La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

LUGLIO

 

XVII. GIORNO

Proprieta di un cuor duro, e quanto sia di pregiudizio all’anima.

 

«Cor durum male habebit in novissimo.— Il cuor duro si troverà a mal partito in morte » (Ecclesiastico o Siracide 3, 27).

 

I.

Considera che non puoi capire qual sia questo cuor duro, di cui qui parlasi, se non intendi ciò che si voglia propriamente dir duro. Le cose materiali si possono rimirare in tre differenze : altre dure, altre tenere, ed altre fluide. Le fluide sono quelle, che non hanno in sè forma propria, che le determini, ma si adattano ad ogni forma, come fa l’acqua, che piglia subito la figura del vaso, in cui la riponi, lasciandosi da per tutto tirare, alzare, abbassare, come a te piace. Le tenere han forma propria, ma l’hanno in modo, che facilmente la lasciano, per togliere forma aliena, come fa l’acqua stessa addensata in neve, la qual se ha forma propria, non l’ha già tale che tu 164 tr du o ad un semplice maneggiarla non possa figurarne un globo, una guglietta, una statua, qual più ti aggrada. Le dure non solo l’hanno, ma l’hanno in modo, che a tuo dispetto non vogliono mai deporla. Si lascieranno spezzar bensì, ma non però maneggiare, sicchè ciò basti a farle giammai ricevere quella forma, che non è loro, come pur finalmente fa l’acqua stessa assodata in un ghiaccio alpino. Ora queste tre differenze son quelle parimente, che ha il cuor dell’uomo dinanzi agli occhi di Dio, ancorchè non le abbia sì bene dinanzi a’ nostri. In alcuni è fluido come l’acqua nel puro suo naturale : e tale è in coloro, che nemmeno hanno più, se così possiam dire, volontà propria, ma totalmente si adattano alla Divina, lasciandosi da lei governar come più le piace. E a questo appunto c’invitò chi ci disse : « Effunde sicut aquam cor tuum ante conspectum Domini. — Getta come acqua il tuo cuore dinanzi al cospetto del Signore » (Lamentazioni 2, 19). In altri se non è fluido, almeno è tenero, come l’acqua passata in neve, e tale è in coloro che veramente non si conformano in tutto con tanta facilità come i primi al Divin volere, mentre pur troppo hanno alquanto di forma propria, ma né anche mai vogliono in tutto opporsegli, perchè piuttosto, che dargli disgusto grave, gli ubbidiranno. In altri finalmente non solo non è tenero, ma è ancor duro come l’acqua di neve passata in ghiaccio : e tale è in coloro, che sono difficili in sottoporsi al voler di Dio, nè temono, per vivere a modo loro, di disgustarlo ancor gravissimamente. Posto ciò, tu sai subito qual cuore sia quello, di cui intende qui il Savio di favellare, mentr’egli dice: « Cor durum male habebit in novissimo — Il cuor duro si troverà a mal partito in morte ». Cuor duro, per ridurlo al suo ;enso proprio, è un cuore non ubbidiente : « Cor suum posuerunt ut adamantem, ne audirent legem. — Si fecero un cuore di diamante per non ascoltar la legge » (Zaccaria 7, 12). Misero te, se ti ritrovi per disgrazia un tal cuore! Bisognerebbe che ti potessi ancora di propria mano squarciare il petto, affin di cavartelo. Prega il Signore, che se non hai un cuor fluido come l’acqua, almen l’abbi tenero : abbi almeno un cuore di carne, qual è il naturale dell’uomo, ma non di sasso : « Auferam a vobis cor lapideum, et dabo vobis cor carneum. — Torrò a voi il cuore di pietra, e vi darò un cuore di carne » (Ezechiele 11, 19).

II.

Considera qual sia la ragione, per cui si dice, che questo cuor duro « male habebit — si troverà a mal partito » in novissimo, ch’è l’ora della sua morte. La ragion è, perchè questo cuore non saprà punto accettare una morte tale, con la dovuta rassegnazione. Non è stato egli avvezzo di sottomettersi in vita al voler Divino, e però in morte non saprà come farlo. Conciossiachè, se gli parve già sì difficile farlo in cose di molto minore fatica, quanto più difficile gli parrà farlo in quella, ch’è la più ardua, ch’è la più aspra, com’è il morire! È vero, che vedrà chiaro, che gli convien sottomettersi a suo dispetto. Ma questo istesso lo terrà inquieto, affannoso, afflitto, abbattuto; e però come vuoi che in uno stato di tanta perturbazione egli dispongasi a pensar, come dovrebbe, all’anima sua, con far quegli atti, che sono allor di tanta necessità? E questa è una ragione, per cui « cor durum habebit male in novissimo — il cuor duro si troverà a mal partito in morte ». Ma questa tiensi dalla parte dell’uomo. V’è dipoi l’altra, la qual si tiene dalla parte di Dio; ed è, che a vincere questo cuore non basta, che Dio adoperi solo aiuti ordinarii, perchè è cuor duro, cor dutum: bisognerebbe por mano a quella sorta di grazia, la qual’è « quasi malleus conterens petram — qual martello, che spezza la pietra », ch’è quanto dire, agli aiuti più poderosi, quali sono gli straordinarii. Ma come vuoi che Dio gli cavi in pro d’uno, che del continuo gli si dimostrò sì ribelle? « Cum perverso, disse a Dio Davidde, perverteris — Col perverso t’imperverserai » (Salmo 18, 26); e vuole dir questo appunto ch’hai qui sentito : « Cum duro duriter ages — Col duro tratterai duramente » (Salmo 18, 27). E però questo cuore « male habebit in novissimo — si troverà a mal partito in morte », perchè non avrà grazia tale che lo guadagni. Piglia dunque queste parole in quello de’ due sensi, che più ti piace, o in senso, come dicono, intransitivo, sicchè significhino, « male se habebit in novissimo — si troverà malamente alla morte ». e già vedi, che « male se habebit — si troverà malamente », perchè sarà mal disposto; ch’è la ragione, la qual dicemmo che si teneva dalla parte dell’uomo : o in senso transitivo, sicchè significhino « male habebit id quod debere! in novissimo habere — avrà malamente ciò che dovrebbe avere alla morte », e già vedi, che « male habebit —l’avrà malamente », perchè malamente allora avrà quella grazia, di cui dovrebbe abbondare; ch’è la ragione, la qual dicemmo, che si teneva dalla parte di Dio. Sarà pertanto di costui, come fu di un certo peccatore infelice, che mentre vicino a morte era dal Sacerdote aiutato, com’è costume, con quei motivi, che più valessero ad eccitarlo a far atti di compunzione, o di confidenza, o di amore verso il Signore, stette un pezzo a mirarlo senza alcun moto : quindi prorompendo a parlare, disse con una metafora da suo pari: il pane è duro, e il coltello non taglia; e con ciò finì. Stolto, che in dir così parea che intendesse di ripartir la colpa fra due, fra ‘l cuore, e la grazia, mentre la dovea dar tutta al cuore. Se con un pane un coltello usuale non è bastevole, che ha da farsi? Si hanno per esso a cavar fuori le accette? Non è dovere che si cambii coltello, si cambii pane. Si sa benissimo, che il Signore, quando vuole, può tosto mettere in opera quegli aiuti, a cui nessun ostinato cuore resiste, ma si sa ancora benissimo, che se può, non è però mai tenuto. Mira dunque tu quanto importi non indurarsi. Ma come avviene, che le cose s’indurino? a poco, a poco. Di acqua si fa neve, di neve ghiaccio, di ghiaccio cristallo indomito : « Gelavit crystallus ab aqua, quale era un tempo, et sicut lorica induet se aquis. — L’acqua si congela in cristallo, e mette indosso alle acque quasi una corazza » (Ecclesiastico o Siracide 43, 22).

III.

Considera, qual modo per te vi sia da deporre dal cuore sì ria durezza, se a sorte, che Dio non voglia, te la ritrovi: usar rimedii potenti. Ma il principale imparisi dalla Sposa : « Anima mea, disse ella, anima mea liquefatta est, ut dilectus locutus est. — L’anima mia si è liquefatta dappoichè il diletto parlò » (Cantico dei Cantici 5, 6). Che credi tu, ch’ella volesse inferire da queste parole? Che si era disciolta in lagrime, in deliquii, in dolcezze, ch’è ciò, di cui le persone spirituali son sì fameliche? Sarebbe stato in lei questo senso mal confacevole all’alta sua perfezione. Quel ch’ella volle con ciò inferire si fu, ch’ella era già dispostissima a lasciarsi in tutto guidare dal volere del suo diletto, senza più niente ritener in se stessa di forma propria, come abbiam detto succedere in quelle cose, che non solo sono tenere come la neve, ma fluide come l’acqua. Ma con qual mezzo avea conseguita sì degna disposizione? Con udir parlare il Signore : Anima mea liquefacta est, ut dilectus locutus est. Ecco dunque ciò, che bisognati al nostro intento : udir la parola di Dio. Quest’è doppia. Altra è morta, altra è viva. La morta si ode ne’ libri spirituali : la viva nell’Orazione. Datti a queste due cose : a leggere volentieri libri spirituali, ed a meditare; e vedrai che quel cuore, il quale forse nel tuo petto oggi è peggio di un ghiaccio alpino, a poco a poco si verrà a dileguare, sinchè sia facile a scorrere come l’acqua. Ma se tu non odi giammai parlare il Signore, ch’è tanto amabile, sei spedito, perchè non potrai mai conoscere quanto è amabile; e conseguentemente non lo amerai. E se non l’ami, come vuoi corrergli dietro con quella facilità, con cui fanno le cose fluide? Non sarà poco se ti lascierai almeno maneggiar da lui, come fan le tenere. Ma nè anche questo avverrà. Avverrà che divenga sempre più duro, con prezzar più il tuo capriccio, che la sua legge: « Cor ejus indurabitur tamquam lapis. — Il cuore di lui sarà duro come la pietra » (Giobbe 41, 15). E che così alla morte finalmente ritroviti a mal partito : Cor durum male habebit in novissimo.

IV.

Considera, che il cuor duro non solo starà male in morte, ma ancora starà male in vita : non solo male habebit, ma ancora male habet. Contuttociò il Savio non ha voluto qui dire male habet in vita, ma solo male habebit in morte, in novissimo, perchè sapea, che un tal cuore, quantunque in vita ancora si stia malissimo, non conosce il suo male, e così no ‘l cura. Anzi non v’è chi stimisi più felice sopra la Terra, di chi vivendo totalmente a suo modo, non prezza legge: « Quis est Dominus, ut audiam vocem ejus? — Chi è il Signore, onde io debba udir la sua voce? » (Esodo 5, 2). Ma in morte non fia così. In morte questo cuore medesimo, che non conosceva in vita il suo male, tanto era duro agli stimoli ancor più acuti della coscienza, il conoscerà più degli altri, perchè più degli altri vedrà la sua irreparabile dannazione. E però è vero che si ammollirà quanto basti a turbarsi tutto, ma non si ammollirà quanto basti a compungersi, a confidare, e così a salvarsi : Considerans eum, dirà allor l’infelice, di Dio parlando, considerans eum timore sollicitor. Deus mollivit cor meum et Omnipotens conturbavit me (Giobbe 23, 25), che sarà un dire: Quel Signore, che come Dio mi dà a conoscere quanto però meritava d’esser amato, ammollì il cuor mio: mollivit cor meum. Ma che? nel medesimo tempo, come Onnipotente, che dà a conoscermi quanto mi saprà gastigare, conturbavit me, non mi ha compunto, non mi ha commosso, solamente mi ha conturbato. E così torna a conchiudere, che « cor durum male habebit in novissimo — Il cuor duro si troverà a mal partito in morte », più che in vita. Perchè in vita, se ha male, non lo conosce, in morte non solo l’avrà, ma ancor lo conoscerà : nè troverà però modo di ripararvi.

Archivio delle meditazioni