La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

APRILE

VII. GIORNO

Quali siano i figli di Dio, e loro ingratitudine a’ di lui benefizi.

 

« Filios enutrivi, et exaltavi; ipsi autem spreverunt me. — Ho nutriti ed esaltati de’ figliuoli: eglino poi mi hanno sprezzato » (Isaia 1, 2).

 

I.

Considera, che in tre stati si possono riguardare i figliuoli di un Padre; nello stato di Servi, nello stato di Liberi, e nello stato di Eredi. Nello stato di servi si trovano fino a tanto, che, come minori, vivono sotto il Tutore, che li governa. Nello stato di liberi si trovano quando adulti sono usciti già di tutela. Nello stato di eredi si trovano quando hanno già conseguita l’eredità, che son le ricchezze paterne. In tutti questi tre stati si debbono però dunque considerare quei, che come Fedeli sono adottati al sublimissimo grado di Figliuoli di Dio, giacchè gl’infedeli non entrano in questo numero. Nello stato di servi furon gli Ebrei : perchè come quelli, che non erano ancora giunti all’età legittima, determinata dal Padre, furono del continuo tenuti sotto la legge, non altrimenti che sotto un Tutor severo. Nello stato di liberi sono i Cristiani, che Cristo colla sua venuta liberò dalla servitù della Legge. Nello stato di eredi sono i Beati, che già son entrati in possesso del patrimonio, che è la vision chiara di Dio. Posto ciò, agevolmente tu intenderai, quali sieno quei Figliuoli, di cui il Signore tanto altamente lamentasi in questo luogo. E’ certo che i Beati non posson essere, perchè questi son Figliuoli si innamorati del Padre, che del continuo lo lodano, non lo sprezzano. Resta dunque, che sieno o i fedeli dell’antico Testamento, o i fedeli del nuovo. E quanto a ciò : è vero, che il lamento fu fatto ai fedeli dell’antico Testamento, quali erano gli Ebrei; ma fu indirizzato ancor molto più a’ fedeli del nuovo, quali siamo noi Cristiani. Perocchè quelli, quantunque fossero veramente figliuoli, appena Iddio mai gli onorò di tal nome. Comunemente gl’intitolava suoi servi, sua parte, suo popolo, suoi diletti: « Et tu Israel serve meus. — E tu, o Israele mio servo ». « Conculcaverunt partem meam. — Hanno conculcata la mia parte ». « Consolamini, popule meus. — Consolatevi, popol mio ». « Puer Israel, et dilexi eum. — Israele era bambino, ed io ebbi per lui dilezione ». Il nome espresso di Figliuoli di Dio, e non di Abramo, o di Giacob, o di Giuda, serbavasi a’ Cristiani, come notò San Giovanni là dove disse: « Videte qualem charitatem dedit nobis Poter, ut Filii Dei nominemur, et simus. — Vedete qual carità ha il Padre per noi avuto, che siamo nominati Figliuoli di Dio, e lo siamo » (Prima lettera di Giovanni 3, 1): non dice solo « simus — siamo », perchè ciò fu comune ancora agli Ebrei: disse oltre a ciò, « nominemur — siam nominati », che dinota noi pervenuti a quella condizion di Figliuoli, che sono già cominciati a trattar da tali, cioè da liberi, e non da servi. Pertanto mentre il Signore qui lamentasi di coloro, che tanto assolutamente intitola suoi Figliuoli, Filios, qual dubbio c’è, che vuol ferire que’ Cristiani sì sconoscenti, sì scellerati, sì perfidi, che tutto dì non fanno altro, che strapazzarlo: Tu sei Cristiano, « Filius Dei — Figliuolo di Dio »; ma come tale, hai mai pigliato a ponderar seriamente il trattamento, che Dio ti fa, come Padre, e il contraccambio, che tu giornalmente gli rendi, come Figliuolo? Adesso è il tempo, che daddovero vi pensi, per mutar modi, se ancora tu sei di coloro, che tutto dì non fanno altro che dare al Padre occasion di nuovo rammarico.

II.

Considera qual sia l’amorevole trattamento, che il Signore tanto giustamente qui viene a rimproverarti. Dice di averti nutrito, come Figliuolo, dice di averti esaltato: Filios enutrivi et exaltavi. E qual è questo nutrimento? forse i soli beni di natura, ch’egli ti ha dati, che pur sono sì innumerabili? Ma questi sono comuni anche agl’Infedeli, che nè si nominano Figliuoli di Dio, nè sono, perchè non entrano a parte dell’adozione. Sono principalmente i beni di grazia. E però quel nutrimento, che egli sopra d’ogn’altro qui ti rinfaccia, è quello, che tu ricevi come Cristiano nel Santissimo Sagramento, di cui mai nessun altro fuor della Chiesa è stato partecipe. Eppure egli dalla parte sua lo tien pronto, come pascolo ancora quotidiano, se vuoi valertene: « Accipite, et comedite: hoc est corpus meum. — Prendete e mangiate: questo è il mio corpo » (Vangelo di Matteo 26, 26). E l’esaltamento qual è? Questa gloria medesima che tu godi di Cristiano, negata a tanti. Questa ti rende invidiabile agli Angeli cattivi, venerabile ai buoni. Questa fa, che a te si appartenga il regno de’ Cieli: « In hoc vocati estis, ut benedictionem haereditate possideatis. — A. questo siete stati chiamati, affinchè abbiate in retaggio la benedizione » (Prima lettera di Pietro 3, 9). Ti par però, che il Signore abbia giusta ragion di dire: « Filios enutrivi, et exaltavi — Ho nutriti ed esaltati de’ Figliuoli »? Mentre ti ha dato un nutrimento sì splendido, mentre ti ha procacciato un esaltamento sì signorile, che potea far di vantaggio? Questo è quanto può fare ogni Padre amante ad un suo figliuolo; non solamente allevarlo, ma sublimarlo dalla mendicità al principato, al che in nessun modo è tenuto, benchè sia Padre.

III.

Considera qual è il contraccambio, che non ostante ciò tu gli rendi come figliuolo: il contraccambio è sprezzarlo. Non solo non lo ringrazi, non solo non lo riverisci, non solo non l’ami; ma espressamente lo sprezzi con trasgredire i suoi paterni divieti: « Filios enutrivi, et exaltavi: ipsi autem spreverunt me. — Ho nutriti, ed esaltati de’ Figliuoli, eglino poi mi hanno sprezzato ». Oh che particella significante è quell’ « autem — poi » ! Questa è quella, che fa campeggiare 1′ ingratitudine: perchè questa mette a ‘rincontro i trattamenti, che usa da una parte il Padre a’ figliuoli, e i trattamenti, che rendono dall’altra i figliuoli al Padre; e però questa fa parimente apparire, quanto sia maggior l’offesa, che fanno a Dio tutti i Cristiani sprezzandolo, di quelle, che abbiagli mai fatto qualunque più crudo Barbaro; perchè, salvo il peccato d’infedeltà volontaria, che in un Fedele noi non possiam presupporre, tutti gli altri peccati, qualunque sieno, di vendetta, di fraude, di furto, di sensualità sono in parità d’altre circostanze molto più gravi in un Cristiano; e come tali saranno ancora puniti più gravemente giù nell’inferno, perchè son disprezzi fatti a Dio da un figliuolo: « Filios enutrivi, et exaltavi; ipsi autem spreverunt me. — Ho nutriti, ed esaltati de’ figli, eglino poi mi hanno sprezzato ». E nondimeno tu puoi peccar giornalmente con tanta facilità? Ah ben si vede, che non penetri punto ciò che tu fai! Qualunque di quei peccati, che tu commetti, contiene un atto d’ ingratitudine espressa. E di qual sorte? di quella ch’è la più orrenda, d’ingratitudine d’un tal Figliuolo, un tal Padre. Pondera bene ciò, ch vuol dire quell’« ipsi — eglino » : pondera bene ciò che vuol dire quel me, e a un tratto lo intenderai.

IV.

Considera, che come questa ingratitudine, la quale a Dio tu dimostri nel disprezzarlo, accresce il tuo peccato, posto in paragone cogli altri peccati simili, che commettono gl’infedeli; così lo accresce, posto anche in paragone con altri peccati simili, che già commisero anticamente gli Ebrei. Perchè sebbene ancor essi erano nel grado di figliuoli adottivi, come sei tu; contuttociò erano, come udisti, ancor minori, e conseguentemente non avevano ricevuta nè quella sorte di nutrimento, nè quella specie di esaltazione, la qual è propria de’ figliuoli già liberi, qual tu sei. Quelli non ebbero nutrimento più splendido della manna, che goderono nel deserto: « Pluit illis manna ad manducandum. — Piovve ad essi per cibo la manna » (Salmo 77, 24). Ma che ha da far ciò col nutrimento, che godi tu, al sagro Altare, dove Gesù medesimo, vivo e vero, si fa tuo cibo: « Ego sum panis vivus, qui de Coelo descendi. — Io sono il pane vivo, che son disceso dal Cielo »? (Vangelo di Giovanni 6, 51). Quelli non ebbero esaltazione più signorile della Legge, che Iddio die’ loro di sua bocca sul Monte Sina, delle loro promesse, delle loro profezie, de’ loro prodigi, e di quel loro Sacerdozio così famoso. Ma tutto ciò che ha da far coll’esaltazione toccata a te? Quella esaltazione, per grande ch’ella si fosse, per eccelsa, per eminente, non altro al fine contenne in sè di onorevole, se non questo, che fu ordinata a figurare la tua: e però rispetto alla tua non fu più che un’ombra: « Umbra futurorum. — Ombra delle cose future » (Lettera ai Colossesi 2, 17). E’ vero, che come tu sei esaltato a poter conseguire il Regno de’ Cieli, ch’è il punto più principale, così vi furono esaltati ancor essi : perchè il diritto all’eredità è comune a tutti i figliuoli, o minori, o già liberi, quali siano : ma osserva un poco la differenza notabile. Se tu adesso vivi bene, puoi morendo andartene subito al Paradiso; ma auelli no. Benchè fossero santi, come un Abramo, come un Giacobbe, come un Giuseppe, come un Davidde, erano costretti ad aspettare nel Limbo gli interi secoli; perchè i figliuoli, fin che sono minori, hanno bensì il diritto rimoto all’eredità, ma non v’hanno il prossimo. A poterne entrare in pos. sesso, bisogna in ogni modo aspettar, che arrivi l’età legittima costituita dal Padre, Usque ad praefinitum tempus a Patre. (Lettera ai Galati 4, 2). E tal è stata nel caso nostro la venuta di Cristo. Che ragion somma hai dunque tu da confonderti, mentre vedi, che essendo tu da tuo Padre adesso trattato con una forma tanto più nobile di quella, non però dimostri di farne veruna stima! Appena arrivi ad intendere tanti onori, non che a prezzarli. Qual maraviglia è però, se Dio di te si lamenta più fortemente, che non faceva di quegli, e se ancora più fortemente ti punirà? Finalmente quei che peccavano nel vecchio Testamento, erano riguardati come figliuoli non ancora dotati d’intero senno, perchè erano ancor minori. Tu sei giunto all’età virile, e però quale scusa può favorirti, se non temi tu ancora sprezzare il Padre? « Filios enutrivi, et exaltavi, ipsi autem spreverunt me. — Ho nutriti, ed esaltati de’ figliuoli, eglino poi mi hanno sprezzato ». Il vero disprezzo verso il Padre, di questi è proprio, de’ figliuoli già adulti.

V.

Considera, che il Signore non dice « offenderunt me — mi hanno offeso », ma « spreverunt me — mi hanno disprezzato », perchè in ciò sta finalmente il mal del peccato, che tanto lo muove a sdegno; sta nel disprezzo. Nel resto, che gli puoi tu recare di pregiudizio? Non gli puoi torre quell’alta pace, che gode nel suo bel seno; non gli puoi levar la Potenza, non gli puoi levar la Provvidenza, non puoi scacciarlo colle tue guerre dal Trono: « Si peccaveris, quid ei nocebis? — Se tu peccherai, qual danno farai a lui? » (Giobbe 35, 6). Quello, che puoi fargli di male, tutt’è sprezzarlo: è questo ciò, che gli fai: « Ipsi autem spreverunt me — Essi poi mi hanno disprezzato ». Quando però tu commetti qualche peccato di sensualità, di furto, di fraude, non guardare a ciò, che sia in se stessa quell’opera materiale. Guarda ch’è disprezzo del Padre. Non è Dio quegli che ti vieta quell’opera sotto pena dell’alta sua indignazione? Adunque non cercar più altro a restar di farla. So che tu ti scusi con dire di non voler farla per disprezzare il Signore, ma per pigliar quello sfogo, ma per procacciarti quella soddisfazione. Con tuttociò questa scusa che può valerti? Troppo sarebbe, che tu disprezzassi il Signore per disprezzarlo. Questo è ciò, che fanno i dannati, fanno i diavoli. Basta che lo disprezzi. Che però egli non dice: « Ipsi autem spreverunt me, ut spernerent me — Essi poi mi hanno disprezzato per disprezzarmi », ma dice assolutamente « spreverunt me mi hanno disprezzato ». Sei tu contento, che il servidore di casa non ti disprezzi per disprezzarti, ma solamente per attendere a prendersi i suoi piaceri? Com’egli non eseguisce i tuoi ordini prontamente, ti adiri subito, quasi già abbastanza sprezzato. E perchè non vuoi, che subito Iddio pure si adiri contro di te? Ah che ciò è quello, che sì lo cuoce, il disprezzo « Contempsit me domus Israel. — La casa d’Israele ha disprezzato me » (Geremia 3, 20). « Contempsit judicia mea. — Ha disprezzati i miei giudizi » (Ezechiele 5, 6). « Contempserunt legem meam. — Han disprezzata la mia legge » (ivi 22, 26). « Contempserunt timorem Dei. — Disprezzarono il timore di Dio » (Ecclesiastico o Siracide 49, 6), questo è il suo continuo lamento nelle Scritture. Perchè quando sai, che Iddio ti vieta una cosa, e pur tu vuoi farla, per secondare il tuo scorretto appetito, già con ciò tu gli dici, almen quanto basta, di non prezzare tutto il suo sdegno paterno: già gli contendi l’ubbidienza, gli contraddici l’ossequio : già gli rinunzi anche in faccia l’eredità. E ti maravigli poi, se un peccato mortale, per minimo ch’egli sia, si meriti pena eterna? Per ciò se la merita, perché è disprezzo di un Dio. Non è possibile che nell’Inferno sia mai supplizio bastevole, colla sua gravità, a punire sì grand’eccesso: però non si potendo soddisfare colla gravità del supplizio, si supplisce, come si può, colla durazione.

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