’amante villano assalita a forza, ma subornata? Oh allora sì, che il furor giugnerebbe a segno, che non potrebbe aver posa, ma stimerebbe una vendetta da niente assaltar col pugnale l’ingrata adultera, ferirla, fracassarla, finirla, e svellerle il cuore dal petto di propria mano. Che prieghi, che promesse, che lagrime? Non è tempo di farne caso : «Zelus, et furor viri non parcet in die vindictae, nec acquiescet cujusquam precibus, nec suscipiet pro redemptione dona plurima. — La gelosia, e il furor dello sposo non la perdonerà nel giorno della vendetta, nè si placherà alle preghiere di chicchessia, nè accetterà in compenso doni anche in gran numero ». Non è solo qui il furore quello che anela alla vendetta, è più anche la gelosia : Zelus, et furor. La gelosia accende il furore, il furore inasprisce la gelosia. Che però forse non ha qui il Savio, come potea facilmente, voluto dire : « Zelus, et furor viri non parcent in die vindictae, non acquiescent, non suscipient. — La gelosia, e il furore dello sposo non la perdoneranno nel giorno della vendetta, non si placheranno, non accetteranno », parlando di essi come di due affetti distinti; ma ha voluto dire « non parcet, non acquiescet, non suscipiet — non la perdonerà, non si placherà, non accetterà », parlando d’essi come se non fossero più che un affetto solo : perchè di fatto già non sono più due, ma di ambedue ne risulta un affetto misto di furore egualmente, e di gelosia tanto impetuoso, che si può ben provare, ma non esprimere. Ora se le cose Divine si possono con le umane abbozzare alquanto, se non esprimere : figurati, che la sposa di cui si parla è l’anima tua, lo sposo è Cristo, l’amante infame è il diavolo. Fa tu l’applicazione più puntuale da te medesimo, e di’ fra te : Che dovrà far questo principe così grande, di cui qui trattasi, quando tornato da quel paese lontano, dov’egli andò « accipere sibi regnum, et reverti — a prender possesso di un regno per poi ritornare » (Vangelo di Luca 19, 12); coglierà all’improvviso l’anima mia di notte appunto oscurissima, tra le braccia di un suo nimico sì capitale, di un suo rinegato, di un suo ribelle, sol perchè questi le ha falsamente promesse quelle soddisfazioni, che non pareva a lei di ricevere dal suo sposo? Mi crederò di poterlo allora placare con arte alcuna? Non c’è più tempo : « Zelus, et furor viri non parcet in die vindictae, etc. — La gelosia, e il furor dello sposo non la perdonerà nel giorno della vendetta, ecc. ».

II.

Considera qual sia questo giorno, il quale qui s’intitola di vendetta : in die vindicts. E’ il dì del Giudizio : che però i Settanta qui scrissero : « in die judicii — nel giorno del Giudizio ». Il dì del Giudizio particolare, e il dì del Giudizio universale. Il primo è di vendetta privata, il secondo è di vendetta pubblica: « Dies ultionis hi sunt. — Giorni di vendetta sono quelli » (Vangelo di Luca 21, 22). E son ambi detti così, perchè lo sposo è risolutissimo in essi di vendicarsi, ch’è quanto dire di rendersi l’onor leso. Questa risoluzione negli uomini non è giusta, e per qual ragione? Perchè nasce da vizio, non da virtù: « Ira viri justitiam non operatur — L’ ira dell’uomo non opera la giustizia » (Lettera di Giacomo 1, 20), volendo la virtù, ch’essi senza fine rimettano i loro oltraggi, con usare agli altri senza fine quegli atti di pietà, di perdono, di carità, che senza fine amerebbero per se stessi : « Prout vultis ut faciant vobis homines, et vos facite illis similiter. —Quel che volete che facciano gli uomini verso di voi, fatelo voi pure con essi » (Vangelo di Luca 6, 31). Ma in Dio è giustissima, perchè in Dio la suddetta regola non ha luogo. Egli non può mai cadere in istato di aver bisogno di pietà, di perdono, di carità; e però neanche è giammai tenuto ad usare per buona corrispondenza questi atti a niuno. Se gli usa, è perchè gli piace di usargli. Quindi è, che quando irato si vendica, ch’è quanto dir si redintegra l’onor leso, non solamente fa un’azion virtuosa, ma necessaria, « justitiam operatur — opra la giustizia », potendo bensì egli permettere le proprie ingiurie, per questo fine medesimo d’insegnare, che non si dee curar tanto affannosamente l’onore estrinseco; ma non potendole però lasciare impunite, perchè egli è il Principe sommo, e come tale è tenuto di gastigare, non solamente le ingiurie altrui, ma le proprie. Se non le vendica adesso, conviene che poi le vendichi in altro tempo, e tal sarà « dies vindictae — il giorno della vendetta ». Mira un poco quanto adesso egli lascia di vendicarle. Testimonio a te ne può essere a sufficienza l’istessa anima tua, che tante volte ha già tradito a quest’ora si degno Sposo, e pur egli ancora dissimula. Che dissi dissimula? Ancor le manda a dire per bocca de’ suoi messaggi : « Fornicata es cum amatoribus multis: tamen revertere ad me, dicit Dominus, et ego suscipiam te. — Tu ti sei prostituita con molti amanti: ma pure ritorna a me, dice il Signore, ed io ti accoglierò » (Geremia 3, 1). Però se tu qui ponderi sottilmente, non dice il Savio, che « Zelus, et furor viri —La gelosia, e il furor dello sposo » assolutamente « non parcet — non la perdonerà », dice sol che « non parcet in die vindicta — non la perdonerà nel giorno della vendetta ». Ah che or pur troppo perdona!

III.

Considera qual sia la cagione, per cui questo Principe, Sposo dell’anima tua, proceda ora con tanta facilità. Perchè ora si presuppone, ch’egli dimori in paese lontano assai : « Abiit in regionem longinquam, ch’è il Paradiso, accipere sibi regnum. — Andò in lontano paese a prendere possesso di un regno » (Vangelo di Luca 19, 12). E così tu vedi, che portasi bene spesso non altrimenti, che se ignorasse ciò, che si opera sulla terra : fa mostra di non vedere, fa mostra di non udire : sicchè le Spose sciocche si danno talora a credere, ch’egli per verità non si trovi in casa : « Non est vir in domo sua: abiit via longissima. — L’uomo non è in casa sua, è andato a fare un viaggio lunghisRimo » (Proverbio 7, 19). E così peccano tanto più arditamente. Ma guarda bene, perchè alla fine, di sì lontano, qual egli ora si fa, si farà presente : Abiit in regionem longinquam accipere sibi regnum, et reverti. E che sarà, s’egli arrivando improvviso, colga l’anima tua, com’è facile, appunto in atto di rompere a lui la fede? Oh che confusione! oh che cruccio! oh che crepacuore ! Ma senza pro : « Ecce ego ad te, dicit Dominus, et revelabo pudenda tua in facie tua. — Eccomi a te, dice il Signore, e svelerò sotto gli occhi tuoi le tue ignominie » (Naum 3, 5). Sicchè la sposa infedele non potrà punto negare il tradimento infamissimo, benchè voglia. Qual maraviglia, però, se sarà allora la misera irremissibilmente da lui punita? Ella è da lui colta in atto: non v’è rimedio. E quello, se nol sai, è il giorno, che si nomina di vendetta, quello in cui Cristo coglierà l’anime in atto d’infedeltà. Adesso, perchè « abiit in regionem longinquam — se ne andò in paese lontano », non tanto par, ch’egli scorga le ingiurie fattegli, quanto che le risappia, e però non giudica ancor senza remissione. Allor se le vedrà fare, per un certo modo di dire, su gli occhi proprii : « Juxta me discoopemisti, et suscepisti adulterum — vicino a me hai peccato, ricettando l’adultero » (Isaia 57, 8); e però allora sarà ancora arrivato il giorno così fatale della vendetta, dies vindictae. Quindi è, che quando il Signor ha parlato dell’uno, e dell’altro dì, che s’intitola di Giudizio, l’uno particolare, l’altro universale, sempre ha voluto usar questa formola di venire : « Ecce venio velociter. Ecce venio cito, etc. — Ecco ch’io vengo velocemente. Ecco ch’io vengo presto, ecc. ». A segno tale, che tanto è dir nel Vangelo dì di Giudizio, quanto è dire dì di venuta : Dies adventus, perchè si sappia, che venuto ch’ei sia, non ci è più speranza di perdono a chi travisi colto in fallo: Zelus, et furor viri non parcet in die vindictae, ch’è l’istesso che dire « in die adventus sui — nel giorno di sua venuta ». E s’è così, non aspettar ch’egli venga. Di’ tosto all’anima tua, che licenzii ogni amante infame, che si compunga, che muti forma di vivere. Altrimenti s’ella sarà colta in fallo, sarà spedita. E pur lo Sposo di questo gode, di giugnere all’improvviso : « Media nocte clamor factus est: Ecce sponsus venit. — A mezzanotte levossi un grido : Ecco che viene lo sposo » (Vangelo di Matteo 25, 6).

IV.

Considera, che se quello è di di vendetta ad uno Sposo sì nobile, qual è questo; non si può dubitare che affatto inutili non abbiano allora ad essere presso lui tutte le preghiere dell’anima traditrice. Ma che dissi dell’anima traditrice? Tutte le preghiere di tutti : Non acquiescet cujusquam precibus. Perchè se tutti i Santi, se tutte le Sante s’inginocchiassero a dimandare quel dì perdono per l’anima tua, non potrebbono conseguirglielo : « Ultionem capiam, et non resistei mihi homo. — Farò le mie vendette, e nissun uomo a me si opporrà » (Isaia 47, 3). L’uomo non può mai resistere a Dio, se non in un modo solo, con le preghiere. Però dunque Iddio dice, che nessun uomo in quel dì resisterà, perchè le preghiere di nessun uomo avran forza. Nè solo ciò : ma venga pur chi si vuole innanzi per lei; offerisca limosine copiosissime, digiuni, discipline, cilicii. Lo Sposo già così vago di tali doni non vuol più niente : Non suscipiet pro redemptione dona plurima. Sicchè se tutti i Santi, se tutte le Sante si offeriscero unitamente a volere di nuovo tornare in terra a questo sol fine, di soddisfar per quell’anima sventurata, non lo accetterebbe in eterno. E perchè? Già tu hai sentito : perchè quello è dì di vendetta, dies vindictae. Adesso mira quanto poco basti a placare uno Sposo anche sì zelante dell’onor suo ! Un sospiro, una supplica, un atto solo di semplice contrizione. Allora non basterebbono le ricchezze di tutto il Paradiso medesimo unite insieme : « Non proderunt divitiae in die ultionis. — Non faranno alcun pro le ricchezze al giorno del giudizio » (Proverbio 11, 4). Nè di tutto ciò si può dar altra ragione, se non perchè « Zelus, et furor viri non parcet in die vindictae. —La gelosia, e il furor dello sposo non la perdonerà nel giorno della vendetta ».

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