La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

APRILE

VIII. GIORNO

Della Vanità.

 

«Ego redemi eos, et ipsi locuti sunt contro me mendacia. — Io gli redensi, ed eglino contro me dissero bugie » (Osea 7, 13).

 

I.

Considera, che in due modi si può liberare uno dal male, o con cavarnelo, quando già v’è caduto, o con preservarnelo: e l’uno e l’altro si esprime con questo solo vocabolo di redimere. In senso di liberazion susseguente al male lo portò Davidde, quando disse a Dio, che avea salvato il suo popolo dall’Egitto « Redemisti in brachio tuo populum tuum. — Col tuo braccio salvasti il popol tuo » (Salmo 76, 16). E in senso di liberazione antecedente lo portò pur l’istesso Davidde, quando disse a Dio, che avea salvato lui dalla spada del Re Saule: « Qui redemisti David servum tuum de gladio maligno, eripe me. — O tu, che salvasti Davide tuo servo dal ferro maligno, mi libera » (ivi, 143, 10). Or ecco pertanto ciò, di che Dio si duole in questo passo, che impreridi qui a meditare. Si duole, che avendo egli nell’uno e nell’altro modo campati gli Uomini da mille vari peccati, essi in cambio di rendere a lui la lode, che si doveva, attribuivano ogni lor bene a se stessi: « Ego redemi eos, et ipsi locuti sunt contra me mendacia. — Io gli ho redenti, ed essi contra me dissero bugie ». E’ però questo passo indirizzato a fulminare sì i Penitenti, sì gl’Innocenti, che follemente ascrivano a virtù loro punto di ciò, che il loro stato ha di gloria. Tu sei di alcuno di questi? Oh quanto, se così fosse, faresti torto a Dio! « Nolite gloriari, et mendaces esse adversus veritatem. — Non vogliate gloriarvi, e mentire contro la verità » (Lettera di Giacomo 3, 14).

II.

Considera, che se tu sei Penitente, devi sentir di te con molta bassezza; perciocche è vero, che sei uscito così dalla schiavitù dell’Infernal Faraone, ma per sola virtù divina: « Redemisti in brachio tuo populum tuum — Col tuo braccio salvasti il popolo tuo ». Ecco a che ha dovuto giungere il tuo Signore per ridurti ad un tale stato; ad usare la forza del suo gran braccio, mettendo forse mano ancora a’ miracoli. E quanto diversamente da ciò, che fece, quando trasse Israele fuor dell’Egitto! perciocehè allora ebbe a durare fatica, acciocchè Faraone lasciasse andare Israele: adesso ha dovuto durar fatica, acciocchè Israele lasciasse andar Faraone. Che voglio dire? Non ha il Signore dovuto ora stentare, perchè il demonio lasciasse te, ma perchè tu lasciassi il demonio; atteso che la maggior difficoltà al convertirti è nata dalla mala disposizione, che Iddio trovava nella tua volontà. E nondimeno potrai tu punto parlare con vanità dell’esserti al fin ridotto a stato migliore? Se parli così, il Signore dirà con ragione. che tu menti: « Ego redemi eos, et ipsi locuti sunt contra me mendacia. — Io li redensi, ed eglino contra me dissero menzogne ».

III.

Considera, che non meno bassamente tu devi sentir di te, se a questi giorni ti trovi ancora innocente, ciò che appena si può riputar credibile: perciocchè è vero che, s’è così, tu sei campato da un ferro molto maligno, qual era quello del Saule Infernale, ma per mero favor divino: « Redemisti David servum tuum de gladio maligno. — Salvasti Davidde tùo servo dal ferro maligno ». Anzi nota pure, quanto maggior è stato il favore, che Iddio ha fatto a te, di quello, che fece a Davidde: perciocchè Davidde non andò mai da se stesso ad incontrar la spada del Re suo persecutore; anzi più d’una volta, con saviezza molto superiore all’età sua giovanile, la scansò, la schivò, non perdonando a verun’ arte di scherma: tanto che in tale occasione sta di lui scritto, che « in omnibus viis suis prudenter agebat — in tutte le opere sue si diportava con prudenza », e che però, « Dominus erat cum eo — Il Signore era con lui » (1 REG. 18, 14). Ma tu non hai proceduto così. Quante volte ti sei andato incautamente ad esporre ai pericoli di peccare? Ed è stato altro ciò, che un andare incontro alla spada del tuo Saule? Se però ne sei pur illeso, tanto più eccelso è stato ancora il favore, che Dio ti i ha fatto. E tu potrai con alcuna vanità dir fra te di non conoscerti peccator come gli altri? Se fai così, il Signore ancora a te dirà bene che tu menti. « Ego redemi eos, et ipsi locuti sunt contra me mendacia — Io gli ho redenti, ed essi contra me dissero bugìe ».

IV.

Considera, che non meno va questo detto a ferire qualunque altra sorta di uomini vantatori, perchè sono tutti bugiardi. Attribuiscono alla loro potenza, alla loro prudenza, alla loro virtù quei felici eventi che godono alla giornata, come se non fosse Iddio quegli, che lor gli mandi, o con cavarli dal male, o con preservarneli. Qual bugìa però dir mai possono più solenne? Se non si emendano, non possono aspettar altro, se non che quanto prima Iddio lasci di prosperarli; perciocchè egli è verità, e però troppo abboinina la superbia, la quale è tutta bugìa: « Perdes omnes, qui loquuntur mendacium. — Disperderai tutti coloro, che parlano bugìa » (Salmo 5, 7). Eppure ch’il crederebbe? La gente non sa levarsela dalla bocca, tanto essa l’ama: « Suavis est homini panis mendacii. —Soave è all’uomo il pan di menzogna » (Proverbio 20, 17). Questo è il pan di menzogna, ch’è sì soave, la lode propria. Rispetto alcuni si può pur troppo dir pane, perchè l’usano a tutto pasto. Sentigli ragionare: vedrai che n’han del continuo la bocca piena; ma non san poi ciò, che segue, ed è, che un tal pane si convertirà in pietra dura da masticarsi: Et postea implebitur os ejus calculo; perchè costoro avvezzatisi in questa maniera a parole di vanità, son da Dio lasciati di modo, che poi non possono far più altro, parlando, che lamentarsi della lor misera sorte. Getta pur dunque di bocca tua questo pane, benché ti piaccia; perciocchè s’è soave, non è salubre. Che dissi non è salubre? Guardati bene, che questo non abbia ad essere quel veleno, che uccida a poco a poco l’anima tua: « Os, quod mentitur, occidit animam. — La bocca, che mentisce, dà morte all’anima» (Sapienza 1, 11).

V.

Considera, che queste bugìe tanto più son considerabili, quanto che sono nel genere di dannose, ch’è il più perverso. Ed a chi recano danno? forse al tuo prossimo, ch’è un uomo simile a te? Anzi al tuo Signore; e il danno è, che gli tolgono la sua gloria. Però dice Iddio: « Ego redemi eos, et ipsi locuti sunt contra me mendacia. — Io li redensi, ed eglino contro me dissero bugìe », non « contra hominem — contro l’uomo », ma « contra me — contro me ». Due sono i generi di quelle persone, le quali per altro dicono bugìe contro Dio. Gl’infedeli, e i bestemmiatori, benchè gl’infedeli acconsentano colla mente a ciò che contro Iddio proferiscono fuor del vero, quando a cagion di esempio dicono, che non è trino, che non è provvido, che non è pio, che non è amico del giusto. I semplici bestemmiatori non acconsentono a niente di ciò colla mente, ma pur lo dicono per isfogo di rabbia, quantunque insana. Ora gli arroganti, che sono il terzo genere di coloro, i quali « loquuntur contra Deum mendacia — dicono bugìe contro Dio », alle volte partecipano cogl’infedeli, alle volte partecipano coi puri bestemmiatori. Partecipano cogl’infedeli, quando essi credono veramente di avere per virtù propria ottenuto ciò ch’han di bene: ma questi convien che sieno arroganti pazzi, qual fu quel Re famoso di Tiro, a cui disse Iddio: « Elevatum est cor tuum, et dixisti: Deus ego sum. — Si è innalzato il cuor tuo, ed hai detto: io sono un Dio » (Ezechiele 28, 2); e però son pochi. I più partecipano co’ bestemmiatori ordinarii; ma con questa diversità, che i bestemmiatori mentiscono contro Dio per isfogo di rabbia, gli arroganti per isfogo di vanità. Ma ciò che vale, se forse a Dio recano anch’essi egual danno, mentre attribuiscono a sè quella felicità, quella provvidenza, quella pietà, quella rettitudine, la qual’è tutta puramente di Dio, non è punto d’essi? Certo è, che sì d’essi, come dei bestemmiatori può dirsi, che « extenderunt linguam suam quasi arcum mendacii, et non veritatis. — Hanno stesa la loro lingua qual arco di menzogna, e non di verità » (Geremia 9, 3), perchè colla loro lingua vanno gli uni e gli altri a saettare crudelmente Iddio nell’onore; i bestemmiatori direttamente, perchè hanno intenzione di abbassar lui; gli arroganti indirettamente, perchè hanno in.: tenzione d’innalzar se medesimi. Ma frattanto tu vedi, che il pregiudizio, il quale a Dio ne risulta, sempre è lo stesso, perchè sempre a un modo si mentisce con togliere a lui la gloria, che gli è dovuta. E tu, posto ciò, non prenderai un abborrimento indicibile a cotesto folle linguaggio di vanità? « Noli velle mentiri omne mendacium. — Guardati dal proferire alcuna menzogna » (Ecclesiastico o Siracide 7, 14). Alle volte ti può scappar di bocca qualche parola di vanità, senza che te ne accorga, e allora sei più scusabile, perchè « mentiris — mentisci », ma non « vis mentiri — intendi mentire », e però dici quasi una bugia materiale contro di Dio. Ma quando tu ti accorgi che quella parola è parola di vanità, non la dire, perchè non solo « mentiris — mentisci », ma « vis mentiri — intendi mentire », e però dici contro Dio una bugia, la quale è formale, e così è vera bugia. Tieni sempre vivo nell’animo, che quanto in te sia di bene, tutto è di Dio, non che solamente da Dio; e però sempre, se l’hai da dire, dà chiaramente a conoscere, che ne parli come di cosa, che aspetta a lui, non a te. « Non ego, sed gratia Dei mecum. — Non io, ma la grazia di Dio, che è con me » (Prima lettera ai Corinzi 15, 10). Questo è il linguaggio degli umili, che son simili ad innocenti bambini, e però sta scritto di loro, che « in ore eorum non est inventum mendacium — non si è trovata menzogna nella lor bocca » (Apocalisse di Giovanni 14, 5) : perchè non solo non si dan lode alcuna, ma non son capaci di darsela.

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