La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

SETTEMBRE

 

XVIII. GIORNO

Cristo in che debba principalmente seguirsi.

« Beatus qui intelligit super egenum, et pauperem; in die mala liberabit eum Dominus. — Beato colui, che ha pensiero del mendico, e del povero; il Signore lo libererà nel giorno cattivo » (Salmo 41).

 

I.

Considera come al sentir degl’interpreti più accurati, « egenus — mendico » vien qui chiamato chi non ha nulla, e però si trova in estrema necessità: « pauper — povero » chi ha poco, e però si trova in necessità ben anch’egli, ma sol comune. E l’uno, e l’altro ben avverossi di Cristo nostro Signore: mentre vediam ch’ebbe poco, e non ebbe nulla; poco in vita, nulla in morte; poco in vita, mentre menò stentatamente i suoi giorni in una bottega di legnaiuolo; nulla in morte, mentre arrivò a spirar nudo sopra un patibolo. Che però niente egli amplificò quando disse di sè medesimo : « Ego vero egenus, et pauper sum. — Io però sono mendico, e povero » (Salmo 70, 6). Perciocchè fu l’uno, e l’altro in diversi tempi. Ora per venire all’intento : ecco, secondo il Salmista, chi in primo luogo sia quegli, il quale « intelligit super egenum, et pauperem — ha pensiero del mendico, e del povero ». E’ chi mirando Cristo nostro Signore, in vita povero, in morte nudo, non fermasi in quell’aspetto, ma passa innanzi ad intendere ch’egli è Dio. Chi fa così, non si lascia guidar da’ sensi, ma dalla fede, e però egli è detto Beato : « Beati qui non viderunt, et crediderunt. — Beati coloro che non hanno veduto, e hanno creduto » (Vangelo di Giovanni 20, 29). Ma quanto pochi son quei che faccian così ! Che però tanto volle esprimer qui Davidde con queste sue gran parole : « Beatus qui intelligit super egenum, et pauperem — Beato colui, che ha pensiero del mendico e del povero », quanto volle esprimere poi Cristo con quelle sue : « Beatus qui non fuerit scandalizatus in me. — Beato chi da me non concepirà motivo di scandalo » (Vangelo di Matteo 11, 6). Se si vergognano tanti di seguir Cristo nella sua profonda abbiezione, « scandalizantur in eo — prendono motivo di scandalo da lui » ; sai donde accade? perchè non giungono i meschini ad intendere niente più, di quello che veggono : Non intelligunt super egenum et pauperem. Non giungono a penetrare, che sotto quella abbiezione stia veramente nascosto ogni loro bene. Tu procura pure d’intenderlo più che puoi, perchè alla morte vedrai se dovrà giovarti. Non odi tu ciò che ti dice il Salmista? « Beatus qui intelligit super egenum, et pauperem; in die mala liberabit eum Dominus — Beato colui, che ha pensiero del mendico, e del povero; il Signore lo libererà nel giorno cattivo ». « Dies mala — giorno cattivo » è il dì della morte, non può negarsi : « Cur timebo in die mala? — Per qual cagione temerò io nel giorno cattivo? » (Salmo 49, 6), e in questo dì, che tanto assolutamente è detto cattivo, perchè tal egli è al più degli uomini, ecco chi specialmente verrà protetto dal suo Signore. Chi gli sarà stato fedele a piè della Croce; perchè nessuno ha più mostrato di amarlo. Beato te, quando pigliando in mano il tuo Crocifisso, gli potrai dir su quell’ora con verità, che non ti se’ vergognato di seguitarlo, ancora in un tale stato !

II.

Considera come ,Cristo ha  pregiata tanto la povertà, che non potendo più professarla in persona propria, dacchè egli già se n’ascese glorioso al Cielo, la vuole almen professare in persona altrui; e però francamente si è dichiarato, che sotto qualunque povero, il qual si scorga, egli sta nascosto : « Quod uni ex minimis meis fecistis, mihi fecistis. — Ciò che avete fatto ad uno de’ più piccoli miei fratelli, lo avete fatto a me ». Ond’è, che se quando egli era sopra la terra, non mendicava ancora più che in sè solo : adesso ch’è ito al Cielo, mendica in tutti. Chi è per tanto in secondo luogo colui, il quale « intelligit super egenum, et pauperem — ha pensiero del mendico, e del povero »? E’ chiunque veggendo un povero, qual si sia, ridotto a necessità, o estrema, o comune, viene molto bene ad intendere, che sotto i logori cenci di quel meschino si asconde Cristo, e da ciò si muove a soccorrerlo, s’egli può, e se non può, a rispettarlo, a compatirlo, a consolarlo; o a rispondergli umanamente, come farebbe a Cristo stesso in persona. Chi fa in questa maniera, è detto Beato, perchè egli ha il merito vero di quella segnalata virtù, che riguarda i poveri. E che gran merito puoi tu mai conseguire, quando a questi fai bene per puro istinto di compassion naturale? E’ questo un atto a cui sanno arrivare anche gl’Idolatri. Allora sì che il conseguisti grandissimo, quando a questi fai bene per quel motivo di Fede pur ora detto di onorare in essi Gesù: perchè quell’atto che saria naturale, passa allora ad un ordine superiore, più di quel che sia superiore il Cielo alla terra, e divien soprannaturale. E quindi nasce, che alla pietà verso i poveri, esercitata in sì bella forma, si promette un premio sì eccelso, qual è la liberazione da tutti i mali, che per altro alla morte ci sovrastano : Beatus qui intelligit super egenum, et pauperem; in die mala liberabit eum Dominus. Non già perchè tal pietà sia per sè sola bastevole a salvar uno, ma perchè questi mali o sono di colpa, o sono di pena. Se sono di pena, una tal pietà è abile ad iscontarli per via di soddisfazione: « Peccata tua eleemosynis redime. — Sconta colle limosine i tuoi peccati » (Daniele 4, 24). E se sono di colpa, è abile a tenerli dall’uom lontani per via di merito, come avviene negl’innocenti, a’ quali ell’è che mantiene spesso la grazia : « Eleemosyna gratiam viri, quasi pupillam, conservabit. — La limosina manterrà, quasi pupilla, la grazia dell’uomo » (Ecclesiastico o Siracide 17, 18); ovvero a discacciarli ancora per via di una congrua disposizione, come avviene ne’ Penitenti, a quali ell’è che ottiene spesso alla morte quel vero pentimento, e quel vero proponimento, di cui per altro sarebbono immeritevoli : « Poenitentibus autem dedit viam — Ai penitenti concede il ritorno alla giustizia » (Ecclesiastico o Siracide 17, 20). Né stare a dire, che questi frutti erano comuni alla pietà verso i poveri, fin da quando nessuno in essi trapassava a conoscere ancora Cristo. Perchè io ti risponderò. ch’eranle comuni bensì, ma non in quel grado, che ella gli riporta al presente.

III.

Considera, che in terzo luogo colui « intellígit super egenum, et pauperem —ha pensiero del mendico, e del povero », il quale non ha bisogno che quei meschini gli vengano ad esporre le loro necessità, perchè da sè pensavi, e da sè le previene, tanto esso le tiene a cuore. E chi fa così, parimente è detto beato. Perché, o tu per povero in questo passo intendi Cristo nella sua propria persona, come fu dichiarato nel primo punto : e allora è certo che non hai merito grande, quando aspetti che Cristo con atto espresso ti domandi alcun’opera di sua gloria, o di suo gradimento, qualunque siasi, ma quando tu l’indovini: « Mens fusti meditatur obedientiam. — La mente del giusto studia d’ubbidire » (Proverbio 15, 28). Perciocchè a questo dee stendersi quell’amore che porti a Cristo, ad antiveder, s’è possibile, le sue istanze, e ad antivenirle. Così fec’egli per te, quando senza che tu gli chiedessi nulla, arrivò in fino a morir sopra un patibolo per salvarti : « Desiderium pauperis exaudivit Dominus. — Il Signore esaudì le brame del povero » (Salmo 10, 38). Ovvero tu per povero intendi Cristo nella persona del povero, come dichiarato pur fu nel secondo punto; e pur allora è certissimo che il tuo merito non consiste in aspettare, che il povero si affatichi co’ suoi clamori. Convien che tu abbia tanto ingegno da scorgere da te stesso le sue miti serie, e da sollevarle, massimamente quand’egli è in istato tale di erubescenza, ch’ama d’ essere inteso, ancorchè non parli. « Si negavi quod volebant, pauperibus — Se negai ai poveri ciò, che volevano » : non « quod petebant — ciò che domandavano », ma « quod volebant — ciò che volevano »; « et oculos viduae expectari feci — e se delusi l’espettazion della vedova » (Giobbe 31, 16). E non credi tu, che chi procede in tal forma, abbia da riportarne alla morte la sua mercede, proporzionata anche al merito? « In die male liberabit eum Dominus. — Il Signore lo libererà nel giorno cattivo ». Da qual male? Non accade che alcun si affanni in esprimerlo. Dio l’intende. E però se tu avrai saputo indovinar ciò che Cristo da te brama, sì per sè, come pe’ suoi poveri, prima ch’egli lo richiedesse, non temer punto, ch’egli su l’ultimo non sappia indovinare altresì ciò che tu brami da lui, benchè tu non parli.

IV.

Considera, che finalmente colui si dice, che « intelligit super egenum, et pauperem — ha pensiero del mendico, e del povero », il quale soprintende alle loro necessità, come fa chi è loro Protettore, o loro Procuratore, o loro Avvocato, e così ancora sostiene la causa loro, non altrimenti che s’ella fosse sua propria. « Pater eram pauperum, etc., conterebam molas iniqui, et de dentibus illius auferebam praedam. — Io era il Padre de’ poveri ecc., io spezzava le mascelle al malvagio, e gli strappava dai denti la preda » (Giobbe 29, 17, 18). Chi fa così, si dee dir senza dubbio ch’egli è beato più di alcun altro ; perchè in tal modo non solo fa bene a’ poveri per se stesso, ma si oppone ancora a quel male, che senza lui verrebbe lor fatto altronde. « Auris audiens beatificabat me, eo quod liberassem pauperem vociferantem, et pupillum, cui non erat adjutor. — Beato diceami chi ascoltava le mie parole, perchè io liberava il povero che strideva, ed i! pupillo, che era privo d’aiuto » (Giobbe 29, 11, 12). Eccoti però il tuo Signore, come già più volte abbiam detto, povero in sè, e povero ne’ suoi poveri. Se vuoi divenir beato, sai ch’hai da fare? pigliare a cuore gl’interessi di esso in qualunque stato, « liberare pauperem vociferantem  liberare il povero, che stride ». Non vedi quanti sieno que’ torti, ch’egli giornalmente riceve nella persona propria da quei superbi, che sdegnano l’umiltà da lui professata; e quanti quei che riceve nella persona di quei mendici, i quali lo rappresentano? A te sta dunque l’entrare in campo a difenderlo più che puoi da quanti il soverchiano; sicuro di guadagnarti in ciò la sua grazia, anzi in termini ancor più corrispondenti, la sua difesa : « Beatus qui intelligit super egenum, et pauperem; in die mala liberabit eum Dominus — Beato colui, che ha pensiero del mendico, e del povero; il Signore lo libererà nel giorno cattivo ». E che altro è dire, che alla tua morte il Signore ti libererà, se non che dire, ch’entrerà in campo per te contro i nimici infernali, affinchè gli audaci non abbiano a sopraffarti? « Liberasti me secundum multitudinem misericordiae nominis tui a rugientibus praeparatis ad escam. — Secondo la molta misericordia, onde tu prendi il nome, m’hai liberato da’ leoni che ruggivano, pronti a divorare » (Ecclesiastico o Siracide 51, 4). E per guadagnarti un liberator sì potente non è dovere, che impieghi adesso ogni sapere, ogni spirito a favor suo?

V.

Considera come il Salmista non dice : Beatus qui intelligit super pauperem, et egenum — Beato colui, che ha pensiero del povero e del mendico », dice « qui intelligit super egenum, et pauperem — che ha pensiero del mendico e del povero ». Nè credere che ciò avvenga senza mistero. Di ragion buona par che egli avrebbe dovuto dire all’opposto, per serbare la gradazione: Conciossiachè se per « egenum — mendico » s’intende chi si trova in estrema necessità, come da principio osservossi, e per « pauperem — povero » chi si trova in quella necessità, ch’è detta comune; prima senza dubbio succede ch’uno abbia poco, e così « sit pauper — sia povero »; e che di poi passi innanzi a non aver nulla, e così di più « sit egenus — sia mendico ». Ma qui tu devi por mente, che chi si ritrova in estrema necessità, più facilmente ottiene chi lo soccorra; ma non così chi si ritrova in quella sol ch’è comune. E però a colui si dà il titolo di beato, il quale « intelligit — ha pensiero » non solo « super egenum — del mendico », ma « super pauperem — del povero », con capir bene quell’obbligo, il quale egli ha di dispensare tra’ poverelli il superfluo non solamente ne’ loro estremi bisogni, ma ancora ne’ comunali. E quindi è forse, che ancora in tanti altri luoghi delle Scritture ha Dio voluto unir tra sè questi termini al modo istesso: « Praecipio tibi, ut aperias manuzn fratri tuo, egeno, et pauperi. — Io ti comando di allargare la mano verso il tuo fratello mendico e povero » (Deuteronomio 15, 11). « Ecce haec fuil iniquitas Sodonne sororis tuae etc., znanum egeno, et pauperi non porrigebat. — Questa fu l’iniquità di Sodoma tua sorella, ecc., non istendeva la mano al mendico e al povero » (Ezechiele 16, 49). « Egenum, et pauperem contristantem. — Che rattrista il mendico, e il povero » (Ezechiele 18, 12). « Egenum et pauperem affligebant. — Affliggevano il mendico, e il povero » (Ezechiele 22, 29). « Calumniam facitis egenis; et confringztis pauperes. — Calunniate il mendico, e stracciate il povero » (Amos 4, 1). E così ancora in più altri, afflnchè intendasi che i raccomandati da Dio non sono sol quei meschini, che trovansi già ridotti a non aver nulla da sostenersi, egeni; ma quegli ancora che han poco, pauperes. E s’è così, come faranno giammai dunque a salvarsi color che vogliono dissipar piuttosto le loro entrate in cani, e in cavalli, che darle a’ poveri, se non gli veggono a sorte morir di fame? Ah no che questo non è « intelligere super egenum, et pauperem — aver pensiero del mendico, e del povero », ma solo « super egenum — del mendico » ! E pure Cristo dimora sotto la persona egualmente di ambidue loro : ond’è che ancora in questo senso egli esclama, sicchè ognuno sappialo : « Ego vero egenus, et pauper sum — Io sono mendico, e povero ».

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