La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

AGOSTO

 

XVII. GIORNO

Quanto sia soave il giogo della legge di Cristo.

« Tollite jugum meum super,vos, et discite a me, quia mitis sum et humilis corde: et invenietis requiem animabus vestris. — Prendete sopradi voi il mio giogo; e imparate da me, chesono mansueto, ed umile di cuore, e troveretequiete alle anime vostre » (Vangelo di Matteo 11, 29).

 

I.

Considera come Cristo ha chiamatagiogo la sua santissima Legge per la simiglianza, che corre tra questa e quello.Perchè se osservi, il giogo ha due qualità. Obbliga ad ire insieme que’ due animali, che disciolti dal giogo, non si unirebbono: ed obbliga chi lo porta a tenerela via diritta, secondo il beneplacito dichi guida. E tanto è ciò che fa la LeggeEvangelica. Primieramente ha uniti insieme sotto di sè que’ due popoli cheandavano sì disgiunti, Giudeo e Gentile:e di poi fa che non si viva a piacere, masecondoil prescritto che Dio n’ha dato,ad ire dirittamente per quella strada che porta al Cielo : « Aures tuae audient verbum post tergum rnoventis: Haec est via: ambulate in ea, et non declinetis neque ad dexteram, neque ad sinistram. — Le tue orecchie udiranno la parola di lui, che di dietro ti avvisa : la strada è questa : camminate per essa, e non piegate nè a destra, nè a sinistra » (Isaia 30, 21). E’ però questo un giogo, non vile no, come gli altri, ma nobilissimo; ond’è che Cristo con titolo tanto eccelso lo chiama suo : « Jugum meum — Giogo mio » : suo, perchè da lui, come Dio, ci è stato ordinato, e suo di più, perchè da lui, come uomo, è stato ancor portato trentatre anni con una invitta costanza, e portato in modo, che niuno mai l’ha cominciato a portare di età più tenera : « Bonum est viro, cum portaverit jugum ab adolescentia sua. — Buona cosa è per l’uomo, l’aver portato il giogo fin dalla sua adolescenza » (Lamentazioni 3, 27). Quindi è, che al pari ha mostrato anche Cristo in un giogo tale e la mansuetudine, e l’umiltà. La mansuetudine in ordinarlo qual Dio, cioè qual Principe, non austero, non aspro, come i Tiranni, ma benignissimo : e l’umiltà in portarlo anche egli qual uomo senza voler da esso alcuna esenzione, quantunque minima. E questa è la ragion, per la quale dopo aver detto : « Tollite jugum meum super vos — Prendete sopra di voi il mio giogo », soggiunse subito: « et discite a me, quia mitis sum, et humilis corde —e imparate da me, che sono mansueto, ed umile di cuore », che fu quasi un dire : cominciate a portare un poco il mio giogo, e vedrete a prova, che io non sono un Signor crudele, ma mite, e che però non impongo una Legge dura, com’è quella del Mondo, ma comportabile; e che non sono un Signore superbo, ma umile, e che però non isdegno, come fa il Mondo, di sottomettermi a quella Legge ancor io, che prescrivo agli altri. Com’esser può, che frattanto tu non ti senta da queste sole parole rincorar tutto ad eleggerti un giogo tale? E’ Dio, che l’ordina : che cercar di vantaggio? Non è possibile, che egli mai ti proponga un giogo indiscreto. E’ Dio fatt’uomo, che l’ha portato tanto prima di te. Come vuoi dunque ricusar di portarlo tu dopo lui? Pensa bene a questi due punti, e questi saran bastevoli ad acquietarti sotto un tal giogo: « Et invenietis requiem animabus vestris — E troverete quiete all’anime vostre ».

II.

Considera, come questo è un giogo fatto per uomini, non fatto per animali. E però bisogna che tu t’induca spontaneamente a portarlo da te medesimo. Quindi è che Cristo dice sì espressamente: « Tollite jugum meum super vos — Prendete sopra di voi il mio giogo ». Non dice solo portate, ma dice « tollite — prendete », perchè non intende di volerti punto violare la libertà: « Deus ab initio constituit hominem, et reliquit illum in manu consilii sui — Dio da principio creò l’uomo, e lo lasciò in potere de’ suoi consigli ». « Adjecit solamente mandata, et praecepta — Aggiunse comandamenti e precetti »; « mandata —comandamenti », quanto alla Legge naturale, « praecepta — precetti », quanto alla scritta : « Si volueris servare, conservabunt te — Se vorrai custodirli, ti saran di salute » : non « si servaveris —se li custodirai », ma « si volueris servare — se vorrai custodirli » (Ecclesiastico o Siracide 15 14, 15): perché alla fine in questo sta tutto il merito, che tu voglia. Ma perchè non hai da volere? Che se brami saper più distintamente qual sia la parte di te, ch’hai da sottomettere con soggezion più ossequiosa ad un giogo tale; eccolo qua detto chiaro. Hai da sottomettervi, non la più vile, come fanno i giumenti, che al giogo lor sottomettono il solo corpo, e ve ‘l sottomettono ancora con ritrosia; ma la più nobile; e così non tanto hai da sottomettervi il corpo, quanto lo spirito : « Rationabile obsequium vestrum. — Ragionevol sia il vostro culto » (Lettera ai Romani 12, 1). Però qui Cristo non fu contento di dire: « Tollite jugum meum — Prendete il mio giogo »; ma vi volle anche aggiugnere « super vos — sopra di voi », affinché tu sappi con termini molto espressi, che a questo giogo hai spezialmente da sottomettere quello ch’è proprio di te. A te talvolta non riesce sì duro il sottopor la tua carne al giogo di Cristo, frustandola, maltrattandola, macerandola: ma oh quanto duro ti riesce ogni dì il sottoporvi il tuo spirito! E pur questo è ciò che più d’ogni altra cosa hai da sottoporvi, quell’altezza di capo, quell’albagia, quell’ambizione, quella voglia di sovrastare. Se procederai in questa forma, allora sì che porterai veramente il giogo di Cristo sopra di te, ch’è proprio dell’uomo, e non solamente sopra delle tue membra, ch’è comune ancora alle bestie: « Collum vestrum subjicite fugo. — Piegate al giogo il vostro collo » (Ecclesiastico o Siracide 51, 34); ecco che la soggezione al giogo vuol essere volontaria: « Et suscipiat anima vestra disciplinam. — E l’anima vostra accolga la disciplina » (Ecclesiastico o Siracide 51, 34): ed ecco di chi singolarmente vuol essere, dello spirito.

III.

Considera come due sono que’ vizi, che più d’ogni altro fanno che la gente ritraggasi dal portar il giogo di Cristo; l’impazienza, e la superbia. L’impazienza fa che si scuota come pesante: « Projiciamus a nobis jugum ipsorum. — Gettiamo lungi da noi il loro giogo » (Salmo 3, 3). La superbia fa che si sdegni come obbrobrioso : « A saeculo confregisti jugum meum; et dixisti: non serviam. —Da gran tempo tu spezzasti il mio giogo, e dicesti: non servirò » (Geremia 2, 20). E questa è l’altra ragione, per la quale qui dice Cristo, che da lui impari ad essere mansueto, e ad esser umile, perchè queste due virtù ti faranno poi star quietissimo sotto il giogo : « Discite a me, quia mitis sum, et humilis corde, et invenietis requiem animabus vestris — Imparate da me, che sono mansueto, ed umile di cuore, e ritroverete quiete alle anime vostre ». Però, quantunque il senso letteralissimo di queste esimie parole sia quello di sopra addotto, cioè che nell’accomodarti al giogo di Cristo tu vedrai chiaro, a quiete singolar dell’anima tua, quanto buon Signore sia quello, a cui presti ossequio, Signore non crudele, che t’imponga un giogo insoffribile, come fa il Mondo, e non superbo che non ti aiuti a portarlo : non è però che molto proprio non sia medesimamente quest’altro senso, benchè non tanto connesso, di numerosissimi Santi, cioè, che impari dall’esempio di Cristo ad essere mansueto, com’egli fu in tutta la sua vita, e ad essere umile, perchè in queste due virtù sta riposta quell’alta quiete, che vanamente cercavi in andar dietro a’ beni di questo Mondo. Pare a te però di possedere ancor punto queste due virtù tanto proprie d’un Cristiano? Sei mansueto o sdegnoso nelle tue azioni? Sei umile, o sei superbo? Ma perchè questo è un argomento che merita tutto l’uomo, giusto è che a ben ruminarlo come si deve io te lo proponga come da se medesimo per soggetto della susseguente Meditazione.

Archivio delle meditazioni