La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

MAGGIO

XXIII. GIORNO

Dei due stipendi proposti al Cristiano, uno da Dio, l’altro dal Demonio, e lor differenza.

 

«Stipendia peccati mors: Gratia autem Dei vita eterna. — Gli stipendi del peccato sono la morte: Grazia di Dio è la vita eterna » (Lettera ai Romani 6, 23).

I.

Considera, che ci sono due potentissimi Re, Dio, e ‘l Demonio, ciascuno de’ quali ardentemente desidera, che tu militi al suo stendardo. E però ciascun si dichiara ancor prontissimo a stipendiarti : « Quis enim militavit suis stipendiis unquam? — Perciocchè chi è mai che militi a sue spese? » (Prima lettera ai Corinzi 9, 7). Iddio a stipendiarti per le buone opere: il Demonio a stipendiarti per le cattive. Ma, oh che stipendi diversi ! Procura di conoscerli prima bene, per non errare in eleggere.

II.

Considera come lo stipendio, che il demonio ti dovrà dare, se tu militi a suoservigio, somministrandogli le tue membra a guisa di tante armi all’iniquità, la lingua alle detrazioni, gli occhi a’ vagheggiamenti, gli orecchi alle vanità, le mani agli smoderati accumulamenti, altro alla fine non sarà, che la morte: « Stipendia peccati mors. — Gli stipendi del peccato sono la morte ». Vero è, che non sarà questa una morte sola, ma sarà doppia, la morte temporale, e la morte eterna, perchè il demonio vuol esserti liberale. Per ogni peccato, che faccia, ti darà duplicata ancor la paga, tutto che sempre di morte. Che però forse non volle dire l’Apostolo : « Stipendium peccati mors — Lo stipendio del peccato è la morte » ; ma « stipendia — gli stipendi ». Oh che dannosa liberalità! Guai a te se deliberi di accettarla!

III.

Considera, come il peccato ti reca morte di corpo. Prima, perché egli l’ha introdotta nel Mondo : Per peccatum mors (Lettera ai Romani 5, 12). Di poi, perché come è quegli che l’ha introdotta, così ha poi ritenuta questa possanza veramente terribilissima di affrettarla, di anticiparla, di far che giunga assai prima del suo dovere: « Nec impie agas multum; ne moriaris in tempore non tuo. — Guardati dalla molta empietà, per non morire prima del tuo tempo » (Qoèlet 7, 18). « Iniqui sublati sunt ante tempus suum. — Gli iniqui furono rapiti prima del suo tempo » (Giobbe 22, 16). « Impius antequam dies ejus impleantur, peribit. — L’empio perirà prima che i giorni di lui giungano al loro termine » (Giobbe 15, 32). «Anni impiorum breviabuntur.— Gli anni degli empi saranno accorciati » (Proverbio 10, 27), e così altrove in più luoghi. E’ vero, che le Scritture medesime pur ti dicono, come il giusto è stato tolto talor anch’egli di vita innanzi al suo tempo, cioè innanzi a quel tempo, che avrebbe in lui per altro portato l’ordine della sua naturale costituzione: ma senti, perchè lo dicano : perchè vivendo egli non venisse a peccare : « Raptus est ne malitia mutaret intellectum ejus. — Fu rapito, affinchè la malizia non alterasse l’intelletto di lui » (Sapienza 4, 11). Sicchè sempre è vero, come il peccato è quello, a cui devesi ascrivere l’accelerazion della morte: in alcuni il peccato, che si è fatto, e negli altri il peccato, che si farebbe; benchè ne’ primi questo acceleramento vien dato in pena, e ne’ secondi vien dato a preservamento. Nel resto vedi, qual è il frutto del peccato? la morte: Stipendia peccati mors. Questa poi si denomina suo stipendio: perchè non gli è dovuta a titolo di semplice donativo, ma di vero merito. Ogni ragion di giustizia vuol che il peccato in qualunque caso abbia morte, perchè è atto di ribellione: « In quacumque die comederis, morte morieris. — In qualunque giorno ne mangierai, morrai senza fallo » (Genesi 2, 17). Se in molti casi non l’ha, tutto è pura misericordia. Oh quante volte forse a te è stata usata! Se pure non vogliamo dire, che la morte sia intitolata stipendio ancor del peccato, per denotar, che il peccato è opera di fatica ancora grandissima: « Ut inique agerent, laboraverunt. — S’ affaticarono per far male » (Geremia 9, 5). Chi può spiegare quante sieno le sollecitudini a cui comunemente soggiacciono i peccatori, quanti gli stenti, quanti gli strapazzi, quante le infermità! e con tutte queste finalmente, che ottengono? di procacciarsi innanzi tempo la morte. Dunque non è da stupire, se la morte sia detta il loro stipendio : Stipendia peccati mors. Oh che stipendio degno per verità di una tal fatica! E tu sei contento di durarla? « Nolite zelare mortem in errore vitae vestrae, neque acquiratis perditionem in operibus manuum vestrarum.— Non vogliate cercare la morte negli errori di vostra vita, nè tirarvi addosso la perdizione colle opere di vostra mano » (Sapienza 1, 12).

IV.

Considera, come il peccato ti reca morte, non solamente di corpo, ma ancora di anima; perchè, che cosa è morire? è perder la vita. Ora siccome si dice, che il corpo muore, quando perde l’anima, perchè l’anima è la vita del corpo; così parimenti si dice, che muore l’anima, quando ella perde Dio, perchè Dio molto più è la vita dell’anima: « Ego sum vita. — Io sono la vita » (Vangelo di Giovanni 14, 6). E questo è quello, che il peccato ti fa; ti fa perder Dio. Oh che perdita deplorabile! « Mors peccatorum pessima —La morte dei peccatori sarà pessima », mentre non ci può essere morte peggiore di quella, con cui si perde una vita la qual è l’ottima. E questa morte ancor essa è detta stipendio, perchè si dà di ragione. Qual cosa più ragionevole quanto questa: che perda il suo Signore quell’anima, che lo sprezza? Lascio ora a te ponderare le conseguenze, che vengono da tal perdita. Io ti dirò questa sola, che siccome quando il corpo è separato dall’anima, è insopportabile anche a’ più stretti congiunti; divien subito putrido, divien subito puzzolente, altro rimedio non c’è, che quanto prima mandarlo alla sepoltura; così è dell’anima, quand’è separata da Dio: convien che tutte le creature abborrendola, abbominandola, non veggan l’ora di mirarla cacciata nella sepoltura a lei debita, ch’è l’Inferno. Guarda però, che somma misericordia ti ha fatta Dio, mentre tanto tempo ha sostenuta l’anima tua sulla Terra, quantunque morta, per vedere se frattanto tornasse a vita. Non l’avrebbe già di ragione dovuta seppellire più d’una volta in quel baratro profondissimo? Quella è la sepoltura dell’anime, che si sono da Dio divise: « Mortuus est dives, et sepultus est in inferno. — Morì il ricco, e fu sepolto nell’Inferno » (Vangelo di Luca 16, 22). E quella dovrebbe essere ancor la tua.

V.

Considera per contrario, quanto migliore stipendio ti apporta Dio, se tu militi a suo servizio; ti vuol dare la vita, e la vita eterna: « Stipendia peccati mors: gratia autem Dei vita aesterna. —Gli stipendi del peccato sono la morte: grazia di Dio è la vita eterna ». Ma che ti darà, mentre ti dia questa vita, se non se stesso, vita dell’anima tua? « Ipse est enim vita tua, et longitudo dierum tuorum. — Poichè egli è la tua vita, e la lunghezza de’ tuoi giorni » (Deuteronomio 30, 20). Egli ti si darà a godere in doppia maniera, perchè doppia sia la tua vita (come doppia è la morte di chi va a militare a servizio del suo nemico) in Terra per via di grazia, in Cielo per via di gloria: e ciascuna di queste vite indifferentemente pur sarà eterna, perchè nemmeno in Terra c’è mai pericolo, che Dio si parta da te, se tu non lo scacci: starà con te eternamente : « Non deserit, nisi deseratur. — Non abbandona, se non viene abbandonato ». E sai tu ciò, che vuol dire godere un Dio, non solo in Terra per grazia, ma in Cielo per gloria? Io non confido già di potertelo dimostrare; tu solo osserva, come potendo l’Apostolo chiamare la tua beatitudine eterna con mille nomi, di piaceri, di ricchezze, di riso, di delizie, di trofei, di trionfi, di principato, ha unicamente voluto chiamarla vita: sì per contrapporla alla morte che dà il demonio; e sì perchè la vita finalmente è l’origine di ogni bene, s’ella è perfetta. Sulla Terra tu vivi, ma mortalmente: in Cielo sol dovrai vivere vera vita. Quivi avrai vive tutte le potenze dell’anima in modo eccelso: viva la memoria, che non si dimenticherà mai di niente per tutta l’eternità; viva l’immaginazione, che mai non verrà ad alterarsi; vivo l’intelletto, che mai non si verrà ad affaticare; viva la volontà, che mai non lascierà d’anelare al suo sommo bene, benchè godalo interamente; vivi gli occhi, vivi gli orecchi, vivi tutti i sensi del corpo, che a niun diletto diverranno mai stupiti, benchè lassù tutti sieno diletti eterni. E non pare a te senza dubbio, che una tal vita sia più degna di eleggersi, che la morte? Miseri quegl’iniqui, di cui sta scritto: « Eligent magis mortem, quam vitam. —Sceglieranno la morte piuttosto che la vita » (Geremia 8, 3).

VI.

Considera, che avendo detto l’Apostolo, come la morte è stipendio del peccato, cioè stipendio dell’opera che fa il peccatore: Stipendia peccati mors; par che avrebbe vicendevolmente dovuto dire, che la vita eterna è stipendio delle buone opere, cioè stipendio delle opere che fa il giusto: Stipendia autem bonorum operum vita aesterna. Ma non ha detto così, ha detto ch’è grazia: Gratia Dei. Ma perchè l’ha detto? forse perchè giudicasse, che la vita eterna non debbasi qual mercede a’ ben’operanti? No certamente : perchè egli stesso altrove confessò, ch’ ella rendesi di giustizia : « Quam reddet mihi Dominus justus dex. — Che renderà a me il Signore giusto Giudice ». Ma l’ha detto, perchè o per vita eterna tu intendi quella vita, che Dio dà all’anima sulla Terra: e se questa è vita di grazia come potea nominarla più giustamente che nominandola grazia? o tu intendi ancor quella vita, che Dio dà in Cielo, cioè vita di gloria; e questa è vero, che si deve a te per mercede delle buone opere: ma se miri bene, questo medesimo è grazia, che tu sii fatto capace di tal mercede. Siccome è grazia, e grazia ancora eccessiva, che un villanello venga da un Monarca adottato per suo figliuolo, e così fatto capace di riportar tributi da’ popoli, ossequi, onorevolezze; quantunque poi, presupposta tal adozione, tuttociò egli riportisi di giustizia. E quando mai tutte quelle opere buone, che tu facessi, le tue limosine, le tue discipline, i tuoi digiuni, i tuoi Salmi, sarebbero degne per altro d’un bene si smisurato, qual è la gloria? Se ne son degne, è perchè Dio ti ha cortesemente innalzato alla dignità di suo figliuolo adottivo. E però è molto più proprio dire, che il Paradiso si dà per grazia, che non è dire, che si dà per giustizia, mentre se ben si osserva, ne’ suoi natali questa giustizia medesima è pura grazia. Senza che l’ istesse buone opere, colle quali ti meriti il Paradiso, sono una grazia sovrana, che Dio ti fa, mercè che per te medesimo tu non sei atto a far altro se non peccati, e così ancora a meritarti la morte. Se meriti la vita con far del bene, l’hai da stimar pura grazia di quel Signore, il quale ti assiste, ti avvalora, ti aiuta e concorre a operarlo con te, benchè nel modo, il quale a te si conviene, cioè dire, liberamente: « Gratia autem Dei vita aeterna. — Grazia di Dio è la vita eterna ». E così figurati, che Dio faccia teco qual Re, il quale vuole, che tu ti compri liberaramente un suo feudo; ma ti dà ancora il danaro da comprartelo: « Gratiam et gloriam dabit Dominus. — Il Signore ci darà la grazia, e la gloria ».

VII.

Considera, che il peccato oltre alla morte dell’anima reca anche, come abbiamo detto, quella del corpo; e così la pietà per contrario ti dà l’una, e l’altra vita: « Pietas ad omnia utilis, promissionem habens vitae, quae nunc est, et futurae. — A tutto è buona la pietà, promette la vita presente e futura » (Prima lettera a Timoteo 4, 8). Contuttociò della vita vile del corpo, quae nunc est, che dura sì breve tempo, che si conta a minuti, che si valuta a momenti, non ha voluto in questo luogo l’Apostolo far menzione, perchè non è questo lo stipendio primario, che Dio ti dà. E’ solo un accrescimento, una aggiunta : il primario è la vita eterna. Però disse il Savio : « Timor Domini apponet dies. — Il timor del Signore allunga la vita » (Proverbio 10, 27). I giorni che son sì brevi, si danno solamente di sopra più, apponuntur: di suo diritto si danno i secoli eterni. Un Signor, qual è il nostro Dio, non rende a titolo di mercede quei beni, che son sì bassi, e comuni a’ cavalli, comuni a’ cani; gli dà piuttosto come una mancia ordinaria : « Quaerite Regnum Dei, et haec omnia adjicientur vobis. — Cercate il Regno di Dio, ed avrete di sopra più tutte queste cose ». Adunque la vita eterna è la principale, la temporale è accessoria. Ma se è così: come dunque tu, che tanto fai per mantener l’accessoria, non hai molto più da cercarti la principale? Io son certo, che se Dio ti promettesse per tua mercede la vita temporale di dieci Secoli, tu voleresti subito al suo stendardo; e poi dubiterai di volarvi, mentre ti promette una vita tanto migliore, la quale è eterna?

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