La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

MAGGIO

XXVI. GIORNO

San Filippo Neri.

Della vera Sapienza, e in che consista.

 

«Nemo se seducat. Si quis videtur inter vos sapiens esse, stultus fiat, ut sit sapiens. Sapientia enim hujus mundi stultitia est apud Deum. — Niuno inganni se stesso. Se alcuno tra di voi si tien per sapiente, si faccia stolto, affine di essere sapiente. Poichè la sapienza di questo mondo è stoltezza dinanzi a Dio » (Prima lettera ai Corinzi 3, 18).

 

I.

Considera quanto il Mondo, ancora Cristiano, ancora Cattolico, abbia pervertito nella sua mente il concettó della vera sapienza. La sapienza è quella, che Gesù Cristo portò dal Cielo, questo è certissimo; perchè egli è « plenus sapientia — pieno di sapienza » (Vangelo di Luca 2, 40). Anzi egli è quegli, che la dispensa, egli è quegli, da cui ella deriva: « Fons Sapientiae Verbum Dei. — Fonte di sapienza è il Verbo di Dio » (Ecclesiastico o Siracide 1, 5). E ‘l mondo stima sapienza fare il contrario di quello, che insegnò Cristo. Cristo insegnò ad amare il patire, e ‘l Mondo insegna, che bisogna sfuggirlo, e procacciarsi piuttosto ricreazioni anche sregolate : Cristo insegnò ad amare la povertà, e ‘l Mondo insegna, che bisogna schivarla e procurar piuttosto ricchezze ancor superflue : Cristo insegnò ad amar l’abbiezione, e ‘l Mondo insegna, che bisogna averla in altissimo abborrimento, che bisogna piuttosto cercar onori, cercar acclamazioni, cercar applausi, e vendicarsi d’ogni piccolo insulto, che si riceva. Sicchè o s’inganna Cristo ne’ suoi dettami, o s’ inganna il Mondo. Ma Cristo non può ingannarsi, come colui, ch’è la fonte della sapienza: Fons sapientiae est Verbum Dei. Adunque è di necessità, che pur troppo s’ inganni il Mondo, come colui, che fastoso sdegna di bere a questa limpida fonte: « Dereliquisti fontem sapientiae. — Tu abbandonasti la fonte della sapienza » (Baruc 3, 12). Questo argomento è insolubile ad ogni fedele. Va dunque, va ad appigliarti a una sapienza, che si convince sì chiaramente per falsa; studiala, seguila, procura pur di colmartene più che puoi. Alla fin che avrai guadagnato? una dottrina direttamente contraria a quella di Cristo, cioè dire alla verità. Poveri figliuoli di Agar, che tanto si affannano affine d’imparare una scienza ch’è sì bugiarda! Filii Agar qui exquisierunt prudentiam, quae de terra est (Baruc 3, 23). Non sarà maraviglia, se come tali saranno i miseri un dì scacciati di casa con Ismaello loro fratello maggiore; e se contenti dei doni, che sono i beni vilissimi della terra, non potranno punto aspirare all’eredità. Sai tu, che sia dinanzi a Dio la sapienza di tutti costoro, che non sono già, ma si tengono per sì saggi? Videntur esse sapientes; ell’ è stoltezza; Sapientia hujus mundi stultitia est apud Deum.

II.

Considera per qual cagione la sapienza di questo Mondo dinanzi a Dio sia intitolata stoltezza, e non piuttosto o ignoranza, o imprudenza, o malvagità. Per confonderla maggiormente; perchè ella, tutta superba di se medesima, si tien per accorta, si tiene per avveduta, e pur è sciocchissima; perchè opera sempre in contrario di ciò, che brama. E quali sono gli stolti? Sono quei, che intendono di arrivare ad un fine, e nondimeno pongono a conseguirlo mezzi contrarii Stulti ea, quae sibi sunt noxia, cupient (Proverbio 1, 22). Stolto è colui, che vuole il podere fertile, e lo fonda sopra de’ sassi. Stolto è colui, che vuole il palazzo fermo, e lo fabbrica su ‘l sabbione. Così fa il Mondo. Vuol arrivare al suo fine, il qual è la beatitudine, e piglia mezzi, che non pur a ciò sono inutili, ma sono ancora nocivi : sibi noxia cupit. Perchè è indubitato, che la beatitudine non si può ritrovare, se non in Dio, in conoscer Dio, in amar Dio, in aderire a Dio, in vivere del continuo unito con Dio, cioè dire col sommo bene; e ‘l Mondo si abbandona dietro a quei mezzi, che lo distolgono totalmente da Dio, dietro i diletti, dietro il danaro, dietro la gloria. I diletti non glielo lascian conoscere, perchè lo rendono stupido; il danaro non glielo lascia conoscere, perchè lo rende sollecito; la gloria non glielo lascia conoscere, perchè lo tiene involto sempre nel fumo dell’ambizione. E se il Mondo non conosce il suo Dio, com’esser può, che l’ami, che gli aderisca, che cerchi di stargli unito, e così bearsi? Adunque la sapienza del Mondo, se ben si mira, altro non è, che una solenne stoltezza, perchè da una parte egli ha un’ardentissima sete d’esser felice, e dall’altra parte volta le spalle alla fonte, e va intorno ai rivi, anzi va incontro a cisterne; e a quali cisterne? a cisterne desolate, a cisterne disfatte, anzi a cisterne ancor dissipate, che neppur possono contener acqua, ma fango : Me dereliquerunt fontem aquae vivae, et foderunt sibi cisternas; cisternas dissipatas, qua continere non valent aquas (Geremia 2, 13).

III.

Considera, che se è così, convien deporre questa sapienza mondana, che nella sua sciocchezza sta sì fastosa, e totalmente appigliarsi a quella di Cristo, benchè in apparenza sì vile: perchè anzi « Ubi est humilitas, ibi est sapientia. — Dove è umiltà, ivi è sapienza » (Proverbio 11, 2). Dirai, che così il Mondo ti terrà stolto : ma se ti terrà, egli ti terrà stoltamente. E che importa a te, che uno stolto ti tenga stolto? Meglio è così, che non è, che ti acclami, che non è, che ti applauda; perchè « stultorum exaltatio, ignominia — l’esaltamento degli stolti è ignominia » (Proverbio 3, 35). Basta, che tu sii riputato sapiente dinanzi a Dio. Ma se vuoi giugnere a tanto, non ci è rimedio, bisogna che tu umilii la tua alterezza, che ti abbassi, che ti avvilisca, e che ti contenti di apparire uno stolto dinanzi al Mondo. Non ti voler più sedurre: nemo se seducat, sperando di poter in un tempo e piacere al Mondo, e piacere a Dio, come fan coloro, i quali « jurant in Domino, et jurant in Melchom — giurano pel Signore, e giurano per Melchom » (Sofonia 1, 5). Questo è impossibile. Se vuoi divenire sapiente dinanzi a Dio, ti è necessario divenire uno stolto dinanzi al Mondo: « Si quis videtur inter vos sapiens esse in hoc saeculo, stultus fiat, ut sit sapiens. — Se alcuno tra voi si tien per sapiente secondo questo secolo, si faccia stolto, affine d’essere sapiente », cioè « stultus fiat — si faccia stolto » dinanzi al Mondo, « ut sit sapiens — affine d’essere sapiente » dinanzi a Dio. Perchè questa è la vera regola a farsi santo, e questa è la breve: operar contro tutti i dettami del Mondo: amare quel ch’egli abborre, abborrire quello ch’egli ama.

IV.

Considera, che non ogni volta, che operi contro i dettami del Mondo, sei subito tenuto dal Mondo stolto; ma quand’operi contro di essi molto altamente, cercando a tutto potere il patire, cercando a tutto potere la povertà, cercando a tutto potere ogni tua ignominia; perchè allora è, quando non sai dissimulare più niente la tua opinione; e non solamente « stulte aliquid agis — fai qualche cosa da stolto », ma « stultus fis — ti fai stolto ». Oh allora sì, che il Mondo si ride di te, allora ti schernisce, allora ti spregia, perchè ti vede sì chiaro pigliar quei mezzi, ch’egli crede al tutto contrarii, ad esser beato. Ma tu per l’opposito devi riderti allor di lui : « Responde stulto juxta stultitiam suam. — Rispondi allo stolto conforme la sua stoltezza » (Proverbio 26, 5), perchè i tuoi mezzi sono solo contrarii apparentemente; che però solo si dice, che ti fai stolto, ma che in realtà sei sapiente: Stultus fiat, ut sit sapiens. Laddove i suoi son contrarii per verità; che però ancora si dice, che il suo sapere assolutamente è stoltezza: Sapientia hujus mundi stultitia est apud Deum. Vero è, che a tanto alto stato di stoltezza gloriosa tu non puoi giugnere senza molto aiuto di Dio. Sai chi vi giunse? Vi giunse quel gran Santo, di cui tu celebri in questo giorno il Natale, S. Filippo Neri : « Vir qui Deo secum morente confortatus ait: Stultissimus sum virorum, et scientia hominum non est mecum. — Uomo, il quale fortificato da Dio in lui dimorante, disse: Io sono il più stolto degli uomini, e la scienza degli uomini non è meco » (Proverbio 30, 2).

V.

Considera come questo gran Santo non cercò altro, che di essere daddovero dinanzi al Mondo tenuto stolto. Però tu sai come rigettava i diletti, come rifiutava i danari, e come fin su le vie più popolate di Roma, e si mise a ballare, e si mise a bere, e si mise a fare altre azioni ridicole per più confondersi. Ben dunque potè dire: « Stultissimus sum virorum, et scientia hominum non est mecum. — Io sono il più stolto degli uomini e la scienza degli uomini non è meco », perchè con modo sovrumano si pose a voler imitar quei Santi più eminenti, più esimii, che si erano più di tutti applicati a sprezzare il Mondo : anzi a sprezzare d’esser da lui disprezzati. Ma vuoi sapere, come potè giugnere a tanto? con aver Dio sempre seco, che confortavalo : Deo secum morante confortatus ait: Stultissimus sum virorum, etc. Egli era tutto intrinsecato con Dio, sempre pensava a Dio, sempre parlava di Dio, sempre operava per Dio; e però non è maraviglia, se riceveva un sì potente conforto. Chi se ne sta sempre unito alla verità, è facile che disprezzi la falsità. Comunque siasi, prendi tu sì gran Santo per avvocato a ottenere un poco di questo disprezzo di Mondo, sì necessario alla santità, ch’è quella, dove sta la vera sapienza. Già l’hai sentito: se vuoi divenire sapiente dinanzi a Dio, non ci è altra forma: bisogna che divenga stolto dinanzi al Mondo. Che dissi, divenga? Bisogna che ti faccia da te medesimo: Stultus fias, con trattarti da tale, quando anche il Mondo da tale non ti trattasse. Così fece questo gran Santo. Non potè il Mondo medesimo non conoscere la sua straordinaria virtù, non potè non acclamarlo, non potè non applaudirgli, non potè non corrergli dietro: ed egli nondimeno a dispetto di tutto il Mondo, che congiurò a volerlo ancor esso trattar da savio, non altro procurò, che di farsi stolto; ma così fu vero sapiente.

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