La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

GENNAIO

XIII. GIORNO

Dalla gravezza del peccato si deduce la necessita della penitenza.

 

«Irritam quis faciens legem Moysi, sine ulla miseratione, duobus vel tribus testibus moritur., quanto magis putatis deteriora mereri supplicia, qui Filium Dei conculcaverit, et sanguinem testamenti pollutum duxerit, in quo sanctificatus est, et spiritui gratiae contumeliam fecerit? Uno, che viola la legge di Mosè sul deposto di due o tre testimonii, muore senza alcuna remissione: quanto più acerbi supplizi pensate voi, che si meriti chi avrà calpestato il Figliuol di Dio, ed il sangue del testamento, in cui fu santificato, avrà tenuto come profano, ed avrà fatto oltraggio allo spirito di grazia?»
(Lettera agli Ebrei 10, 28, 29).

 

I.

Considera, quanto la legge nuova sia più stimabile, che non era la legge vecchia. Eppure chi trasgrediva alcun ordine della vecchia, convinto che fosse, doveva irremissibilmente morire o lapidato, o incenerito, o impiccato, conforme a quello, «morietur, nec misereberis ejus — Sarà messo a morte, non avrai compassione di lui » (Deuteronomio 19, 12). Quanto più dunque chi trasgredisce alcun ordine della nuova, dovrebbe di ragione patire ogni gran supplicio? E a te talvolta par dura la penitenza, che t’impone il tuo Confessore?

II.

Considera, che chi pecca nel Cristianesimo, non contravviene a un Legislatore ordinario, ma al Figliuolo stesso di Dio. Vero è, che in due modi si può peccare, per disprezzo, o per surrezione. Chi pecca per surrezione, cioè per inconsiderazione, o per impeto, non pecca si gravemente, e però non è questo quel peccatore di cui qui parlasi. Parlasi di chi pecca per un tal genere di disprezzo: e però si dice: «Qui Filium Dei conculcaverit. — Chi avrà calpestato il Figliuol di Dio». Guai a te se vedi il peccato, che tu commetti, e non ne fai caso, quasi fosse un male da niente, una leggerezza, una leggiadria! Questo appunto è mettersi il Figlio di Dio sotto i piedi.

III.

Considera, che per tre capi noi siamo singolarmente obbligati al Figliuol di Dio; perché si è incarnato per noi, perchè è morto per noi, e perché, andatone al Cielo, subito ci mandò lo Spirito Santo. Il Cristiano, che pecca, si mostra ingrato a tutti e tre questi altissimi beneficii ingrato all’incarnazione, e però si dice, «qui Filium Dei conculcaverit — chi avrà calpestato il Figliuolo di Dio»: ingrato alla passione, e però si dice, « qui sanguinem testamenti pollutum, cioè, communem duxerit, in quo sanctificatus est — chi il sangue del testamento, in cui fu santificato, avrà tenuto come profano» :ingrato al dono, che gli fu dato nello Spirito Santo, e però si dice, «qui spiritui gratise, cioè gratis dato, contumeliam fecerit — chi avrà fatto oltraggio allo spirito di grazia, cioè dato gratuitamente ». Ecco però ciò, che aggrava tanto la colpa di un Cristiano: l’ingratitudine.

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