La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

AGOSTO

 

VI. GIORNO

La Trasfigurazione.

Quali sieno i veri figliuoli di Dio.

« Hic est Filius meus dilectus, in quo mihi bene complacui, ipsum audite.— Questi è il mio Figliuolo diletto, nel quale io mi sono compiaciuto, ascoltatelo » (Vangelo di Matteo 17, 5).

 

I.

Considera quanto onorevole testimonianza sia questa, che il Padre rende al suo benedetto Figliuolo, mentr’egli dice : « Hic est Filius meus — Questi è il mio Figliuolo ». Tutti i giusti sono figliuoli di Dio : ma quanto diversamente ! Cristo è Figliuol per natura, i giusti sono figliuoli per adozione. E così Cristo è Figliuolo, perchè è Figliuolo : « Dominus dixit ad me, Filius meus es tu. — Il Signore disse a me, tu sei il mio Figliuolo » (Salmo 3, 7). I giusti sono figliuoli, perchè sono trattati da tali, siccome quelli che sono ammessi all’intima unione con la natura divina, ma non all’unione ipostatica. Questo fa che Cristo sia Figliuolo di Dio per consustanzialità; quella fa che i giusti siano figliuoli di Dio per consorzio : Ut efficiamini divinae consortes natura; e così questa fa che Cristo sia Figliuolo eguale al Padre, quella fa che i giusti sian simili. Vedi però tu, quanto bene, dinotando il Padre la persona di Cristo con quel pronome felicissimo, « Hic — Questi », dice assolutamente : « Hic est Filius meus — Questi è il mio Figliuolo », perchè nessuno più è tale, che chi è per natura. E pure è così. Cristo nè quanto Dio, nè quanto uomo fu Figliuolo adottivo, ma naturale: ond’è che qui quell’aggiunto « meus — mio », non vale a significar dipendenza, com’è tra noi, ma una sostanza medesima. Che aspetti dunque, che ancora di vero cuore non ti rallegri con esso della sua gloria? Hic, quegl’istesso, che già volevano i Cafarnaiti legare come frenetico; quegli, che tanti accusavano quasi confederato con Belzebù; quegli tacciato da idiota; quegli trattato da indiavolato; quegli, che i Nazzareni voleano precipitare poc’anzi da un’alta rupe, guarda chi è: dice il Padre: « Hic est Filius meus — Questi è il mio Figliuolo ». Ed a ciò tu, che rispondi? Non godi, che oggi riceva tanto di gloria, chi già a tanto soggiacque di confusione? Ma che? La gloria è data in privato: laddove la confusion fu . permessa in pubblico. Segno dunque è, che non si sta su la terra per ricevere gloria, ma confusione.

II.

Considera come Cristo, non solo è detto Figliuolo, ma ancor diletto : Filius dilectus: ed è detto diletto nel modo istesso, nel quale è detto Figliuolo. Perciocchè osserva, che in due maniere può essere, che qualcuno a te sia diletto, o per se medesimo, come ti è diletto l’amico, o in grazia altrui, come ti sono diletti gli amici del detto amico. I giusti sono tutti diletti a Dio, ma in grazia altrui, cioè in grazia di Gesù Cristo, il quale ha loro ottenuta tal dilezione : « Vocavit nos secundum gratiam, quae data est nobis in Christo — Ci ha chiamati conforme la grazia, che ci è stata data in Cristo ». Ma Cristo è diletto per se medesimo, e però egli assolutamente è il diletto: Filius dilectus. Anzi però egli è prima Figliuolo, e dipoi diletto, e non prima diletto, e dipoi Figliuolo. I giusti sono figliuoli per grazia, e però sono prima diletti, e dipoi figliuoli, perchè la dilezione, che Dio loro porta, è quella, che loro dà tanta altezza di dignità. Cristo è Figliuolo per natura, e però prima è Figliuolo, e dipoi diletto, perchè la dignità, ch’egli in sè possiede, è quella, che gli dà tanta altezza di dilezione. E questa può essere la ragione, per cui il Padre non ha voluto qui dire prima « dilectus — diletto », e poi « Filius — Figliuolo », ma prima « Filius — Figliuolo », e poi « dilectus — diletto ». « Hic est Filius meus dilectus — Questi è il mio Figliuolo diletto ». L’ha con ciò distinto da quelli, che sono prima diletti, e dipoi figliuoli, diletti filii, perchè sono figliuoli sì, ma figliuoli a semplice forza di dilezione. Comunque siasi, questo è quel titolo bello, che tante volte ebbe Cristo nelle Scritture, il titolo di diletto: « Cantabo dilecto meo canticum — Canterò al mio diletto un cantico » « Veni dilette mi —Vieni, o mio diletto » : « Veniat dilectus meus — Venga il mio diletto » « Vinea fatta est dilecto meo — Ha una vigna il mio diletto ». L’ebbe, perchè gli convien per essenza, l’ebbe perchè gli conviene a cagione de’ maggiori segni di amore, che ha ricevuti fra tutti gli altri, che sono figliuoli di Dio : « Poter diligit Filium —Il Padre ama il Figliuolo », e però che siegue : « Et omnia dedit in manu ejus— Ed ogni cosa diede in suo potere ». Questo è ‘l gran segno ch’ha ricevuto dì amore : l’essere stato costituito dal Padre per arbitro generale di tutto il suo: ond’è che non dice: « Omnia dedit ei —Ogni cosa diede a lui », che pur sarebbe assaissimo: ma « Omnia dedit in manu ejus — Ogni cosa diede in suo potere », perciocchè Cristo ne può far ciò che vuole. Or con quale affetto tu devi dunque procurar di congiungerti a questo Figliuol diletto, a questo, dico, da cui, come da tale, ti può venire ogni bene, sol ch’egli s’inchini a dartelo! Amalo, seguilo, servilo, ch’avrai tutto. Non ti ricordi di ciò ch’egli disse una volta? Quodcumque petieritis Patrem in nomine meo, hoc faciam. — Tuttociò che domanderete al Padre in mio nome, io lo farò » (Vangelo di Giovanni 14, 13). Parea, che per buona legge di favellare, dovesse dire, « hoc faciet — lo farà »; perchè se il Padre era richiesto, parea che al Padre toccasse ancora di fare. Ma non disse così. Disse « hoc faciam — lo farò » : perchè il Padre è richiesto, e il Figliuolo fa, come suo primario istrumento; tanto è diletto!

III.

Considera, come appunto a spiegar ciò, soggiunse subito il Padre : « In quo mihi bene complacui — Nel quale io mi sono compiaciuto », perchè nel suo Figliuolo umanato si è compiaciuto di dare agli uomini tutti ogni loro bene: « Benedixit nos omni benedictione spirituali in coelestibus in Christo. — Ci ha benedetti con ogni benedizione spirituale dal Cielo in Cristo » (Lettera agli Efesini 1, 3). Però in due sensi puoi togliere queste parole dette dal Padre, o a significare, che il Padre si è compiaciuto nel suo diletto Figliuolo, come si compiace un artefice sommo in un’opera la più bella che sia uscita dalle sue mani; e ciò è senso vero, ma tronco : o a significare, che nel suo diletto Figliuolo si è compiaciuto di fare quanto di bene vuol fare al Mondo; e questo è il senso più pieno : senso, che lascia campo ad aggiugnere la materia di sì alto compiacimento, quasi che il Padre volesse con queste voci significare : « Hic est Filius meus dilectus, in quo mihi bene complacui — Questi è il mio Figliuolo diletto, nel quale io mi sono compiaciuto », di riscattar l’infelice Genere umano dalla schiavitudine dell’Inferno, « complacui —mi son compiaciuto » di dar la grazia, « complacui — mi son compiaciuto » di dar la gloria, « complacui — mi son compiaciuto » di dare a tutti ogni mio tesoro : ed a ciò è posta qui la parola bene. Non è posta a significare la bontà del compiacimento, perchè qualunque compiacimento divino sempre è buono all’istessa forma : è posta solo a significar la pienezza, perchè compiacimento maggiore non può trovarsi di quel, che il Padre ebbe in questo Figliuolo così diletto, mentre in esso deliberò di salvare il Mondo : Proposuit instaurare omnia in ipso (Lettera agli Efesini 1, 9). Ma non è questa dall’altro lato un’altissima maraviglia? Che il Padre si sia tanto in sè con sè compiaciuto di avere un Figliuolo tale, questo s’intende, « Pater in Filio complacet sibi. — Il Padre si compiace nel Figlio » (Proverbio 3, 12); ma che si sia tanto ancor compiaciuto di averlo Salvadore di noi meschini, questo sì che non può capirsi : perchè qual bene aggiugne a Dio la salute nostra? Nessuno affatto. E pur se n’è compiaciuto tanto altamente ! « Complacuit Patri vestro dare vobis Regnum. — Si compiace il Padre vostro di darvi un Regno » (Vangelo di Luca 12, 32). Questo è quell’amor divino sì impercettibile. Se non che per questo medesimo si può dire, essersi Dio compiaciuto che ci salviamo, perchè così gli è piaciuto. Non v’è dell’amor divino verun’altra ragione, almeno antecedente, che possa addursi, se non la sua volontà: « Non vocaberis ultra derelicta, sed vocaberis voluntas mea in ea, quia complacuit Domino in te. —Non sarai più detta ripudiata, ma sarai detta l’amata da me, perchè il Signore si è compiaciuto in te » (Isaia 62, 4). Se Iddio ci ama, ci ama perchè gli piace di amarci, non ci ama perchè l’amarci gli debba recar piacere maggior di quello, ch’egli abbia in sè non amandoci. E però nota come qui non ci dice, che gli abbia dato piacere l’opera, che egli fa di salvarci in Cristo: ci dice solo, ch’egli a sè è piaciuto nell’opera: In quo mihi bene complacui. 

IV.

Considera, come posta questa determinazione sì ampia, che il Padre ha fatta, di far passare per le mani di Cristo ogni nostro bene, conseguentemente egli aggiugne: « Ipsum audite — Ascoltatelo ». Così fa il Monarca sovrano. Quando per sommo amore ha riposto già nelle mani del Primogenito tutto il maneggio dell’inclita Monarchia, benchè, se vuole, possa, come prima ancor egli dispor di tutto, contuttociò a quanti vanno per ragionargli di negozio, che importi, risponde subito: Andate a udir ciò che ne giudichi il Principe mio Figliuolo: Ipsum audite. E questo è ciò, che qui intende il Padre celeste. Non v’è affare piccolo, o grande di alcuna sorta, che non dipenda interamente da Cristo come da Governante immediato: « Data est mihi omnis potestas in Cielo, et in Terra. —A me è stato dato ogni potere in Cielo, e in Terra » (Vangelo di Matteo 28, 18). E sebbene egli insieme fa l’Avvocato, con pregare il Padre per noi, lo far per atto di altissima riverenza, come farebbe quel primogenito stesso, che quantunque dal padre lasciato libero dispositor d’ogni cosa, non però volesse venir giammai a risoluzion di rilievo, senza prima averne il paterno consentimento con modi espressi. Nel resto, chi vuol niente, che deve fare? Andare a chi tiene udienza: Ipsum audite; e questi è Gesù, datoci apposta dal Padre, perchè essendo Uomo anch’egli simile a noi, tanto più con esso pigliamo di confidenza: « Prophetam de fratribus tuis suscitabit tibi Dominus Deus tuus. — Il Signore Dio tuo ti manderà un Profeta dal numero de’ tuoi fratelli » (Deuteronomio 18, 15). Che scusa avrà però, chi non vorrà farlo? Se un tuo fratello fosse stato assunto al governo del Regno, ove tu sei nato, di tal maniera, che toccasse a lui di disporre tutte, come volesse, l’entrate regie, tutte le cariche, tutte le cause, tutte le spedizioni, di’, che faresti? Potresti fingerti giammai contento maggiore di quel che avessi in potere ogni dì tornare a parlargli? E pur sì poco curi l’udienza di Cristo! Egli è tuo fratello, de fratribus tuis, fratello assunto a Governo molto maggiore di quel che fu dato a Giuseppe. Che fai però, che non gli torni ogni giorno divoto ai piedi? Se l’hai forse offeso, egli è disposto nondimeno ad accoglierti con più amore che da Giuseppe non furono accolti i suoi, non più fratelli, ma traditori. Basta che tu non isdegni di avvicinartegli, quasi ch’egli fosse un fratello, di cui non dovessi pregiarti, ma vergognartene. Non vedi con quanta gloria oggi comparisce nella sua Trastigurazione? E pur che è questo? E’ un piccolissimo saggio di quella gloria, che ha su le stelle; « Illuxerunt coruscationes ejus Orbi terrae. — I suoi folgori illuminarono il giro della terra » (Salmo 77, 19). Che vuol dire però, che tu talor ti arrossisci di dargli orecchie, sdegni i documenti Evangelici, non gli pratichi, non gli prezzi, talora arrivi con una sfacciataggine somma anche a riprovarli, quasi che sian disdicevoli ad uom ben nato? E questo è udir Gesù Cristo? Ipsum audite. Questo è voltargli totalmente le spalle. Se vuoi ch’egli oda te nelle tue dimande, bisogna che tu oda lui pure ne’ suoi dettami. E ciò si è quello, che di vantaggio vuole intender il Padre mentre egli dice: « Ipsum audite — Ascoltatelo ». Vuol dire non solo, uditelo, ma, ubbiditelo, « Audite, et vivet anima vestra — Ascoltatelo, e vivrete ». Sappi però, che questi è quegli promesso da tanti secoli al Mondo; allor che Dio disse a Mosè: « Prophetam suscitabo eis de medio fratrum suorum similem tui, etc. Qui verba ejus, quae loquetur in nomine meo, audire noluerit, ego ultor existam — Io loro manderò un Profeta dal numero de’ suoi fratelli simile a te, ecc. Chiunque non vorrà ascoltare le parole, che egli nel mio nome annunzierà, proverà le mie vendette ». E pur chi sa, che tu più d’una volta non oda più volentieri Tacito, e Tullio, che Gesù Cristo? « Ipsum audite — Lui ascoltate », e non verun altro di tanti insegnatori già magnifici, ed or falliti.

Archivio delle meditazioni