La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

APRILE

IV. GIORNO

Qual sia il vero Giusto.

 

« Justus meus ex fide vivit. — Il mio giusto vive di fede » (Lettera agli Ebrei 10, 38).

 

I.

Considera quanto sieno beati tutti quei giusti, i quali il Signore con tanto affetto qui nomina giusti suoi: Justus meus. Alcuni sono giusti sì bene, ma non già suoi, perchè non sono giusti veri, sono apparenti. Sono solo giusti nella propria opinione: « Ignorantes Dei justitiam, et suam quaerentes statuere. — Che non conoscono la giustizia di Dio, e cercano di stabilire la propria » (Lettera ai Romani 10, 3); o sono giusti nell’opinione degli uomini. Questi non vivono altrimenti di fede. Vivono di vanità, vivono di alterigia, vivono di ambizione, vivono d’interesse. Di fede vivono quei, che il Signore qui nomina giusti suoi: Justus meus ex fide vivit. Oh se tu fossi di questi sì fortunati! Pregalo a farti degno di tanta grazia, di esser giusto suo, perchè qualunque altra giustizia ha gloria sì, ma non ha quella, che importa: Habet gloriam, sed non apud Deum (Lettera ai Romani 4, 2).

 

II.

Considera, qual fede sia quella, di cui il Signore afferma, che vivono i giusti suoi. E’ quella, che si nomina fede viva: cioè fede accesa di carità verso Dio: Fides, quae per charitatem operatur (Lettera ai Galati 5, 6). Perchè quella, che non è tale, è una fede morta: e però qual vita può dare altrui quella fede, che non ha vita? Nel resto, sai per qual ragione si dica, che il giusto viva di fede, e non viva piuttosto di carità? perchè la fede è la prima a dar vita all’anima. Qual è la vita dell’anima? non è Dio? Or la fede è la prima, che a lei lo unisca; « Accedentem ad Deum oportet credere. — Chi a Dio si unisce, fa duopo che abbia fede » (Lettera agli Ebrei 11, 6). Però siccome si dice che la vita del corpo provien dal cuore, perchè il cuore è il primo, che unisca l’anima al corpo; così si dice, che la vita dell’anima provien dalla fede, perchè la fede è la prima, che unisca Dio pur all’anima. Or mira adunque con quanta sollecitudine devi tu serbar questa fede! Hai da custodire, non ha dubbio, l’altre virtù, la carità, la pazienza, la prudenza, la temperanza, come custodisci l’altre membra del corpo, che concorrono a dargli ancor esse vita; ma singolarmente hai da custodire la fede, perchè questa può dirsi il cuore dell’anima: « Omni custodia serva cor tuum, quia ex ipso vita procedit. — Con ogni vigilanza custodisci il cuor tuo, perchè da questo proviene la vita » (Proverbi 4, 23). Oh con quanta sollecitudine hai da scacciare ogni piccola tentazione in questa materia! So che quand’esse contra tua voglia t’inquietano, tu non hai da pigliartene gran travaglio. Rinnova giornalmente al Signore le tue proteste, invocalo, abbraccialo, adoralo, digli, che a dispetto di tutti i suoi nemici gli giuri ogni fedeltà; e poi non ti curar più di quello, che i tuoi pensieri in contrario ti suggeriscano. Ma quanto al resto, non dar mai adito a sì dannosi pensieri. Abbi in orrore la conversazion di coloro, che in materia di fede si lasciano talvolta scappar di bocca de’ motti arditi, per non dir temerari: scansali, sfuggili. Non ti curare d’invilupparti la mente tra quelle difficoltà, che tu come ingegnoso potrai capire, ma poi come ignorante non saprai sciogliere. China riverente la testa « in obsequium fidei — in ossequio della fede », e di’ che dove non sa arrivare il tuo guardo, vi arrivò quello de’ Santi di gran dottrina, d’un Girolamo, d’un Ambrogio, d’un Agostino, d’un Tommaso, e di tanti, a cui ti riporti: « Qui descendunt mare in navibus, facientes operationem in aquis multis; ipsi viderunt opera Domini, et mirabilia ejus in profundo. — Coloro che solcano il mare nelle navi (non in un batteiletto piccolo com’è il tuo) ed operano nelle grandi acque; eglino han veduto le opere del Signore, e le meraviglie di lui nell’abisso » (Salmi 106, 23, 24).

 

III.

Considera, che non solo si dice, che alcuno viva in virtù di ciò, che gli produsse la vita, ma ancora in virtù di ciò, che gliel’alimenta. Così del Camaleonte si dice, che vive d’aria; delle Serpi, che vivon di tossico; degli Sparvieri, che vivono di rapina. E però ecco per qual altra ragione dice il Signore, che i suoi giusti vivon di fede: Justus meus ex fide vivit, perchè la fede ha data la vita all’anima, e la fede è quella altresì, che glie l’alimenta, e conseguentemente glie l’avvalora: laddove se osservi bene, ogni principio di deterioramento nell’anima d’onde avviene? da qualche debolezza di fede. Uno che ha fede soda, oh come supera tuttociò che lo possa staccar da Dio! Basta ch’egli stia forte coll’intelletto « in verbo veritatis — nella parola di verità », eccolo forte egualmente « in virtute Dei — per virtù di Dio », colla volontà. Venga pur chiunque voglia per assaltarlo, egli vince tutti « per arma justitiae a dextris, et a sinistris — con le armi della giustizia a destra, ed a sinistra » (Secondo libro delle Cronache 6, 7). Non cura le cose prospere, che sono a dextris; non cede alle cose avverse, che sono a sinistris, perchè nell’une, e nell’altre ha sempre una fede soda, che gli ricorda non doversi apprezzare se non l’eterno. Ma uno che ha fede debole, quasi pane di povero nutrimento, oh come languisce! Però vedi quanto hai da fare, perchè la tua fede sia qual conviene. Aumentala colla lezione di quei libri spirituali, che possono a ciò giovarti (massimamente delle Vite de’ Santi), ma sopra tutto dimandala spesso a Dio: perché se v’è cosa, che singolarmente sia suo dono, tal è la fede: « Dabitur illi fidei donum electum. — Sarà dato a lui lo scelto dono della fede » (Sapienza 3, 14).

 

IV.

Considera, che neppur qui finisce il tutto, ma di vantaggio dice il Signore, che i suoi giusti vivon di fede: Justus meus ex fide vivit: perchè non solo la fede ha da essere loro cibo, ma cibo ancora ordinario. Non si dice, che uno viva di quel cibo, di cui si pasce una volta in cento; ma di quello, di cui si pasce ordinariamente. Però ordinariamente hai da nutrirti di fede di tal maniera, che non solamente ella ha da esser tuo cibo, ma talvolta ancor cibo solo. Che voglio significare? Succedono nell’anima alcuni tempi, in cui la misera o non riceve altro nutrimento dal Cielo, o non è capace a riceverlo. Sono mancate le visite del Signore, mancate le cognizioni, mancate le consolazioni, mancate le lagrime: e pertanto, che ha da far ella in un tale stato? Ha da vivere di pura fede: « Scio cui credidi. — So in chi ho fede » (Seconda lettera a Timoteo 1, 12). Vada pure il Mondo sossopra, «transferantur montes in cor maris — sieno trasportati i monti in mezzo al mare » (Salmo 45, 3), si alteri l’immaginazione, si annuvoli l’intelletto, si raffreddi la volontà, la parola di Dio non può mai mancare: Veritas Domini manet in aeternum. Ciò dee bastarti per istar forte nel bene già incominciato. E però vedi, che buona provvisione di fede hai da procacciarti, per poter vivere nella stagion penuriosa: se allora non avrai fede, non durerai neppur un momento: Si non credideritis, non permanebitis (Isaia 7, 9b). La fede ha data la vita all’anima tua, e la fede ancor sempre ha da mantenergliela, ma specialmente allor che le manchi altro pane: « Justus meus ex fide vivit. — Il mio giusto vive di fede ».

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