La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

OTTOBRE

 

III. GIORNO

San Francesco Borgia.

Ogni stato di persone può guadagnare il Paradiso.

« Regnum Coelorum vim patitur, et violenti rapiunt illud.— Il Regno de’ Cieli si prende per violenza, e quelli che fanno violenza lo rapiscono » (Vangelo di Matteo 11, 12).

 

I.

Considera come il rapire è solo di ciò, ch’è tolto ad uno contro la sua volontà, siccome è anche il rubare. Se non che il rubamento è involontario a chi lo patisce, perchè egli non sa niente di ciò, che gli sia levato; la rapina gli è involontaria, perchè lo sa, ma non può per tanto impedirlo. Ora in tal senso non si può dire, che alcuno nè rubi, nè rapisca mai il Paradiso : perchè il Signore lo dà volentieri a tutti : « Deus vult omnes homines salvos fieri, et ad agnitionem veritatis venire. — Dio vuole che tutti gli uomini si salvino, ed arrivino al conoscimento della verità » (Prima lettera a Timoteo 2, 4). Contuttociò usò Cristo qui questo modo di favellare, perchè, attesa la corruzion generale dell’uman genere, erano già le cose ridotte a segno, che il Paradiso sembrava non esser più destinato da Dio, se non a pochissimi, cioè al suo solo popolo d’Israele. Quest’era il popolo proprio : populus peculiaris; questo il privilegiato, questo il protetto : tanto che il medesimo Cristo era sceso in terra di primaria intenzione, per predicare a lui solo : « Non sum missus Risi ad oves, quae perierunt domus Israel. — Non sono stato mandato se non alle pecore perdute della casa d’Israello » (Vangelo di Matteo 15, 24). Chi era però, che volesse allora sperare, fuor d’un tal popolo, il Paradiso? Qualsivoglia altri, che pretendesse d’entrarvi, parea che volesse ciò, che non gli toccava. Ma che? Le cose finalmente dovevano mutar faccia, posta massimamente la pervicacia di detto popolo, in rigettare la predicazione di Cristo. E però Cristo qui disse, che il Paradiso non riserberebbesi, come sin allora parea, che si fosse fatto, ad un popol solo, ma ch’esporrebbesi, per così dire, a un assalto generalissimo. Sicchè chiunque si fosse spinto innanzi ancor egli per farlo suo, fosse chi si volesse, Giudeo, Greco, Romano, Arabo, Armeno, purchè sapesse a par d’ogni altro operare, il guadagnerebbe; come fece il Centurione, come fece la Cananea, e come fecero altri più de’ Gentili, i quali aderendo a Cristo ancor essi con viva fede, non solo si salvarono al pari di quegli Ebrei, cui la predicazione di Cristo donò salute; ma passaron innanzi a molti di essi con sì gran lena, che loro tolsero il posto : « Multi ab Oriente et Occidente venient, et recumbent cum Abraham, et Isaac, et Jacob in Regno Coelorum: Filii autem Regni ejicientur in tenebras exteriores. — Molti verranno dall’Oriente e dall’Occidente, e sederanno con Abramo, e Isacco, e Giacobbe nel Regno dei Cieli : ma i figliuoli del Regno saranno gittati nelle tenebre esteriori » (Vangelo di Matteo 8, 11). Ecco dunque qui il primo senso di queste voci : « Regnum Coelorum vini patitur, et violenti rapiunt illud. — Il Regno de’ Cieli si prende per violenza, e quelli che fanno violenza lo rapiscono ». Vuol dirci, che il Paradiso non più riserbavasi, giusta la primiera apparenza, ad un sol popolo, ma che si esponeva alla ruba. E però tu non temere. Sii nobile, sii ignobile, sii servo, sii libero, sii sacerdote, sii laico, sii dotto, sii ignorante. Che importa ciò? Aiutati con ardore, e ti salverai : « Regnum Coelorum vim patitur. — Il Regno de’ Cieli si prende per violenza ». Non hai tu udito più volte, che il Paradiso è fatto per li poverelli? « Amen dico vobis, quia dives difficile intrabit in Regnum Coelorum. — In verità vi dico, che difficilmente un ricco entrerà nel Regno de’ Cieli » (Vangelo di Matteo 19, 23). E pure guarda il gran Santo d’oggi, Francesco Borgia. Nato grande nel inondo, nè solo ricco, ma Primate, ma Principe, ma Padrone di eccelso Stato, a che alto grado non giunse con tutto questo di santità? Ben si può dunque in questo primo senso affermare di lui, ch’egli non ebbe il Paradiso, il rapì. Sappilo rapire anche tu, ch’egli sarà tuo : « Unusquisque quod in praeda rapuerat, suum erat. — Ciascuno guardava per sè quello che aveva predato nel saccheggio » (Numero 31, 53).

II.

Considera, che il rapire importa violenza : « Populi terrae rapiebant violenter. — I popoli della terra rapivano con violenza » (Ezechiele 22, 29). E però ecco il secondo senso di questo detto : « Regnum Coelorum vim patitur, et violenti rapiunt illud. — Il Regno de’ Cieli si prende per violenza, e quelli che fanno violenza lo rapiscono ». Il senso si è, che la violenza è quella che ti dà il Cielo. A chi però devi usar questa violenza? A Dio, ed a te. A Dio la devi usare con l’orazione; perchè quantunque egli ti dia il Paradiso volentierissimo, contuttociò vuol procedere per tuo bene, come se tu glielo dovessi cavare di mano a forza. « Propter improbitatem dabit ei. — Darà a lui a motivo di sua importunità » (Vangelo di Luca 11, 8). E a Dio la forza non si dice mai farsi con altro, che con l’orazione : « Non obsistas mihi, quia non exaudiain te. —Non opporti a me, perocchè io non ti esaudirò » (Geremia 7, 16). A te poi devi usare la violenza con l’annegazione totale di te medesimo. Tali sono i moti violenti. Sono quei, che si oppongono ai naturali appetiti, con serrar gli occhi quando vorresti veder quella donna linda, con sottrarre gli orecchi quando vorresti udir que’ discorsi lieti, con tenere a freno la lingua quando vorresti trascorrere a quelle risposte d’ira, d’impazienza, di fasto, di presunzion, di perfidia, di maldicenza : allora tu userai verso di te quella violenza, che nel caso nostro è richiesta. Vedi la violenza, che fa il soldato nel dar l’assalto? Fa violenza a sè col portarsi innanzi, e fa violenza contro chi dall’alto sta in atto di risospignerlo. Così devi fare anche tu, se pretendi qual valido assalitore, rapirti il Cielo. E così fece con esempio ammirabile il Santo di oggi, il quale tanto viva usò la violenza a Dio, che quasi mai non desistè dall’orare, neppure tra gli assidui maneggi in cui si occupò : e tanto veemente usò la violenza a se stesso, che per non concedere a’ propri sensi un’umana consolazione, gli bastava osservar che la pretendessero.

III.

Considera, che il rapire importa velocità: « Festinantes rapuerunt verbum ex ore ejus. — Tosto gli presero la parola di bocca ». Ond’è, che d’un fiume, il qual vada veloce assai, si dice ch’egli va rapido : « Sicut Torrens qui raptim transit in convallibus. — Come Torrente che passa rapidamente le valli » (Giobbe 6, 15). E però ecco qui il terzo senso di questo detto : « Regnum Coelorum vini patitur, et violenti rapiunt illud. — Il Regno de’ Cieli si prende per violenza, e quelli che fanno violenza lo rapiscono ». Il senso è, che se sai usar quella forza che si conviene, tu ti guadagni il Paradiso in un attimo. Mira il buon ladrone sulla Croce: perchè il rapì? Perchè in pochi momenti lo rendè suo. Vero è, che quella fu una violenza sì strana, che ciascuno la celebra per prodigio. Tuttavia, se tu fossi avanzato già di molto negli anni, non ti atterrire. Sappi usar in tal caso una violenza tanto più risoluta, sì a Dio, sì a te: a te con l’annegazione di te medesimo, a Dio con l’orazione continuata, e potrai pur giugnere in poco tempo a prenderti in Paradiso un posto sì alto, qual altri appena guadagnerebbe in moltissimo. Tanto fece Francesco Borgia, il qual nella Religione non portò il giogo dalla sua adolescenza, vi entrò attempato. E pur egli è Beato, anche più di tanti, i quali se lo addossarono da fanciulli.

IV.

Considera come il rapire importa similmente pubblicità; perciocchè in questo si diversifica sopra tutto la rapina dal furto, che il furto è quello, che si commette in segreto, e la rapina è quella, che si fa in pubblico. E posto ciò, eccoti in quarto luogo quali sian quei, che rapiscono il Paradiso. Son quei, che non solo lo vogliono con violenza, lo vogliono con velocità, ma lo vogliono ancora a fronte scoperta, non si curando di ciò, che dica di loro la gente insana; giacché si sa ch’ogni rapina va unita col suo fracasso : « Omnis violenta praedatio cum tumultu. — Ogni violenta depredazione (sarà) con tumulto » (Isaia 9, 5). Tali son quei, che su gli occhi stessi del mondo, professano di attendere all’orazione, e professan parimente di attendere all’annegazione severa di se medesimi. Gli altri che fanno un tal bene stesso, ma il fanno furtivamente, quasi per fuggir i romori, non tanto si dee dir che rapiscano il Paradiso, quanto che il rubino. Ond’è, che molti appariranno un dì ladri, ma ladri fortunatissimi, che da nessuno sarebbono stati mai tenuti per tali. Che però di loro figura fu nel Vangelo quella celebre Emoroissa, che nascostasi fra la turba, si accostò a Cristo; e con simular di toccarlo, non per pietà, non per fede, non per fiducia, ma a puro caso, ne riportò con un furto il più artificioso, di quanti mai se ne leggano, la salute. Non così i dieci Lebbrosi, che in veder Cristo si misero fin da lungi ad alzar le grida : non così il Centurione, non così la Cananea, non così sopra tutti il Cieco di Gerico, che quanto più le turbe gli davano su la voce, tanto l’alzava più forte, chiedendo lume. Questi fu figura di quei, che non rubano il Cielo, ma lo rapiscono. E di questi voll’esser il Santo d’oggi. Attes’egli bene a studiarsi per alcun tempo di far da ladro, quando nella corte ascondeva sotto i manti più splendidi, e più superbi, l’intenzion ch’egli aveva di farsi Santo. Ma dipoi pigliato più cuore, gettò la maschera, con farla da rapitore; e dato un calcio a tutto il fasto mondano, pigliò sotto abiti di ludibrio, e di lutto, anche a calpestarlo; non vergognandosi di comparir talora al cospetto pubblico con un animale il più sordido in su le spalle. Che fai tu però, che non avendo quell’animosità, che ci vuole a rapire il Cielo, nemmeno hai forse sagacità da rubarlo?

V.

Considera, che se a te non bastasse 1′ animo, nè di rubarti il Paradiso nel modo pur ora detto, nè di rapirtelo, non ti hai però così tosto da disperare, perchè il Paradiso sarà ancora per te, purchè in esso almeno ti lasci cacciare a forza. E non sai tu, che i più di quei che si salvano sono i poveri, sono gli angustiati, sono gli afflitti, sono i perseguitati, e sono altri tali, in gran numero, che per via dí diverse tribolazioni vengono da Dio spinti in Cielo? Questi son quegli, de’ quali è scritto, che « compelluntur intrare — vengono forzati ad entrarvi ». Perchè è ver che essi tra i loro mali si trovano contra voglia; contuttociò quando gli portano in pace, non solo possono arrivar tanto in su, quanto quei che si rubano il Paradiso, o che se ‘l rapiscono, ma passare ancora più innanzi. Sii dunque almen di questi, e ti salverai. Non vedi tu ciò che accade in un’alta folla? Quanto entra in Chiesa chi allor fa forza ad entrarvi, tanto pur v’entra chi lascia in essa portarsi dall’ impeto della calca, che gli vien dietro : anzi talor v’entra più. Così avviene nel caso nostro. Se però tu per altro sei debole nello spirito, lascia che la povertà, le angustie, le afflizioni, le infermità, e sopra tutto le gravi persecuzioni, che ti si addensano per così dire alle spalle, suppliscano a quel vigore di cui sei privo a saper operare da te medesimo. « Per multas tribulationes oportet nos intrare in Regnum Dei. — Al Regno di Dio dobbiamo arrivare per via di molte tribolazioni » (Atti degli Apostoli 14, 21). Vorresti tu per ventura il Reame in dono? Questo solo non è possibile: « Regnum Coelorum vim patitur, et violenti rapiunt illud. — Il Regno de’ Cieli si prende per violenza, e quelli che fanno violenza lo rapiscono ».

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