La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

LUGLIO

 

XX. GIORNO

La stretta obbligazione d’un Cristiano nel prestare a Dio ogni più esatta fedeltà.

 

« Esto fidelis usque ad mortem, et dabo tibi coronam vitae.— Sii fedele fino alla morte, e ti darò la corona di vita » (Apocalisse di Giovanni 2, 10).

 

I.

Considera, che quella virtù, di cui sopra tutte si fa stima ne’ servi, è la fedeltà; che però disse il Savio : « Si est tibi servus fidelis, sit tibi quasi anima tua — Se tu hai un servo fedele, stimalo e l’anima tua » (Ecclesiastico o Siracide 33, 31). Tu a Dia sei servo, e servo in tutto rigore. E così non dee porgerti meraviglia, s’egli est promesse sì grandi t’inciti a questo, ad essergli ognor fedele: « Esto fidelis usque ad mortem, et dabo tibi coronata oda — Sii fedele fino alla morte, e ti darò la corona di vita ». Oh quanta è la fedeltà dovuta in un servo! Affinchè tu sii amico fedele, basta che tu prezzi gl’interessi dell’altro amico, come i tuoi proprii, e che come tali gli promovi, e gli porti, perchè l’altro amico, per amico, ch’egli ti sia, non è più senza dubbio che un altro te. Ma affinchè sii servo fedele, non basta ciò. Sei tenuto a prezzare gl’interessi del padrone assai più dei tuoi; perchè chi è tuo padrone, è da più di te, mentre è padron di te stesso. Ora io ti voglio concedere, che tu a Dio di presente sii bene amico, mentr’egli ti ha innalzato, per sommo onore, a tal dignità: ma non però lasci mai d’essergli servo. È ciò all’uomo tanto essenziale, che Cristo istesso, come uomo, fu detto servo rispetto a Dio, benchè gli fosse figliuolo ancor naturale: « Ecce servus meus, suscipiam eum: electus meus, complacuit sibi in illo anima mea. — Ecco il mio servo, io sarò con lui; il mio eletto, in lui si compiace l’anima mia » (Isaia 42, 1). E però vedi qual sia quel grado di fedeltà, che da te ricerca, chi dice : « Esto fidelis usque ad mortem — Sii fedele sino alla morte ». Il sommo, che si ritrovi. Vuol che tu non solo stimi gl’interessi Divini, come i tuoi proprii; ma che gli stimi assai più, perchè gli sei non solo amico, ma servo. Dove si tratta di dar gusto al Signore, vadane di te ciò che vuole : ne vada sanità, ne vada roba, ne vada riputazione, ne vada la vita stessa. Chi è servo fedele, non mira a niente : stima più il padrone, che sè. Pare a te daddovero di possedere tal fedeltà? Questa ci vuole ad ottener la corona.

II.

Considera, che molti sono quei servi, i quali per un poco usano a’ loro padroni quella fedeltà, che si è detta, ma pochi, che la mantengono sino al fine. E però il Signore ti dice: « Esto fidelis usque ad mortem, et dabo tibi coronam vitae — Sii fedele fino alla morte, e ti darò la corona di vita », perchè questo è ciò, che prova singolarmente la fedeltà: la perseveranza. Non si dice servo fedele, un che una volta mantiene al suo padrone quella fede, che gli è dovuta; ma uno che a molte prove è stato scorto costante nel mantenergliela. Tu solamente ti curi di morir bene, ma non ti curi di vivere. E perchè ciò? Perchè non sei servo fedele. Quello, che preme a te, è l’interesse tuo, la salute dell’anima, non è altro. Non far così. Sii servo fedele a Dio : e però disponti a mantenergli la fede non solo in morte, ma « usque ad mortem — sino alla morte » : digli di vero cuore, che quando ancora tu avessi da morir male, che a lui non piaccia, vuoi viver bene, perchè questo è di sua gloria. Sai tu pertanto ciò che vuol intendere propriamente il Signore, mentr’egli dice: « Esto fidelis usque ad mortem — Sii fedele fino alla morte »? Vuol intendere, che se ti mandasse una povertà, la qual ti durasse sino alla morte, sino alla morte gli sii fedele in tal povertà. Se ti mandasse una prigionia, la qual ti durasse sino alla morte, sino alla morte gli sii fedele in tal prigionia. Se ti mandasse un’ignominia, la qual ti durasse sino alla morte, sino alla morte gli sii fedele in tale ignominia, e così nel resto. La fedeltà singolarmente si prova ne’ casi avversi: « Abraham nonne in tentazione inventus est fidelis? — Abramo non fu egli trovato fedele nella tentazione? » (Primo libro dei Maccabei 2, 52). E però quando, come vera, resista al suo paragone, ell’è coronata: « Esto fidelis usque ad mortem, et dabo tibi coronam vita — Sii fedele sino alla morte, e ti darò la corona di vita ».

III.

Considera, che questa parola « usque ad mortem — sino alla morte » ti dà spavento. Ma sai perchè? Perchè ti pensi di avere a vivere ancor l’età di Adamo. Oh quanto t’inganni! Forse la morte già è vicina a picchiarti all’uscio di casa, quando ti credi, che abbia da viaggiare anni, ed anni per arrivarti. Ma su. Concedasi che la tua vita debba esser ancor lunga, quanto mai ti possa promettere quello stato in cui ti ritrovi di giovanezza : vuoi che di lunga ella ti paia incontanente brevissima? Pensa all’eternità. Oh come allora ti parranno un momento que’ sessant’anni medesimi, che puoi forse sperare, non che quei trenta! Però il Signore a toglierti lo spavento, che potea darti quella parola « usque ad mortem — sino alla morte », soggiugne subito: « et dabo tibi coronam vitae —e ti darò la corona di vita ». Ecco, che siasi ciò ch’egli ti promette : una eternità: che ciò vuol dire una corona di vita, che sempre tornerà in giro, come fa la corona: Erit mensis ex mense, et sabbatum ex sabbato, e non avrà giammai L fine. E una vita sì lunga, nella quale altro non si fa mai che godere, non è bastevole a toglierti ogni spavento di quel poco, ch’ hai da patire sopra la terra? Anzi ti dovresti doler con Dio, che troppo breve è lo spazio, ch’egli ha prefisso al patire, mentre il goder dovrà essere così lungo. Oh che corona è una corona di vita!

IV.

Considera, che la vita a te preparata, se sarai servo fedele fino alla morte, si dice corona di vita, sì perchè sarà vita eterna, come ora udisti, sì perché sarà vita beata, anzi beatissima, perchè sarà la corona di qualunque vita beata, che possa fingersi : non « unius vitae — d’una sol vita », ma « omnis — d’ogni vita ». Ciò che compisce di perfezionare una cosa, si dice ch’è la corona : « Corona senum multa peritia. — La corona de’ vecchi è la molta perizia » (Ecclesiastico o Siracide 25, 8), perchè non può negarsi, che i vecchi non sieno in sè venerabili per la semplice canutezza. Contuttociò quel, che compisce di rendergli a ciascun tali, è la perizia, che con la lunga esperienza si han guadagnata delle cose del mondo. Però dunque la Celeste Beatitudine s’intitola tante volte « corona vitae — corona di vita », perchè compisce di perfezionare ogni vita, e così coronala. Vita felice si stima passare i giorni senza alcun nembo di tristezza, o di tedio, che offuschi il loro sereno. Ora corona di una vita tale sarà la Beatitudine, perchè ella renderà tutti i giorni non solamente sereni, ma inalterabili, e così sarà « corona vitae placide — corona di vita tranquilla ». Vita felice si stima quella degli uomini dotti, ch’hanno la mente arricchita di tante maravigliose specolazioni. E corona di una tal vita sarà la Beatitudine, perchè darà quella scienza, la quale non è di rivoli, ma di fonte, e così sarà « corona vitae dotta — corona della vita dotta ». Vita felice si stima quella degli uomini doviziosi, che abbondano di tesori, con cui cavansi le loro voglie. E corona di una tal vita sarà la Beatitudine, perchè darà quei tesori, che non sono di erario, ma di miniera, e così sarà « corona vitae divitis — corona della vita ricca ». E nella medesima forma va discorrendo per ogni vita, che ti possa mai figurar più desiderabile: di una tal vita sai qual è la corona? Quella, che il Signore qui ti promette, mentr’ei ti dice: « Dabo tibi coronam vitae — Ti darò la corona di vita ». Ha voluto dire vita senz’altro aggiunto, perchè tu possa aggiugnervi da te stesso ciò che a te piace: « vitae placidae, vitae doctae, vitae divitis, vitae nobilis, vitae hilaris, vitae incolumis, vitae fortis — di vita tranquilla, di vita dotta, di vita ricca, di vita nobile, di vita allegra, di vita sana, di vita forte » ; e così siegui ad aggiugnere in infinito. Credi, che in Paradiso non vi abbia ad essere altro bene, che il vivere, mentre la sua gloria si chiama « corona vitae — corona di vita »? T’ inganni molto. Se non vi fosse altro bene, che quel del vivere, si direbbe sol « bonum vitae — il bene della vita », non « corona vitae — la corona della vita ». Mentre dunque si dice « corona vitae — la corona della vita », v’è più che vivere. V’è il vivere più perfetto, che possa mai ritrovarsi in qualunque genere, v’è il compito. Se vi fosse solo il bene di quella vita, la quale è propria dei giovani, e non vi fosse di quella, la quale è propria degli uomini già maturi, bisognerebbe dir « corona vitae juvenum — la corona della vita dei giovani ». Se vi fosse solo il bene di quella vita, la qual è propria degli uomini già maturi, ma non di quella, la qual è propria de’ giovani, bisognerebbe dire « corona vitae virorum — la corona della vita degli uomini », altrimenti par che si voglia ingannar la gente con prometterle più di ciò, che si attende. Mentre dunque si dice « corona vitae — la corona di vita », nè si stringe ad un genere più che ad un altro, segno è, che la gloria contiene in sè la corona, ch’è quanto dire la perfezion d’ogni vita, e così contiene ogni bene. E una corona tale non è bastevole ad invogliare il tuo cuore di un desiderio vivissimo di acquistarla? Se la vuoi, sii fedele sino alla morte : Esto fidelis usque ad mortem, et dabo tibi coronam vitae.

V.

Considera, che par maraviglia, come il Signore voglia donare ad un servo una tale corona. E pure è indubitato, che glie la dona. Che dissi dona? Non gliela dona, ma dà: dabo tibi; quasi che il servo con la sua fedeltà se la sia già guadagnata bastantemente. È vero, ch’è una corona eccedente il merito, ma pure ell’è meritata : « corona justitiae — corona di giustizia », perchè il Signore l’ha proposta per premio. Ed a qual fin l’ha proposta? Perchè intendiamo quanto a lui sia gradita la fedeltà. Quindi è che in questo luogo, in cui fa promesse sì ampie, non ha egli voluto dire, nè sii forte, nè sii coraggioso, nè sii costante, ma sii fedele : esto fidelis; perciocchè quello, ch’egli gradisce più nel servizio, che gli prestiamo, non è la fortezza, non è il coraggio, non è la costanza, è la fedeltà. Questa è quella virtù, che parimente tra gli uomini piace tanto : « Vír fidelis multum laudabitur. — L’uomo leale sarà lodato assai » (Proverbio 28, 20). Ognuno la promuove, ognuno la premia, a segno tale, che questa per sè sola è bastevole più d’ogn’altra a sollevar non solamente un amico, ma ancora un servo, a qualunque altezza di stato. Perchè ebbe Mardocheo la corona in capo nel grado stesso di servo? Per la fedeltà da lui dimostrata ad Assuero. Comunque siasi, godi di esercitar verso Dio questa fedeltà, che gli è sì gradita : anzi digli, che non vuoi esercitargliela più per quella bella corona, che ti ha promessa, ma solamente per esser lui quel ch’egli è, per dargli gusto, per dargli gloria. E così giugnerai a quel sommo di fedeltà, che possa ad un padrone usarsi da un servo, ch’è, non volere dal padrone altra paga, che la sua grazia.

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