La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

SETTEMBRE

 

XXVII. GIORNO

Della perfezione nelle cristiane virtù.

«Nolite conformare huic saeculo, sed reformamini in novitate sensus vestri, ut probetis, quae sit voluntas Dei bona, et beneplacens, et perfecta.— Non vogliate conformarvi a questo secolo, ma riformate voi stessi col rinnovellamento della vostra mente, per provare qual sia la volontà di Dio buona, aggradevole, e perfetta » (Lettera ai Romani 12, 2).

 

I.

Considera, che per volontà del Signore tu devi intendere in questo luogo le cose da lui volute, siccome ancor devi intenderle quando dici: « Doce me facere voluntatem tuam. — Insegnami a fare la tua volontà » (Salmo 143, 10). Ora queste cose, le quali Iddio vuol da noi, sono di tre ordini. Alcune buone, come per esempio è il non odiare il nimico: altre migliori, com’è non solo non odiarlo, ma amarlo: ed altre ottime, com’è non solo amarlo, ma ancora beneficarlo. Le prime sono proprie degl’Incipienti, le seconde de’ Proficienti, le terze de’ Perfetti. Quelle, che appartengono al primo ordine, sono però dette qui « voluntas Dei bona — volontà di Dio buona »; quelle del secondo, « voluntas Dei beneplacens — volontà di Dio aggradevole »; e quelle del terzo, « voluntas Dei perfecta — volontà di Dio perfetta ». Le prime, bona, perchè sono tutte opere rette dinanzi a Dio. Le seconde, beneplacens, perchè son opere, che gli piacciono fuori dell’ordinario. Le terze, perf ecta, perchè son opere, che si conformano interamente alle sue. Quello, che pertanto desidera qui l’Apostolo, si è, che tu per la parte tua ti disponga a provare tutte queste opere, di maniera, che possi un giorno arrivare a goder di tutte: il che avverrà quando tu ti dia daddovero alla perfezione. Mira quanto ancor tu sii forse da ciò lontano, mentre appena fai opere del primo ordine; e piangi la tua freddezza.

II.

Considera quanto aggiustatamente parli l’Apostolo, mentr’ei dice, che tu giunga a provar questa sorta di opere: Ut probetis, qui sit voluntas Dei. Non dice a saperle, dice a provarle. Perchè non basta speculativamente conoscere cose ancora di altissima perfezione, convien conoscerle insieme praticamente. E come si conoscono? Col provarle: Ut probetis. Che ti val tutta la scienza speculativa nelle opere di virtù, se non la riduci alla pratica? Il Demonio sa tanto, che però appunto egli è chiamato demonio, perchè sa tanto: essendo in Greco un’istessa cosa dir Daemon, e dire Sciens. Contuttociò, come nota Sant’Agost. (de Civ. Dei, 1. 9, c. 19), sempre questo nome Daemon nelle Scritture Sagre si adopera in mala parte: perchè che giova al demonio posseder la notizia di tante buone cose, se poi non le opera? Questo medesimo lo rende appunto peggiore : « Scienti bonum facere, et non facienti peccatum est illi. — Chi conosce il bene, che deve fare, e non lo fa, egli è in peccato » (Lettera di Giacomo 4, 17). Anzi nè anche è qui contento l’Apostolo, che tu operi queste cose, di cui si è detto, in qualunque modo. Vuole, che tu le operi ancor con gusto. Questo propriamente è probare. Se hai buon palato di spirito, vedrai tosto quanto sia differente il cibo degl’Incipienti da quello de’ Proficienti, e quanto quello de’ Proficienti da quello de’ Perfetti. Tre volte nel Vangelo abbiamo che Cristo pascesse gli uomini. La prima con pan d’orzo, la seconda con pan di grano, la terza con pan celeste, che fu quello, che loro die’ nel Santissimo Sagramento. Ora figurati, che quella diversità, la qual corre tra ‘l sapor di questi tre pani, corra tra ‘l sapore dell’opere, che son proprie di tali stati. Ma tu forse non la distingui, perchè sei di coloro, che mai finora non sono giunti a provarla : « Si tamen gustastis, quoniam dulcis est Dominus. — Se pure gustato avete, come è dolce il Signore » (Prima lettera di Pietro 2, 3). Ti ritrovi ancora al pan d’orzo.

III.

Considera qual è il modo da conseguire un palato, il qual ben discerna il diletto sempre maggiore, ch’è in operare, non solo il meglio, ma l’ottimo. E’ riformare la mente. E la ragion è, perchè i diletti di spirito non si assaporano col palato corporeo, ma con l’intellettuale. Però qui dice l’Apostolo: « Reformamini in novitate sensus vestri, ut probetis, etc.  Riformate voi stessi col rinnovellamento della vostra mente, per provare, ecc »_ « Sensus — Mente », tu vedi, che val qui l’istesso, che « Ratio — Ragione ». Perciocchè la nostra ragione è quel senso interno, che giudica delle cose spirituali, come il tatto, gli occhi, gli orecchi e gli altri sensi esterni giudicano delle cose a loro soggette, cioè delle materiali : « Optavi, et datus est mihi sensus. — Io desiderai, e mi fu conceduta l’intelligenza » (Sapienza 7, 7). Ora questa ragione non può negarsi, che da principio ci fu da Dio donata interissima: che però parlando de’ due primi nostri progenitori, dice il Savio, che Dio « Implevit sensu cor illorum. — Empi il loro cuore di discernimento » (Ecclesiastico o Siracide 17, 6). Ma poi per lo peccato ella a poco a poco si perverti di maniera, che finalmente inveterò nel giudicare delle cose attraverso : « Inveterasti in terra aliena. — Invecchi in paese straniero » (Baruc 3, 11). E da ciò appunto si mosse a dire l’Apostolo: « Reformamini in novitate sensus vestri — Riformate voi stessi col rinnovellamento della vostra mente ». Perchè ci convien tornare alla prima forma di giudicare, da Dio donataci nello stato dell’innocenza; il che si ottien con la virtù della grazia partecipataci da Cristo Nostro Signore per tale effetto dopo il peccato. E perchè scese egli in terra, se non per questo? Per riformare i dettami dell’uomo vecchio, e per ridurli alla loro pristina novità. Però se tu non rassetti bene i dettami della tua mente, tu non fai nulla, perchè ivi sta il primo male: Vae qui dicitis malum bonum, et bonum malum: ponentes tenebras lucem, et lucem tenebras: ponentes amarum in dulce, et dulce in amarum. — Guai a voi, che chiamate male il bene, e bene il male: date per buio la luce, e per luce le tenebre: e l’amaro date per dolce, e il dolce per amaro » (Isaia 5, 20).

IV.

Considera, che ciò appunto è quello, che si ricerca principalmente a pigliare la forma nuova; depor la vecchia: « Expoliantes vos veterem hominem cum actibus suis, et induentes novum. — Spogliandovi dell’uomo vecchio e di tutte le opere di lui, e rivestendovi del nuovo » (Lettera ai Colossesi 3, 9, 10). Ora questa forma vecchia altra non è, se non che la forma del secolo; e però in primo luogo dice l’Apostolo : « Nolite conformari huic saeculo — Non vogliate conformarvi a questo secolo ». Il secolo giudica, che gli uomini dabbene sien privi d’ogni diletto: più privi gli spirituali, più privi i Santi: « Quam aspera est nimium sapientia indoctis hominibus ! — Oh come è aspra oltremodo la sapienza agli uomini ignoranti! » (Ecclesiastico o Siracide 6, 21). E perché giudica tanto sinistramente? Perchè il secolo non conosce altri beni, se non che quelli, che sono soggetti a’ sensi: piaceri, guadagni, gloria; e questi egli apprezza. Tu ch’hai da fare? Hai da deporre totalmente la stima di tutti e tre questi beni, che il mondo adora : conoscere, che sono falsi, conoscere, che sono inutili, conoscere, che sono incostanti; e così ti disporrai a ricevere quella forma, che ha portata in terra Gesù, per distruggere quella, che vi ha trovata. Senti com’egli esclama contro coloro, che sono dati a’ loro piaceri corporei: « Vae vobis, qui ridetis nunc! — Guai a voi, che adesso ridete! » (Vangelo di Luca 6, 25). Senti come contro quei, che sono dediti a’ loro guadagni: « Vae vobis divitibus, qui habetis consolationem vestram. — Guai a voi, o ricchi, che avete la vostra consolazione » (Vangelo di Luca 6, 24). Senti, come contro quei che sono dediti alla loro gloria: « Vae cum benedixerint vobis homines. — Guai a voi, quando gli uomini vi benediranno » (Vangelo di Luca 6, 26). E questi soli « Vae — Guai » non sono bastanti a farti perdere incontanente ogni amore, che porti al secolo? E pure tutti e tre son già fulminati sopra gli amatori di esso: «  Vae, vae, vae, habitantibus in terra — Guai, guai, guai, agli abitanti nella terra » (Apocalisse di Giovanni 8), non solamente col corpo, ma ancor col cuore.

V.

Considera, che se tu veramente potessi lasciare il secolo, non solamente col cuore, ma ancor col corpo, allora si, che ti disporresti ad assaporar quei diletti tanto migliori, i quali sono propri di quei che adempiono ogni volontà del Signore con perfezione. Ma perché ciò non è possibile a tutti, nota quanto discretamente favellò qui l’Apostolo, quando disse: « Nolite conformare huic saeculo — Non vogliate conformarvi a questo secolo ». Non disse, « Nolite commorari in hoc saeculo — Non vogliate dimor’are in questo secolo », perchè molti conviene che vi dimorino ancor a forza: nè anche disse: « Nolite uti hoc saeculo — Non vogliate servirvi di questo secolo », perchè molti ancora di quei, che non vi dimorano, sono costretti pur talora valersene, per provvedersi di ciò, che loro abbisogna, almeno a necessaria sostentazion di vestito, di vitto, e di cose tali. Disse, « Nolite conformari huic saeculo — Non vogliate conformarvi a questo secolo »; perchè questo si può conseguir da tutti. Se dunque tu vuoi rimanere nel secolo, rimani pure; ma odi come hai da starvi: come Lot in Sodoma, come Giob in Hus, come Giuseppe in Egitto, come Tobia in Ninive, come Daniele nella reggia superba di Babilonia, e come altri simiglianti, i quali mai non si conformarono ai riti di quei perfidi popoli, tra cui vissero, ma stettero come pesci tra l’acque salse, senza punto attrar di salmastro: « Conversationem inter gentes habentes bonam. — Vivendo bene tra le genti » (Prima lettera di Pietro 2, 12). Dirai, che questo è difficile? Te ‘l concedo. E però fa meglio, chi può, quando lascia il secolo. Ma s’è difficile, non è però che con la grazia divina non riesca possibile ancora a molti. Se non riuscisse possibile, non avrebbe dunque l’Apostolo giammai detto: « Nolite conformari huic saeculo — Non vogliate conformarvi a questo secolo ». Mentre, egli ha detto: « Nolite — Non vogliate », segno è, che il. farlo o non farlo è in arbitrio tuo. Se ti riesce difficile, tu cerca di agevolartelo, più che puoi, con chiedere sempre a Dio la sua grazia, col confessarti spesso, col comunicarti spesso, con leggere ogni dì qualche libro spirituale, con frequentare i Chiostri, con amar le Chiese, con lasciar totalmente le male pratiche. Aiutati stabilmente con tali mezzi, e così piacendo a Dio, ti riuscirà di non conformarti a quel secolo, ch’è sì stolto ne’ suoi dettami. « Scio ubi habitas; ubi sedes est Satanae: et non negasti fidem meam. —Io so dove tu abiti; dove Satana ha il suo trono : e pure non hai negata la mia fede » (Apocalisse di Giovanni 2, 13).

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