La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

SETTEMBRE

 

XXX. GIORNO

San Girolamo.

San Girolamo coll’esempio c’insegna a meditare, ed a temere il Giudizio estremo.

« Solus sedebam, quoniam comminatione replesti me.— Solo io mi sedeva, perchè tu di minacce mi riempisti »(Geremia 15, 17).

 

I.

Considera, che quando sotto un’orrida grotta di Palestina ti figurerai San Girolamo starsene alla sponda solitaria di un fiume, assiso sopra uno scoglio, con un volume Divino dinanzi agli occhi, e quivi con veste squarciata, e con volto squallido, mostrarti livido il petto dalle percosse, anzi sanguinoso, nè ritenere quasi altro senso di vivo che lo spavento, con cui si volge di tanto in tanto ad udire quell’alta tromba, che già lo cita al giudizio; capirai subito il senso di queste voci: « Solus sedebam, quoniam comminatione replesti me — Solo io mi sedeva, perchè tu di minacce mi riempisti ». Furono queste voci di Geremia spaventevoli per la minaccia, non solo dinunziativa, ma dillinitiva, che aveva udita dalla bocca di Dio, già risolutissimo di venire all’eccidio di Gerosolima. Ma che ha da fare l’eccidio di una città, con l’eccidio di un Mondo intero? E però quanto meglio queste voci stesse convengono al caso nostro? Tu procura ben d’imprimerti nella mente la loro forza; perciocchè quanto saresti obbligato a Dio, se ancora tu potessi giugnere un giorno a dirgli con verità: « Solus sedebam, quoniam comminatione replesti me — Solo io mi sedeva, perchè tu di minacce mi riempisti »

II.

Considera, che il Profeta non dice di esser ripieno di qualunque terrore, ma di quel terrore che nasce dalla minaccia, comminatione; perchè il terrore assoluto è ancora del mal possibile; il terrore, che nasce dalla minaccia, è del sovrastante. E tal è quello, che avea in sè San Girolamo, il quale diceva: « Ego peccatorum sordibus inquinalus, diebus ac noctibus operior cum timore reddere novissimum quadrantem — Io macchiato da sozzi peccati, giorno e notte aspetto con timore il rendiconto sino all’ultimo quadrante ». Il terrore nel giorno estremo sarà tanto universale, che sarà comune, non solo agli uomini giusti, ma agli Angeli, ma agli Arcangeli, anzi a quegli Spiriti stessi che di lor natura sono detti i forti: « Et virtutes Caelorum commovebuntur. — E le potestà de’ cieli saranno sommosse ». Ma diversissimo contuttociò sarà questo da quello de’ peccatori: e quello de’ peccatori è il timor che dev’essere proprio tuo. Il timore quando è di un male grandissimo si ripartisce in tre specie, che son chiamate, di ammirazione, di stupore, e di agonia. Il timore di ammirazione sarà quello degli Spiriti Angelici, i quali considereranno quel male del Giudizio imminente, come un male che neppure la loro mente così sublime sia capace d’intendere a sufficienza: ed a quel pensier diverran come attoniti, e come assorti. Il timor di stupore sarà quello degli uomini giusti, i quali considereranno quel male, come male che sarebbe facilissimamente potuto toccare ad essi, se Dio non gli preveniva con l’abbondanza della sua grazia, ond’è che appena credendo a sè, nel vedersene liberati, lo apprenderanno come un male maggiore infinitamente di quello, che sulla terra si persuadevano: e a tal pensiero rimarran come stolidi, e come stupidi. Il timor di agonia sarà quello de’ peccatori, i quali non solo apprenderanno quel male come immenso, o come insueto, ma come loro già già tutto imminente, e a quel pensiero si ridurranno allo stato di chi agonizza. Il timor de’ peetatori è quello che di ragione dev’essere dunque il tuo, quando pensi a quel giorno estremo. E però guarda a che dovrebbe ridurti, ad agonizzare; perchè è timore di un male, a cui dee succedere appunto, se non procuri evitarla, un’eterna morte. Comunque sfasi : ‘diceva il Profeta, ch’egli del suo timore era tutto pieno, nè solamente pieno, ma ancor ripieno: Solus sedebam, quoniam comminatione replesti me. Sicchè a guisa di un vaso già traboccante, lo veniva a trasfondere ancora in quegli, con cui trattava. E tal era il timor di San Girolamo. Aveva egli del timor del Giudizio piene le orecchie, pieno il capo, pieno il cuore, piena la lingua, ond’è, che quasi non potesse egli più reggere a tal pienezza, ne venne finalmente a colmar tutti i suoi volumi. Oh come saresti pieno ancora tu facilmente di un tal timore, se ti mettessi a ripensar di proposito all’alto male, che in quel di potrà sovrastarti! « Non Phassur vocavit Dominus nomen tuum, sed pavorem undique. — Il Signore non ti ha posto il nome di Phassur, ma di spavento universale » (Geremia 20, 3).

III.

Considera qual fu l’effetto, che nel Profeta partorì il suo timore. Fu ritirarsi dal consorzio degli uomini: Solus sedebam, quoniam comminatione replesti me. E questo effetto in San Girolamo partorì pure il suo, mentre il timore del Giudizio fu quello, che sì lo fece fuggire alla solitudine. Il Profeta si ritirò per puro timore. Il Santo per timore, e per sicurezza, perchè stimò di poter lontano dagli uomini contenersi più facilmente da quelle colpe, di cui doveva render conto in quel fiero giorno. Se tu, come si conviene, temessi il Giudizio estremo, credi tu, che saresti dato sì volentieri a trattar con gli uomini? Di’, che altro cavi dal trattare con gli uomini, che cadute, che infermità, che infezioni, eziandio mortali? Così provò chi disse al fin benché tardi : « Ecce elongavi fugiens, et mansi in solitudine. — Me ne fuggii lontano, e rimasi in solitudine » (Salmo 55, 8). Perchè dunque non sai pigliare per te pure un esempio di tanto pro? Tu alle volte ti ritiri sì in solitudine, elongas fugiens, ma poi « non manes — non rimani »; perchè a gran pena vi hai dimorato per mezzo dì, che subito te ne stanchi. Non così faceva il Profeta, che però disse : « Solus sedebam — Solo mi sedea » nè così fe’ San Girolamo parimente. Egli « sedit — sedette » nella sua solitudine, non perché nella sua solitudine stesse ozioso, mentre anzi vi attese fino all’età più decrepita a specolare, a scrivere, a salmeggiare, e a dar risposte ammirabili a tutti quei, che a lui da tutta la Cristianità concorrevano, come da un vivo Oracolo universale; ma perché nella solitudine si pigliò la sua stanza ferma, ricusando tutti gl’inviti, che fin da Roma facevangli personaggi i più segnalati; mercecchè un negozio solo era quello ch’egli aveva a cuore, aspettare il Giudice.

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