La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

GENNAIO

XXX. GIORNO

Beni che apporta la pazienza, e mali che derivano dall’impazienza.

 

« In patientia vestra possidebitis animas vestras. — Possederete le anime vostre mediante la vostra pazienza» (Vangelo di Luca 21, 19).

I.

Considera, che l’impaziente ha questo male il qual è formidabilissimo: non è padrone di sè: mercè che non è padrone nè del suo intelletto, nè della sua volontà. Non è padrone del suo intelletto, perché non sa aspettare il dettame della ragione, lo previene coll’impeto; e così laddove a un uomo paziente una mediocre capacità sempre è molta: «qui patiens est, multa gubernatur prudentia — chi è paziente si governa con molta prudenza » (Proverbio 14, 29); a un impaziente anche una molta capacità sempre è poca, perché suole operar da precipitoso, che è quanto dire da stolto : « qui autem impatiens est, exaltat stultitiam suam — ma l’impaziente esalta la sua stoltezza » (Ibidem). Vedi che mostra una stoltizia maggiore ancor, che non ha? Questo vuol dire esaltarla. Non è padron della sua volontà, perchè egli punto non domina i proprii affetti, anzi ne vien dominato: non può patire il disprezzo, e cosi è dominato dall’ira: non può patire la povertà, e cosi è dominato dall’avarizia: non può patire il paragone, e cosi è dominato dall’astio: non può patire i frequenti stimoli della sua carne rubella, e cosi è dominato dalla lussuria. Sicchè voltandosi a Dio, può bene il meschino esclamare con verità: « Possederunt nos domini absque te. — Altri padroni fuorchè voi ci hanno posseduti » (Isaia 26, 13). Oh quanti sono, non i padroni, no, ma i tiranni, che lo posseggono! La gola, il tedio, la tristezza, il timore, e cosi va discorrendo di tutti gli altri. Non ti par dunque, che Cristo avesse ragione quando egli disse: «in patientia vestra possidebitis animas vestras — possederete le anime vostre mediante la vostra pazienza »? La pazienza sola farà,.che tu abbi quieto dominio di te medesimo; e ciò vuol dire possesso: dominio quieto.

II.

Considera, che l’impaziente ha questo ancora di peggio, che non solo egli non è padrone di sè, ma tutti gli altri sono padroni di lui; dominati sunt eum, qui oderunt eum (Salmo 105, 41). Padroni gli uomini, padroni i Demonii. Ne sono padroni gli uomini, perchè, se tu sei impaziente, ciascuno ti fa alterare, come a lui piace, ti accende, ti agita, ti addolora, ti annoia, sicchè ciascuno (che a dire il vero è una cosa terribilissima) ha in poter suo la tua pace. Non sei qual nave, che sa schermirsi dai venti e farseli servi; sei quasi vil battelletto, che n’è ludibrio. Ne son padroni i Demonii, perchè questa è la cosa ch’essi più bramano, che tu non sii sofferente; «Qui tribulant me, exultabunt si motus fuero. — Coloro che mi affliggono trionferanno, se io sarò smosso» (Salmo 12, 5). Fanno essi come un pratico Capitano, il quale va intorno intorno a osservar la piazza, per notar la parte più debole, e colà poi rivoltare la batteria. Se sei debole nella gola, ti tentan di gola, se nell’ambizione, di ambizione, se nell’accidia, di accidia. Ma mentre sei impaziente, sei debole da per tutto; e così da per tutto ancora ti assaltano arditamente, e ti sottomettono. Non ti par dunque che Cristo avesse ragione, quando egli disse: «In patientia vestra possidebitis animas vestras —Possederete le anime vostre mediante la vostra pazienza »? Questa ti rende superiore agli assalti, e degli uomini, e de’ Demonii; e cosi fa che sii tuo.

III.

Considera, che l’impaziente ha questo . ancora di pessimo, ch’egli è instabile, e così non ha quell’indizio di predestinazione sì esimio, il quale consiste nella continuazione del bene che si è intrapreso; ma piuttosto egli l’ha di riprovazione: « Erit tamquam lignum, quod plantatum est secus decursus aquarum. — Sarà come arbore piantato lungo la corrente delle acque (Salmo 1, 3), ecco il segno del Predestinato: «non sic impii, non sic, sed tamquam pulvis, quem projicit ventus a facie terrae.— Non così saran gli empii, non così, ma come polvere, cui disperge il vento dalla superficie della terra » (Ib. 4). Ecco il segno de’ Presciti. Chi vuole dal Signore ottener con facilità la perseveranza finale, la quale è dono totalmente gratuito, conviene che si aiuti a non perder l’ordinaria, la quale si può mantener colle proprie forze. Mà chi è impaziente, pochissimo la mantiene : perchè ora si dà allo studio dell’orazione, e perchè tra poco vi comincia a sentire alquanto tedio, la lascia andare; ora alla frequenza dei Sagramenti, e poi la trascura; ora allo spirito di penitenza, e poi se ne annoia; ora allo spirito di povertà, e poi se ne attedia; ora alla lezione de’ libri spirituali, e poi ritorna ai pestiferi : e così non istando forte, nè in questa, nè in altra sorta di ben propostosi, fa qual uccello, che tuttodi svolazzando di nido in nido, si trova colto dipoi dal cattivo tempo, quando egli è fuori di tutti: Sicut avis transmigrans de nido suo, sic vir qui derelinquit locum suum (Proverbio 27, 8). Non ti par dunque, che Cristo avesse, ragione quando egli disse: «In patientia vestra possidebitis animas vestras. — Possederete le anime vostre mediante la vostra pazienza »? La pazienza in cui grandemente consiste la perseveranza ordinaria, è quella che ti dispone più d’ogni cosa alla perseveranza finale, in cui consiste la salute dell’anima. Onde laddove si legge, «qui perseveraverit usque in finem, hic salvus erit. — Chi avrà perseverato sino alla fine, si salverà » (Vangelo di Matteo 10, 12), leggono altri, « qui toleraverit usque in finem, hic salvus erit. — Chi avrà sopportato sino alla fine, si salverà» . Che credi dunque tu che volesse Cristo inferire, quando egli disse: « In patientia vestra possidebitis animai vestras. — Possederete le anime vostre mediante la vostra pazienza»? Parlò non solo con termine enunciativo, ma imperativo. E fu quasi un dire, come si dice ai soldati: quando verrà l’avversario terrete forte il vostro posto, non vi lascierete smuovere, non vi lascierete scacciare, perché non l’avrete a vincere in altra forma, che con un’invitta pazienza: in patientia vestra possidebitis animas vestras.

IV.

Considera, che alcuni a forza di pazienza vorrebbono pur salvarsi, ma dell’altrui. Così fanno quegli scrupolosi, i quali non potendo tollerare la noia de’ loro sconcertati pensieri, stancano tuttodi la pazienza del Confessore, con dicerie tediose, inutili, importune, e condannate già da loro più d’una volta, ma senza frutto; perché la loro intenzione non è di sottomettersi alla ubbidienza, è di soddisfarsi. Così fanno assai sudditi Religiosi, i quali vorrebbono salvarsi a forza di quella pazienza, che dicono mancare al lor Superiore, non mai, secondo loro, discreto abbastanza. Così fa quel marito, il qual vorrebbe salvarsi in virtù di quella pazienza, che maggior desidera nella moglie. Così fa quella moglie, la qual vorrebbe salvarsi in virtù di quella pazienza la quale maggiore desidera nel marito. E così pur fanno moltissimi, i quali in altri conoscono molto bene, che bella cosa sia la pazienza, ma tuttavia non la sanno voler per sé. Questa non è buona regola. «In patientia vestra possidebitis animas vestras — Possederete le anime vostre mediante la vostra pazienza », non « in aliena — mediante l’altrui ». Tutta quella pazienza, che ti usano i tuoi prossimi in sopportare i tuoi molesti difetti, gioverà più a loro, che a te: a te potrà solamente giovar la tua; e però ama piuttosto di sopportare, che di esser sopportato; perchè il Paradiso non fu promesso da Cristo a chi è sopportato, ma a chi sopporta. Dimanda spesso a Dio così necessaria virtù con istanza grande; e per disporti ad ottenerla, non mancar frattanto di far quello, che puoi dalla parte tua. Avvezzati a preveder quegli accidenti, che ti possono intervenire, o d’ignominie, o d’ingiurie, o d’infermità, o di comanda menti difficili ad eseguirsi, e sta apparecchiato: giacché quelle, che mettono ancora a rischio le Piazze forti, son le sorprese. Stacca il tuo cuore dall’affetto eccessivo di te medesimo. Ripensa spesso fra te, che tali accidenti son tutti strali, che passano, che a niuno è giammai possibile di evitarli: che fin che stai sulla terra, stai necessariamente in un campo ancor di battaglia : che poi verrà la pace : che poi verrà il premio: che i tuoi peccati sono degni d’ogni disastro: e che siccome ti avvengono delle frequenti contrarietà, ma leggiere, così è prodigio, che non cada anche a te qualche Torre in capo, come a quei peccatori di te minori, che stavano dentro Siloe. E quando poi nell’occasion ti avverrà di cominciare a sentire l’alterazione, raccogliti quanto prima dentro a te stesso, come fa chi scorge i sintomi della sua febbre domestica già imminenti. Non aspettare, che l’intelletto si annuvoli, perchè allora è tutto il tuo male; ed abbi pronte alla mente queste parole (tanto qui da noi replicate) quasi che allor te le dica Cristo medesimo di sua bocca: «In patientia vestra possidebitis animas vestras — Possederete le anime vostre mediante la vostra pazienza ». Vedrai se sono un potentissimo antidoto.

Archivio delle meditazioni