La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

AGOSTO

 

XXX. GIORNO

Perché Gesù Cristo volesse morire fuori della città.

« Jesus, ut sanctificaret per suum sanguinem populum, extra portam passus est. Exeamus igitur ad eum extra castra, improperium ejus portantes.— Gesù per santificare il popolo col suo sangue, patì fuori della porta. Andiamo adunque a lui fuori degli alloggiamenti, portando i suoi improperii » (Lettera agli Ebrei 13 12, 13).

 

I.

Considera come Cristo nostro Signore non morì dentro la Città di Gerusalemme, ma fuori, su un colle pubblico, destinato a farvi giustizia de’ malfattori : « Jesus, ut sanctificaret per suum sanguinem populum, extra portam passus est — Gesù, per santificare il popolo col suo sangue, patì fuori della porta ». E ciò egli dispose per tre cagioni. Prima per maggior conforto di quei, che volessero approfittarsi nella sua morte; giacchè così dimostrava di non morire a benefizio privato di quei soli che soggiornavano nel distretto, benchè ampio, di quelle mura; ma a pubblico di tutto il genere umano : che però nell’ antica Legge si comandava, che quella vittima, il cui sangue era stato offerto ad espiazione di tutto il popolo, non si potesse bruciar mai dentro il recinto de’ padiglioni (come tutto dì si venivano a bruciar quelle, il cui sangue era stato offerto ad espiazione di un particolare, o di un altro), ma fuor di detto recinto : extra castra. II. A maggior terrore di quei che non dovevano approfittarsene. Perchè non ha dubbio che una giustizia pubblica, massimamente quando ella in sè sia per altro severa assai, dà molto più di spavento, ch’una privata. Ma qual giustizia più severa di questa, in cui non un uomo di volgar condizione, non un cittadino, non un Console, non un Re della nostra Terra, ma l’istesso Re dell’Empireo (ch’è di orror sommo) veniva nudo confitto con duri chiodi sopra un patibolo per quei falli, di cui neppur fu macchiato, ma solo apparve. Questa fu una giustizia così ferale, che quando ancora fosse stata eseguita, non dico là in una piazza di Gerosolima, ma in una Torre, ben custodita, ben chiusa, dovea col suo grido solo, ancorchè non veduta, assordire il Mondo. Che dovea fare ella dunque, mentre non fu solo eseguita sopra una piazza, ma sopra un Monte, dove fu patente l’accesso ad un mar di popolo, che potè correre d’ogni intorno a mirarla? Non dovea quindi ogni malvagio inferire, che fier supplizio avrebbe al fin di lui preso il furor Divino? Si haec in viridi, quid in arido? III. A maggior confusione di Cristo stesso, che così volle non solo pascersi veramente di obbrobrii, ma satollarsene: Saturabitur opprobriis. Non era forse di confusione bastevole morire dentro le mura di una Metropoli sì famosa com’era Gerusalemme, si popolata, sì piena, massimamente per le feste di Pasqua? Sì certamente. Ma Cristo non ne fu pago. E però come al nascere antepose Betlemme a Gerusalemme, ed al morire Gerusalemme a Betlemme; così tra le parti spettanti a Gerusalemme singolarmente serbò per sè la più ignobile, la più infame, serbò il Calvario, luogo poco distante dalla città, dove conducea quella porta, che col suo nome stesso mostrava quanto era vile, mentr’era intitolata la stercoraria. E da questa porta medesima tu vedi uscire il tuo Gesù fra due ladri con un pesante patibolo su le spalle, a suon non tanto di tamburi, e di trombe, quanto di sibili, con cui lo accompagna un popolo immenso su il dì più chiaro. Va ora, e saziati pure quanto a te piace di quella tua gloria umana, che tanto ambisci.

II.

Considera, che non così volea già fare l’Apostolo, il qual dice : « Exeamus igitur ad eum extra castra, improperium ejus portantes — Andiamo adunque a lui fuori degli alloggiamenti, portando i suoi improperi ». Questa è la vera illazione, la qual da un fatto sì generoso di Cristo si ha da cavare, e non quella di attendere a procacciarsi la stima propria. Ma qual è quell’improperio, di cui l’Apostolo favellò in questo luogo? Letteralmente è il nome di Cristiano. Questo a suoi giorni era nome di derisione, perchè significava il seguace di un Crocifisso, di cui si era poc’anzi veduta la morte ignominiosissima sul Calvario, e non si erano ancor uditi i trionfi. E a portar questo nome con un grand’animo extra castra di tutti i rispetti umani, ancora per i Tribunali, ancor per le Sinagoghe, ancor per i Senati, ancor per le Reggie, esortava allora l’Apostolo i convertiti Giudei, siccome quelli che dubitavano di dismettere le osservanze legali più accreditate, per non mostrar di aderire ad un novello Legislatore negletto : « Non erubesco Euangelium. — Io non mi vergogno del Vangelo » (Lettera ai Romani 1, 16). A’ dì nostri questo improperio non è più il nome di semplice Cristiano, ma bensì il nome di Cristiano esemplare, di Cristiano povero, di Cristiano pudico, di Cristiano paziente, di Cristiano mortificato, perché in tal caso tutti pigliano animo a disprezzarlo : « Deridetur fusti simplicitas. — La semplicità del giusto sarà derisa » (Giobbe 12, 4). E questo hai tu da portare. Però qui osserva come non dice l’Apostolo: « Exeamus ad eum extra castra ignominiam ejus portantes — Andiamo a lui fuori degli alloggiamenti, portando le sue ignominie »; ma « improperium — gli improperi »; perchè il più difficile è questo: dovere udire co’ tuoi orecchi medesimi i dileggiamenti di tanti che si fan beffe del tuo modo di vivere, e tollerarli, anzi recarteli a gloria. E pure a questo medesimo hai da animarti, se tu vuoi corrispondere a ciò, che Cristo si degnò di patire per amor tuo. Rimira un poco quale improperio fu quello ch’ei sopportò, quando nello strascinar la sua Croce, udiva tanti che a lingua sciolta mettevansi a dir di lui quello che voleano, senza che vi fosse pur uno fra tanto popolo, che ardisse più di pigliare le sue difese ! Chi lo dovea tacciar di Profeta falso, chi d’Ipocrita, chi d’Indiavolato, chi di Arrogante; ed egli non però non ristette dal tollerare sino all’estremo sì pubblico disonore, benché potesse di subito con modi prodigiosi confondere que’ ribaldi, e mentirli tutti. Che fai tu dunque, che ancor non esci « extra castra — fuori degli alloggiamenti » de’ tuoi riserbi vilissimi? Non basta che tu da vero Cristiano ti porti dentro le mura private di tua camera, di tua casa : bisogna uscire all’aperto « extra castra, extra castra — fuori degli alloggiamenti, fuori degli alloggiamenti ». E se la gente vorrà per questo deriderti, ti derida. Sarai deriso con Cristo.

III.

Considera, che appunto per ciò non è stato contento di dir l’Apostolo: « Exeamus extra castra, improperium ejus portantes — Andiamo fuori degli alloggiamenti portando i suoi improperi », ma vi ha voluto aggiugnere « ad eum — a lui » : perchè qui sta tutto il conforto. Fingiti di vedere il Signore uscire dalla sua porta di Gerosolima con quell’obbrobrio che pur ora si è rappresentato. Tu affine di corrispondere a tanto eccesso di carità, ch’hai da fare? Hai forse ad aspettar che mandi a chiamarti da quei recinti, in cui stai racchiuso quasi vergognoso del nome, che ti fu imposto di Cristiano? Anzi da te .stesso hai da correre ad incontrarlo, con somma alacrità, con somma allegrezza, lasciando cicalar di te chi vuole. Benchè l’Apostolo non ha curato qui di dir altro che ad eum, affine di non restringere il sentimento. Chi dice « ad eum — a lui », dice tutto: « Ad eum sequendum — a seguirlo », « ad eum sociandum — ad accompagnarlo », « ad eum praedicandum — ad annunziarlo », « ad eum confitendum —a confessarlo », « ad eum colendum —a venerarlo », « ad eum omnibus modis glorificandum — a glorificarlo in ogni modo ». Dice « ad eum sequendum — a seguirlo », come fanno coloro che abbandonato il Secolo vogliono darsi alla sua sequela perfetta con l’osservanza de’ tre consigli Evangelici: « Relictis omnibus secuti sunt eum. — Abbandonata ogni cosa lo seguirono ». Dice « ad eum sociandum — ad accompagnarlo », come fan quei che in tal sequela gli tengono più d’appresso con l’annegazione di tutti i loro appetiti, e piccoli, e grandi, risolutissimi di voler con esso morire sulla sua Croce: « Eamus et nos, ut moriamur cum eo — Andiamo ancora noi, e muoiamo con lui ». Dice « ad eum praedicandum —ad annunziarlo », come fan quei che portano il suo nome a coloro, che nol conoscono, o non lo curano, nè si vergognano di predicare da per tutto Gesù, e Gesù Crocifisso: « Judaei signa petunt, et Graeci sapientiam quarunt. Nos autem praedicamus Christum crucifixum, Judaeis quidem scandalum, Gentibus autem stultitiam. — I Giudei chieggono miracoli, e i Greci cercano la sapienza. Ma noi predichiamo Cristo crocifisso, scandalo pe’ Giudei, e stoltezza pe’ Gentili » (Prima lettera ai Corinzi 1, 22, 23). Dice « ad eum confitendum — a confessarlo », come fan quei che questo nome di Gesù Crocifisso, non solamente sostengono sopra i pergami, ma ancora ne’ tribunali, ancora nelle prigioni, ancor ne’ patiboli, ancor tra le più orrende carneficine: « In defensionem Evangelii positus sum. — Sono stato collocato alla difesa del Vangelo » (Lettera ai Filippesi 1, 16). Dice « ad eum colendum — a venerarlo », come fan quei che tra’ fedeli se non altro l’onorano, come va davvero onorato, stando nelle Chiese con una singolarissima riverenza, ricevendo spesso i Santissimi Sagramenti, orando, salmeggiando, sagrificando, e facendo, come è dovere del suo culto, una stima altissima. Dice « ad eum, finalmente, glorificandum — a glorificarlo » in tutti i modi possibili, come fan quei che non si saziano mai di procurar la sua gloria, comunque sanno, di promuoverla in sè, di propagarla negli altri, sia con la vita, sia con la morte, senz’altro riguardo mai che di quello solo che possa più ritornare in onor di Cristo : « In nullo confundar, sed in omni fiducia, sicut semper, et nunc magnificabitur Christus in corpore meo, sive per vitam, sive per mortem. — Di nulla mi confonderò, ma con tutta fiducia, come sempre, così adesso sarà esaltato Cristo nel mio corpo, sia per la morte, sia per la vita » (Lettera ai Filippesi 1, 20). Ora è certissimo che in tutti questi casi che a lui si vada, conviene andare con animo preparato ad ogni dispregio : altrimenti non si fa niente: E però dice l’Apostolo : « Exeamus ad eum — Andiamo a lui », ma sempre « improperium ejus portantes — portando i suoi improperi ». Perchè se vuoi uscire « ad eum sequendum — a seguirlo », hai da portar l’improperio che ti verrà da’ tuoi più stretti congiunti, i quali ti diranno che tu sei matto a lasciare il Secolo sul più bel fiore, o delle amicizie, o degli anni, con pregiudizio notabile della casa. Se vuoi uscire « ad eum sociandum — ad accompagnarlo », hai da portar l’improperio, che ti verrà da quei che teco convivono, i quali ti diran che vuoi fare da più degli altri, mentre sei piuttosto da meno. Se vuoi uscire « ad eum pnedicandum — ad annunciarlo », hai da portar l’improperio, che ti verrà da quei che derideran la tua foggia di predicare, come non vaga, non acuta, non alta, non dottrinale, e che ti abbandoneranno per udir altri, i quali parlino più agli orecchi che al cuore. Se vuoi uscire « ad eum confitendum — a confessarlo », hai da portar l’improperio, che ti verrà da quei che si rideran di te, che tratti di andare alle Indie con un capitale sì povero di virtù, nè temi di voler correre tanto pelago affine d’incontrar le zagaglie de’ Taicosami, quando non sai sofferire ancor le punture, che ti dà in cella una mosca. Se vuoi uscire « ad eum colendum — a venerarlo », hai da portar l’improperio che ti verrà da quei che scorgendoti stare in Chiesa divoto più del costume, confessarti, comunicarti, far altri simili atti di Religione, diranno, che tu pretendi così di cattarti per via di santità quella gloria, che non ti puoi cattar per via di talenti. Se vuoi finalmente uscire « ad eum glorificandum — a glorificarlo » in tutto quello che puoi, qui è dove più che in altro conviene armarsi. Hai da portar l’improperio di tutti i generi, udendo per lo meno dai più modesti, che operi più con zelo, che con prudenza. Però rimembrati allora del tuo Gesù ch’esce dalla porta più vil di Gerusalemme, adorno con sì bell’abito di dispregio, e di’ a te medesimo : « Jesus, ut sanctificaret per suum sanguinem populum, extra portam passus est — Gesù, per santificare il popolo col suo sangue, patì fuori della porta »; e io dimorerò timoroso ne’ miei ripari? Non fia mai vero : « Exeamus tur ad eum extra castra, improperium ejus portantes — Andiamo adunque a lui fuori degli alloggiamenti portando i suoi improperi ». Benchè quando mai ti converrà portar l’improperio suo? improperium ejus. Appena ti converrà portar per lui un improperio, che meriti di esser detto simile al suo.

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