La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

AGOSTO

 

XXIV. GIORNO

S. Bartolomeo Apostolo.

La grazia di Dio é la nostra giustizia.

« Pro justitia agonizare pro anima tua, et usque ad mortem certa pro justitia, et Deus expugnabit pro te inimicos tuos.— Per la giustizia patisci sino all’ultimo fiato con tutta forza, e sino alla morte combatti per la giustizia, e Dio per te vincerà i tuoi nemici » (Ecclesiastico o Siracide 4, 33).

 

I.

Considera, che la Giustizia nostra si è la Grazia di Dio, perciocchè questa è quella che ci fa giusti. Ora, qualor si tratti di questa Grazia, figurati che si tratta di tutto l’uomo : Hoc est enim omnis homo (Qoèlet 12, 13). Che è qualunque uomo senza la Grazia di Dio? Non è più degno nemmeno del nome d’uomo : perchè egli è di gran lunga più miserabile d’ogni bruto, d’ogni stipite, d’ogni sasso, che in qualche modo pur sono amati da Dio nello stato loro. Laddov’egli nel suo gli è pur troppo in odio. Adunque ognora che trattisi di patire affine di mantener la Grazia di Dio, pro justitia; patisci pur sino all’ultimo spirito, pro anima tua, cioè « pro virtute tua — con tutta forza », con impiegar tutto te: Agonizare, sì, « agonizare — patisci sino all’ultimo fiato ». Ti hai da ridurre, se tanto porti il bisogno, anche in agonia, sicchè non vi sia distaccamento veruno sì doloroso da’ tuoi, dal tuo, da te stesso, che tu non tolleri. Questo è il gran pregio della Grazia di Dio, che si ha per essa da venire ancora a que’ tagli, i quali ti costituiscono in agonia : « Pro justitia agonizare pro anima tua. — Per la giustizia patisci sino all’ultimo fiato con tutta forza ».

II.

Considera, che per la Grazia di Dio, non solamente ti hai da ridurre allo stato di chi agonizza, cioè di chi lotta quanto può con la morte, per non lasciarsi da essa levar la vita : ma ti hai da ridurre allo stato ancor di chi muore, lasciandoli dalla morte levar la vita, prima che indurti a perdere una tal Grazia. E ciò vuol dire : « Et usque ad mortem certa pro justitia. — E sino alla morte combatti per la giustizia ». Non vuol dir solo, che hai da pugnar fino all’ora della tua morte con fedeltà, non deponendo mai l’armi; ma vuol dire ch’hai da pugnare fino a sostenere la morte con gran fortezza. La morte è doppia. Una è la reale, e 1′ altra la metaforica. Di morte reale muoiono « pro justitia — per la giustizia » tutti coloro i quali prima si lasciano divorar dalle fiamme, squarciar da’ ferri, sviscerar dalle fiere, che voler mai condiscendere a cose ingiuste. E a questa morte hai tu solo da vivere apparecchiato, con ricordare all’anima tua, che in tal caso, questo è il suo debito. Prima morire bruciato, stilettato, svenato, che mai peccare: « Usque ad mortem certa pro justitia. — Sino alla morte combatti per la giustizia ». Di morte poi metaforica, muoiono giornalmente tutti coloro, i quali possono anch’essi dir con l’Apostolo « Quotidie morior — Io muoio ogni giorno » (Prima lettera ai Corinzi 15, 31), mercè quell’annegazione totale di se medesimi, con cui si vengono quasi a privar di vita. E a questa morte (se ti è di necessità affine di mantenere la Grazia Divina) ti devi ancora tu contentare di soggettarti, non ricusando a tal effetto di entrar fino in Religione. Dico in Religione; perchè ivi solo ritrovasi veramente sì bella morte, ch’è riputata equivaler al martirio, mercè il gran voto solenne ch’ivi si fa di un’ubbidienza perpetua. Nè è maraviglia. Perchè fino a tanto che tu anneghi te stesso con l’esercizio degli altri due consigli Evangelici, povertà e purità, ancor puoi vivere a te, come più ti piace, puoi essere povero, ed ancor vivere a te, puoi esser puro, ed ancor vivere a te, perchè puoi nel resto procedere a modo tuo. Ma quando ti anneghi con l’esercizio dell’ubbidienza perpetua, non puoi più vivere a te: sei già come morto : perché l’ubbidienza è una spada, la quale, come favellò San Gregorio, ti recide il capo dal busto, non permettendoti che ti possi più governare di capo tuo : Repressa arbitrii lui superbia, gladio praecepti te immolat. E a questa morte, come ho detto, ti devi soggettare ancor prontamente, per la Giustizia. Che voglio dire? Se tu conosci che a mantener la Grazia di Dio, il vero modo per te, se non anche l’unico si è l’entrare in qualche Religione osservante, e tu entravi: sei tenuto : « Usque ad mortem, anche inclusive, usque ad mortem certa pro justitia. — Sino alla morte anche inclusivamente, combatti per la giustizia ». La Grazia di Dio non è una vita, la quale vale assai più di qualunque vita si trovi al Mondo? « Gratia Dei vita aeterna — La grazia di Dio è vita eterna ». Ben adunque si può per la vita eterna mettere anche a sbaraglio la temporale.

III.

Considera, che quanto fin qui si è detto non può pensarsi dalla parte inferiore senza orror sommo, mentr’ ella di sua natura fortemente ripugna ad ogni agonia, e più ancora a qualunque morte. Ma però ti si dice, che tu combatta: « Certa pro justitia — Combatti per la giustizia ». La parte superiore ha da contrastar virilmente con la inferiore, finchè la vinca. Non ripugna la parte inferiore all’andare incontro alle moschettate? E pure tanti nella guerra vi vanno, chi per piacere a un Principe umano, chi per avidità di guadagno, chi per ambizione di gloria, e chi per altri simiglianti rispetti di nessun pro. Dunque la parte superiore dee dire all’inferiore nel caso nostro : abbi pur pazienza, e contentati, che faccia ancor io per Dio, quello che tanti, e tanti non temono di far tutto dì per servire al Mondo. La corona mai non si dà se non a chi se la sia guadagnata col ferro in mano : Non coronabitur nisi qui legitime certaverit (Seconda lettera a Timoteo 2, 5). E però la Giustizia ha la sua corona, ch’è la più bella di tutte : « In perpetuum coronata triumphat. — In perpetuo trionfa coronata » (Sapienza 4, 2). Perché la Giustizia, ch’è la Grazia di Dio, non si può mantener senza lungo combattimento interno, ed esterno; che però siegue : « Incoinquinatorum certaminum praemium vincens. — Riportando il premio de’ casti combattimenti ».

IV.

Considera, che il combattere non è solo ordinato a ritener l’acquisto, ma ad acquistare. Però quando qui si dice « pro justitia agonizare — per la giustizia patisci sino all’ultimo fiato », e quando si dice, « et usque ad mortem certa pro justitia — e sino alla morte combatti per la giustizia », s’intende sempre egualmente, « et pro justitia retinenda — e per ritenere la giustizia », « et pro justitia acquirenda — e per acquistare la giustizia », perchè ogni grado di più di Grazia di Dio merita, che si sopporti ogni taglio dolorosissimo, ogni agonia, ogni angustia, anzi ogni morte medesima più crudele. Posto ciò: quantunque nel secolo ti avessi a salvare, quanto puoi nondimeno acquistar di più nella Religione? E perchè dunque animoso, per acquistarlo, non muori a te con sottomettere il collo anche a quella spada, che ti farà pari ai Martiri in Paradiso? Che se vivi già in Religione, puoi con molte opere di fervore accelerarti la morte naturale, te lo concedo : ma puoi con esse fare ancora guadagno maggiore di Grazia. Adunque vivasi dieci anni meno, e si faccia : « Melior est acquisitio ejus negotiatione argenti, et auri — L’acquisto di lei val più, che l’acquisto dell’argento, e dell’oro » (Proverbio 3, 14), per cui pur tanti nel Mondo stesso si accorciano ognor la vita. Correran tutti con furia somma ad assaltarti que’ lupi, a cui pretendi di ripigliar quelle misere pecorelle, eh’ han tolte a Cristo. Ti assaltino, non importa. Oh quanto avrai guadagnato con rapire ad altrui le sue male pratiche! Se ti converrà di morir per sì degna impresa, di’ con l’Apostolo : « Nihil horum vereor; nec facio animam meam pretiosiorem quam me. — Nessuna di queste cose io temo, nè tengo il mio vivere dappiù dell’anima mia » (Atti degli Apostoli 20, 24). Questo sì, ch’è combattere, non solamente « pro refinendo justitia — per ritenere la giustizia », come si disse nel punto precedente, ma « pro acquirenda — per acquistarla ».

V.

Considera, che forse puoi dire di ritirarti da tali imprese, perchè conosci le tue deboli forze. Ma però finalmente ti aggiugne il Savio, che Dio sarà a favor tuo : « Deus expugnabit pro te inimicos tuos — Dio per te vincerà i tuoi nemici ». E di che dunque hai timore? Non dice, è vero, che « pugnabit pro te — combatterà per te », perchè a te spetta il combattere; ma dice bene, che « expugnabit pro te — vincerà per te », perchè a lui tocca di vincere in luogo tuo. Tu da te non puoi niente, chi non lo sa? Ma fa quel poco che puoi, secondo gli aiuti che Iddio ti va compartendo di mano in mano, e frattanto pregalo, ma di cuore, ma di continuo, che per te si degni di abbattere i tuoi ribelli. Tali sono i tuoi appetiti disordinati : l’amore al sangue, l’amore alle conversazioni, l’amore alle comodità, l’amore alla gloria. Ridotti questi in ubbidienza, con quali non avrai tu coraggio di cimentarti? « Peribunt viri, qui contradicunt tibi: quaeres eos, et non invenies, viros rebelles tuos. — Periranno coloro, che a te contraddicono : cercherai di loro, e non li troverai, questi uomini ribelli a te » (Isaia 41, 11). Allora potresti tu diffidare, quando a te toccasse il combattere, ed a te il vincere. Ma non è vero. A te solamente tocca il combattere : Certa: a Dio tocca il vincere : Expugnabit pro te. Anzi a Dio pure tocca darti le forze da ben combattere : « Ego Dominus Deus tuus, apprehendens manum tuam, dicensque tibi: Ne timeas: ego adjuvi te. — Io sono il Signore Dio tuo, che ti prendo per mano, e ti dico : Non temere, io sono in tuo soccorso ». Resta dunque una cosa sola; che tu non mai, quasi stanco di cooperare alla sua Grazia santissima, getti l’armi. Allora sì, che i tuoi nemici prevarranno altamente contro di te. Nel rimanente, se Dio finor « non expugnat illos — non li vince », non ti dar pena : è infallibile, che « expugnabit — li vincerà », perchè è parola qual tu qui scorgi di fede: « Labium veritatis firmum erit in perpetuum. —La bocca di verità sarà sempre costante » (Proverbio 12, 19).

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