La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

SETTEMBRE

 

XXVI. GIORNO

Modo con cui dio dirozza le anime, o sia della tribolazione.

« Erudire Jerusalem, ne forte recedat anima mea a te. — Impara, o Gerusalemme, affinchè sventuratamente non si allontani da te l’anima mia » (Geremia 6, 8).

 

I.

Considera, che siccome quando ad un marmo, ad un metallo, ad un tronco, si dà la prima mano per toglierne via la scaglia, si dice che si dirozza : così si dice che si dirozza anche un’anima, quando si dà la prima mano anche ad essa per levar da lei tutto ciò, che le impedisce il ricevere una buona forma di vita; cioè per levar da lei que’ suoi desideri mal regolati, o quei suoi dettami, che son la scaglia più rozza, da cui sta oppressa. Qui senza dubbio è la fatica maggiore. E però a tutti coloro, i quali animosamente l’imprenderanno, si promette tanto di premio, che fino arrivasi a dire: « Qui ad justitiam erudiunt tos, fulgebunt quasi stella; in perpetuas aeternitates. — Quegli, che insegnano a molti la giustizia, risplenderanno come stelle per tutta l’eternità » (Daniele 12, 3). Or questa fatica è quella, che si contenta volentieri il Signor di durar con l’anima tua. Vuol dirozzarti: ch’è quanto dire, vuol distaccare da te tanto di scaglia vilissima, che in te scorge: l’inclinazione ai diletti, l’inclinazione al danaro, l’inclinazione alla gloria; ma soprattutto vuol distaccare da te quello, che in te è l’origine d’ogni male, ch’è la stima superba di te medesimo: « Erudiens eos, instruit disciplina; ut avertat hominem ab his, qua facit, et liberet eum de superbia. — Li istruisce (gli uomini), e insegna loro la scienza, per (così) distogliere l’uomo da quello che fa, e liberarlo dalla superbia » (Giobbe 33, 16, 17). Vero è, ch’egli vuol, che tu sii contento di lasciarti così da lui dirozzare, accettando di buon grado la mano di sì eminente Scultore, che ti percuote bensì, ma per tuo profitto: e però ti dic’egli nel passo, il quale io qui ti propongo da meditare: « Erudire Jerusalem, ne forte rece.dat anima mea a te — Impara, o Gerusalemme, alfmchè sventuratamente non si allontani da te l’anima mia ». E’ questa un’opera, la quale non si ha da fare nè solamente da te, nè solamente da Dio, ma da Dio insieme, e da te; convien però, che tu lo lasci operare, e non lo impedisca, perchè egli non ti lavora, nè come un marmo, nè come un metallo, nè come un tronco insensato, ma come uno spirito libero, il quale e può accettare la forma, che Dio vuole incidere in esso, e può ricusarla. Adunque : « Eradire — Impara ». Vuoi per sorta essere ancora tu di coloro di cui sta scritto: « Verterunt ad me terga, et non facies, cum docerem eos diluculo, et erudirem, et nolentes audire, ut acciperent disciplinam. — Volsero a me le spalle, e non la faccia, quando io di buon mattino gli ammaestrava, e gli instruiva, e non volevano udire nè ricevere la disciplina »? (Geremia 32, 33).

II.

Considera, che il martello, il quale adopera Dio in questo dirozzamento, di cui si parla, è quello della tribolazione. Quando usa questo, allor si dice ch’egli opera con man forte : « In manu forti erudivi te, ne ires in via populi hujus. — Con mano forte ti ammonii, affinché non seguissi gli andamenti di questo popolo » (Isaia 8, 11). Perchè nessuna cosa più giova a staccar da noi il soverchio amore a noi stessi (ch’è la nostra scaglia più vile), nessuna più a compungerci, nessuna più a convertirci, quanto un’ umiliazione gagliarda che ci mandi : « Castigasti me, et eruditus sum. — Tu mi hai castigato, ed io fui ammaestrato » (Geremia 31, 18). Però bisogna che in questo caso singolarmente tu lo lasci operare con libertà, non ti querelando di lui, non mostrando ira, non mostrando impazienza; ma accettando con animo rassegnato tutti que’ colpi maestri, ch’ei giudica più spediente di scaricare sopra di te : altrimenti tu corri rischio, ch’ei tolga da te la mano, e che ti abbandoni nella tua rudità : sì che poi vadi, come tu brami, in via populi, ch’è quella via, la qual porta alla perdizione. Oh se intendessi quanto gran benefizio ti fa il Signore, qualor ti umilia con qualche tribolazione più rilevante ! Adesso nol puoi capire, ma io voglio sperare che verrà un dì, nel qual pur troppo vedrai, che se non era quella infermità, quello scorno, quella sciagura, quella contrarietà, che a te parve sì insopportabile, tu di certo andavi in rovina. Non pare a te, che sarebbe stolta una greggia, dispersa su gli Appennini, quando ella si dolesse, che il suo pastore ha cavata fuori la verga per metterla in ubbidienza? Anzi allor’è ch’ella dovrebbelo ringraziar più che mai, perché allor’è, quand’egli ha più che mai dimostrata voglia di salvarla dal precipizio. Così fa Dio parimente qualor ci tribola: « Qui misericordiam habet, erudii quasi pastor gregem suum. — Chi ha misericordia instruisce qual pastore il suo gregge » (Ecclesiastico o Siracide 18, 13).

III.

Considera, che veramente può essere, che il Signore non ti abbandoni, non ostante la ripugnanza che tu dimostri, fra tuoi travagli, alla sua amabilissima volontà; ma può essere ancora, che ti abbandoni. E questo solo non dee bastare a tenerti sollecitissimo? Però egli dice : « Erudite Jerusalem, ne forte recedat anima mea a te — Impara, o Gerusalemme, affinché sventuratamente non si allontani da te l’anima mia ». Dice « forte — sventuratamente » ; ma ciò che vale? Ogni pericolo, avvegnachè leggerissimo, ti dee tutto colmare di tremor sommo, quando si tratta di tanto, perchè si tratta della tua dannazione. Sai che vuol dire il Signore quando egli dice : « Ne forte recedat anima mea a te — Affinchè sventuratamente non si allontani da te l’anima mia »? Vuol dire, perchè io da te non rimuova quella particolar protezione, che di te ho tolta, quell’affezion, quell’amore, ch’ è ciò che intend’egli qui per l’anima sua : « Complacuit sibi in illo anima mea. — In lui si compiacque l’anima mia » (Isaia 42, 1). Perchè è verissimo, che per la tua ritrosaggine non ti abbandonerà egli mai di modo, che fin ti neghi quella grazia medesima sufficiente, la qual è necessaria a salvarsi; ma ti negherà l’efficace, ch’è quella grazia, la qual per nessuna legge è tenuto darti; ti negherà quell’assistenza speciale, ti negherà quegli aiuti straordinari, che sono un dono puramente benevolo del cuor suo. E però ti dice : « Ne forte recedat anima mea a te — Affinchè sventuratamente non si allontani da te l’anima mia ». Ma, oh qual minaccia terribilissima è questa, da far tremare, non solo un principiante, qual io ti ho figurato, nella via del Signore, ma ancora un Santo ! E pure in questa tu corri rischio d’involgerti, qualor sì poco ti dimostri conforme al voler Divino nel tempo de’ tuoi disastri, che sono l’erudimento, di cui qui parlasi nel senso ancor letterale. Perchè facendo tu così, corri rischio che Dio lasci di travagliarti e che conseguentemente tolga da te quella benevolenza più singolare, la qual ti mostra, quando vuol mettersi a pulir l’anima tua, e a dirozzarla, non con altra intenzione, che di disporla con quel mezzo a ricevere le sue grazie. Però dice qui S. Girolamo, che quando ti ritrovi in qualche tribolazione, che assai ti affligga, hai da tener sempre pronto questo versetto, e fingerti nel tuo cuore, che Iddio ti dica : « Erudire Jerusalem, ne forte recedat anima mea a te — Impara, o Gerusalemme, affinchè sventuratamente non si allontani da te l’anima mia ». Se tu lo sdegni, non si partirà da te forse tutto in un tempo. Ma ciò, che pro? Si allontanerà a poco a poco, sinchè ti lasci. E ciò significa questa parola « recedat — si allontani ».

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