La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

APRILE

XVI. GIORNO

Il Sabbato Santo

« Humiliavit semetipsum, factus obediens usque ad mortem, mortem autem Crucis: propter quod et Deus exaltavit illum, et donavit illi nomen, quod est super omne nomen. — Umiliò se medesimo, fatto ubbidiente fino alla morte, ed alla morte di Croce: per il che Iddio esaltollo, e gli donò un nome, che è sopra ogni nome » (Lettera ai Filippesi 2, 8, 9).

 

 I.

Considera, che come il primo atto di superbia è ribellarsi alla volontà del suo superiore: initium superbiae hominis, apostatare a Deo (Ecclesiastico o Siracide 10, 14); così il primo atto di umiltà, è soggettarsegli. Però per prova, che Cristo si umiliasse in quanto uomo, al suo Padre eterno, veracemente, e così meritasse ogni esaltazione; subito adduce l’Apostolo l’ubbidienza, che gli mostrò: ma quale ubbidienza? La più ardua che si possa mai esercitare. E tale è quella, che fa disprezzar la vita, disprezzar la riputazione, degna, secondo sè, di preporsi ancor alla vita: «Humiliavit semetipsum, factus obediens usque ad mortem, mortem autem Crucis — Umiliò se medesimo, fatto ubbidiente fino alla morte, ed alla morte di Croce ». Infimo a tanto che tu ubbidisci in quelle cose, a cui t’inclina già per altro il tuo genio, non ti fidare della tua pronta disposizione a far ciò che ti viene imposto. La prova è quando hai da rompere il voler tuo: Non sicut ego volo, sed sicut tu. E questo fu l’alto esempio che ti die’ Cristo. All’apparire della sua passione imminente, si sentì bensì egli colmar di orrore, di tristezza, di tedio, tanta fu la natural ripugnanza ch’ebbe al veder sè dato in precia a’ suoi traditori: Tristis est anima mea usque ad mortem (Vangelo di Matteo 26, 38). Ma che? Però ne venne egli a sfuggir l’assalto? Anzi vinta ogni ripugnanza, non solo gli aspettò con fortezza, ma gl’incontrò: Sciens omnia quae ventura erant super eum, processit, et dixit eis: Quem quaeritis? (Vangelo di Giovanni 18, 4).

 

II.

Considera come Cristo potea facilmente sottrarsi a tale ubbidienza senza peccato. Perchè il suo Padre non l’obbligò con precetto rigoroso a morire per la Redenzion del genere umano, e a morire in Croce: gli fece saper solo, che ciò gli sarebbe in grado: pronto per altro ad accettare da lui per tal Redenzione, quando sì gli fosse piaciuto, qualunque altra opera sua, tuttochè nè di dolore, nè di dispregio, tanto tutte erano di valore infinito. E pure Cristo, per eseguire la più perfetta ubbidienza che si ritrovi, ch’è quella a cui basta risapere l’inclinazione, o la istanza di chi presiede, giunse a morire, ed a morire anche in Croce. E ciò qui accenna l’Apostolo mentre dice, Humiliavit semetipsum factus obediens, etc. Dice che Cristo si umiliò da se stesso; non fu umiliato, come avvenuto sarebbe se fosse stato obbligato dal suo Padre con ordine risoluto, a lasciarsi uccidere in forma così obbrobriosa: Nemo tollit animam meam a me, cioè a me invito, sed ego pono eam a me ipso (Vangelo di Giovanni 10, 18). E tu impara come l’aspettare il precetto, certo non è da ubbidiente nobile, ma servile. Da nobile è assecondare qual precetto ogni cenno di chi ti regge, come fanno gli Angeli in Cielo rispetto a Dio: « facientes verbum illius ad audiendam vocem sermonum ejus — esecutori di sua parola, ubbidienti a’ suoi cenni » (Salmo 102, 20). Non « imperiorum — a’ suoi comandi », non jussuum — a’ suoi precetti », ma sol « sermonum — a’ suoi cenni ». Conciossiachè, se l’ubbidienza consiste in lasciarsi muovere o da Dio stesso, o da chi tiene in terra il luogo di Dio, chi non vede, che quanto più facilmente ti lasci muovere, tanto più sei dunque perfetto nell’ubbidire? « Admone illos — Ammoniscili » (così voleva l’Apostolo), « Principibus — che ai Principi », che sono i superiori maggiori, « et Potestatibus — ed alle Podestà », che sono i loro ufficiali, « subditos esse — siano soggetti » ma come? « Dicto obedire — Coll’ ubbidire a’ cenni » (Lettera a Tito 3, 1).

 

III.

Considera come quella ubbidienza, che Cristo esercitò col morire in Croce, non si ristrinse all’esecuzione del solo voler paterno: anzi si distese all’adempimento di tutti ancor que’ precetti, i quali si contenevano nella legge, che furon tanti. E pur morendo potè Cristo affermare con verità d’averli tutti eseguiti quasi in compendio, con un tal atto, Consummatum est; benchè come superiore alla legge, non fosse di ragione soggetto a niuno. Tutti i precetti si riducevano anticamente a tre classi: a morali, a ceremoniali, e a legali. E però mira con quanta perfezione gli venne Cristo a compire sulla sua Croce. Compì i morali, perchè fondandosi questi, com’è notissimo, su que’ due tanto celebrati della carità verso Dio, e della carità verso il prossimo; chi fu giammai sulla terra, che l’uno e l’altro adempisse con perfezione maggior di quella, che Cristo usò morendo fra tanti strazi a quel sol fine, di compiacere il Padre suo Celestiale, e di salvar gli uomini? In riguardo al Padre egli disse: « Ut cognoscat mundus, quia diligo Patrem etc. surgite eamus hinc — Affinchè conosca il mondo ch’io amo il Padre ecc. sorgete andiamcene », cioè « ad locum passionis — al luogo della passione » (Vangelo di Giovanni 14, 31). E in riguardo agli uomini, disse ancora di sè parlando: « Majorem hac dilectionem nemo habet, ut animam suam ponat quis pro amicis suis — Nessuno ha carità più grande di quella di colui che dà la vita pe’ suoi amici » (Vangelo di Giovanni 15, 13). Compì i ceremoniali, perchè questi si riducevano specialmente all’offerte da farsi a Dio in varie occorrenze, ed a sagrifici. Ma chi non sa, che questi altro non erano che figura di ciò che Cristo doveva operar morendo? E però chi gli venne a compir mai meglio, che chi di sè fece quel solennissimo sacrificio, che con que’ tanti era stato già figurato? Tradidit semetipsum pro nobis oblationem, et hostiam Deo in odorem suavitatis (Lettera agli Efesini 5, 2). Compì i legali, perchè la somma di questi era indirizzata a risarcire singolarmente le ingiurie che altrui si fossero fatte, e a rifargli i danni. n quanto a questo ben può dir Cristo, che parimente l’adempì sopra ogni altro, mentre con tutto sè soddisfece sì orribilmente per quelle colpe che non erano sue: Quae non rapui, tunc exsolvebam (Salmo 68, 5). E tu frattanto mira qual virtù fu quella che trionfò nella morte del tuo Signore in più chiara forma. Fu l’ubbidienza; perchè quantunque sia pur verissimo, ch’egli morì per amore: dilexit nos, et tradidit semetipsum pro nobis (Lettera agli Efesini 5, 2); contuttociò non volle, che l’amor fosse quello che il determinava morire; ma l’ubbidienza, da lui pigliata per regola in tutto ciò ch’egli fece a salvare il mondo: In capite libri scriptum est de me, ut facerem voluntatem tuam. Deus mens volui, et legem tuam in medio cordis mei (Salmo 39, 9). E tu di altra virtù farai più conto mai, che di questa, da cui dee pigliar legge l’istesso amore?

 

IV.

Considera come all’umiltà è dovuta l’esaltazione, tanto maggiore, quanto maggiore ancora fu l’umiltà: De torrente in via bibet, propterea exaltabit caput (Salmo 109, 7). Però non si essendo mai ritrovata umiltà pari a quella, ch’esercitò sulla terra il Figliuol di Dio, quando giunse a morir per l’uomo, e a morire in Croce; ben fu dovere, che ad essa ancor succedesse un’esaltazion maggiore di qualunque altra: Exaltabitur, et elevabitur, et sublimis erit valde (Isaia 52, 13). Devi però qui presupporre, che siccome il Figliuoldi Dio non si umiliò in quanto Dio, ma si umiliö in quanto uomo, così in quanto uomo venne parimenti esaltato. In quanto Dio fu egli sempre altissimo a un modo stesso. Se non che, col tanto umiliarsi che fe’ in quanto uomo, egli meritò che si notificasse al mondo lui essere ancora Dio: e così quella Divinità, che stava in lui nascosta, venne esaltata, non in sè, ma nell’altrui cognizione. A te, che tocca frattanto, se non che concorrere ad una esaltazione, che fu si giusta? E allor vi concorrerai, quando dirizzando ad esso tutti i tuoi affetti, come ad ultimo fine, lo tratterai da quel ch’è, cioè da tuo Dio.

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