La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

AGOSTO

 

XIII. GIORNO

Della dilezione fraterna.

« Hoc est praeceptum meum, ut diligatis invicem, sicut dilexi vos. — Il precetto mio è questo, che vi amiate l’un l’altro, come io ho amato voi » (Vangelo di Giovanni 15, 12).

 

I.

Considera quanto volentieri abbiasi ad eseguire questo precetto della dilezione fraterna; mentre il Signor l’ha chiamato precetto suo : Hoc est praeceptum meum. Ha con ciò voluto onorarlo sopra tanti altri, che ci lasciò di sua bocca, o perchè Questo sia il più cospicuo, se si toglie in particolare, o perchè a questo riducansi tutti gli altri, se si toglie in universale: « Qui enim diligit proximum, legem implevit. — Poichè colui che ama il prossimo, ha adempiuta la legge » (Lettera ai Romani 13, 8). Nè vale, che il precetto medesimo fosse già stato dato sul Sinai da Dio nell’antica legge : perchè non era stato però dato mai sotto questi termini sì elevati, sì eccelsi, sotto cui Cristo lo promulgò, quando disse: « Hoc est praeceptum meum, ut diligatis invicem, sicut dilexi vos — Il mio precetto è questo, che vi amiate l’un l’altro, come io ho amato voi ». E però suo lo potè dir con ragione, perchè se non fu suo quanto alla sostanza, suo di certo fu quanto al modo. E appunto a contemplar questo modo c’invita Cristo con la particola « sicut —come ». E’ indubitato, ch’egli con ciò non pretende qui di tassare la quantità dell’amore, perchè il suo amore fu infinito, fu immenso, e posto ciò chi può giugnere a pareggiarlo? Vuole solamente indicarne la qualità: e a questa ci obbliga sotto espressissima legge : sicchè se non possiamo giugnere a pareggiar l’amor suo, dobbiamo almeno arrivare a rassomigliarlo. Tu chiedi a Cristo medesimo vivo lume da capir bene qual fu la regola, ch’egli tenne in amarci, affine di potere a lei conformarti con esattezza, come fa chi copia da un esemplar sicurissimo d’ogni fallo.

II.

Considera in primo luogo, come Cristo ci amò rettissimamente. La rettitudine nell’amor, che portiamo a qualunque prossimo, vuol tre cose. I. Che sappiamo in lui distinguere tra sostanza, e sostanza, cioè tra l’anima, e ‘l corpo, sicchè amiam l’anima per Dio, il corpo per l’anima, e conseguentemente amiam l’anima più del corpo: « Ordinavit in me charitatem. — Regolò in me la carità » (Cantico dei Cantici 2, 4). Così fe’ Cristo, il qual però negli Apostoli, a lui sì cari, non amò il corpo se non in ordine all’anima, mentre comandò, che lo esponessero virilmente in pro d’essa a fatiche altissime, a povertà, a patimenti, a carnificine: « Ne terreamini ab his, qui occidunt corpus. — Non vi lasciate intimorire da quelli, che uccidono il corpo » (Vangelo di Luca 12, 4). E non amò l’anima, se non in ordine a Dio, mentre non gli chiamò a sè, nè per conversazione, nè per corteggio, ma solo affine di renderli tutti Santi: « Elegit nos ante mundi constitutionem, ut essemus sancti. — Prima della formazione del inondo ci ha scelti, onde fossimo santi » (Lettera agli Efesini 1, 4). Tu come osservi tal regola, mentre al prossimo fai volentieri la limosina corporale, se il vedi nudo; ma non così gli fai la spirituale, se il vedi errante; anzi talora non temerai di dargli ancora de’ consigli notevoli alla salute eterna, perchè gli vedi spedienti alla temporale? « Charitas non agit perperam — La Carità non opera inconsideratamente » (Prima lettera ai Corinzi 13, 4), come avviene allora, che nell’amore non si serba l’ordine. II. La rettitudine nell’amor del prossimo vuole, che sappiamo in lui distinguere tra sostanza, e accidente, sicchè odiamo bene il peccato, ch’egli ha da sè, ma sempre amiam la natura, ch’egli ha da Dio : « Omnis qui diligit eum qui genuit, diligit et eum qui natus est ex eo. — Chiunque ama colui, che generò, ama ancora colui, che è nato da quello » (Prima lettera di Giovanni 5, 1). Così fe’ Cristo, il quale quantunque in Giuda odiasse altissimamente la sua malizia, contuttociò non restò mai di aiutarlo con tutte l’arti per trarlo al bene; se gli prostrò fino ai piedi qual servo vile, gli lavò, gli asciugò, gli accarezzò, gli baciò, con un eccesso inaudito di tenerezza; nè dubitò d’onorarlo nell’atto stesso, ch’ei scorse usargli il sagrilego tradimento, con dirlo Amico : « Amice, ad quid venisti? — Amico, a che sei venuto?». Tu come osservi tal regola, mentre nel prossimo tuo tutto dì confondi il delitto col delinquente; e perchè ti ha fatta un’ingiuria, pretendi subito di chiamar fuoco dal Cielo, che lo divori? « Charitas non irritatur. — La Carità non si muove ad ira » (Prima lettera ai Corinzi 13, 5) contra il vizioso, ma contra il vizio. III. La rettitudine nell’amor del prossimo vuole, che distinguiamo altresì tra accidente, e accidente; perchè non tutti sono del medesimo genere. Alcuni accidenti son buoni; e tali sono le virtù; alcuni cattivi, e tali sono i vizi; alcuni indifferenti, e tali sono la nobiltà, il tratto, i talenti, le rendite, ed altri doni, o naturali, o avventizi. Questi accidenti diversi, qualor si uniscano in una stessa persona, confondono facilmente un amore incauto; ond’è, che taluno crederà di amare Susanna, perchè ella è « timens Deum — timorata di Dio »; e non si accorge, che l’ama sì, ma perchè ella è « pulchra nimis — bella assai ». Non così Cristo. Egli amò tutti per quel che in essi di tempo in tempo mirò degno di amore. E però, come una volta chiamò Pietro beato, perchè l’udì parlar secondo lo spirito : « Beatus es Simon BarJona, quia caro, et sanguis non revelavit tibi. — Tu sei beato Simone BarJona, perchè non la carne, e il sangue te lo ha rivelato » (Vangelo di Matteo 16, 17); così un’altra volta, perchè lo udì parlar secondo la carne, lo chiamò Satana : « Vade retro me Satana, quoniam non sapis quae Dei sunt, sed quae sunt hominum. — Lungi da me Satana, perchè non hai la saggezza di Dio, ma degli uomini » (Vangelo di Marco 8, 33). Tu come osservi tal regola, mentre talora per ogni altro pregio ami il prossimo, che per quello, per cui dev’essere amato, ch’è la bontà de’ costumi? « Charitas non gaudet super iniquitate, congaudet autem veritati. — La carità non gode dell’ingiustizia, ma gode della verità » (Prima lettera ai Corinzi 13, 6).

III.

Considera come Cristo, non sol ci amò rettamente, ma ancora efficacemente, perchè ci amò non solamente col cuore, ma ancor con le opere. Scorri per te medesimo la sua vita, e vedrai quanto egli fece per nostro pro. Non posò un sol momento. E che potea far più di quello che fece, allor che nudo, derelitto, deriso, arrivò fino a morire in Croce per noi fra due ladri infami? « Majorem hac dilectionem nemo habet, ut animam suam ponat quis pro amicis suis. — Niuno ha carità maggiore che quella di colui, che dà la sua vita per i suoi amici » (Vangelo di Giovanni 15, 13). Anzi fece assai più di quel che fosse necessario di fare. Perchè potevaci ottenere l’istessa salute con un singulto, con un sospiro, e pure amò comperarcela ancor col sangue: « Dilexit nos, et lavit nos a peccatis nostris in sanguine suo. — Ci ha amati, e ci ha lavati da’ nostri peccati nel proprio sangue » (Apocalisse di Giovanni 1, 5). Tu come ti puoi dar vanto di amare il prossimo con simigliante efficacia, mentre il tuo amore è sterile, non dà frutti, ma tutto si sfoga in pampani di parole? « Ubi verba sunt plurima, ibi frequenter egestas. — Ove molto si parla, ivi è frequente l’indigenza » (Proverbio 14, 23).

IV.

Considera come Cristo ci amò, non solo efficacemente, ma ancora veracemente, perchè tanto ci amò, quanto con le opere die’ a vedere di amarci. Anzi ci amò molto più, perchè per quanto egli facesse a pro nostro, non potè con l’opere adeguar l’alto amore che ci portava, siccome quello ch’ era amor infinito. Tu quante volte sei finto nell’amor tuo ! « Spiritus Sanctus disciplinae effugiet fictum. — Il Santo Spirito di disciplina fugge l’uomo finto » (Sapienza 1, 5). E ciò quando avviene? In tre casi. I. Quando tu dimostri di amare il prossimo più di_ quello, che l’ami per verità, ch’è finzion cattiva, perchè cotesta è finzion di amplificatore: « Exigua dabit, et multa improperabit. —Darà poco, e rimprovererà assai » (Ecclesiastico o Siracide 20, 15). II. Quando ti dimostri di amarlo e non l’ami niente, ch’è finzione peggiore, perchè codesta è finzione di adulatore: « Simulator ore decipit amicum suum. — Il simulatore colle parole inganna il suo amico » (Proverbio 11, 9). III. Quando tu dimostri di amarlo, e non solo non l’ami, ma ancora l’odii, ch’è finzion pessima, perchè cotesta è finzione di traditore: «Vae qui potum dat amico suo, mittens fel. — Guai a colui che dà a bere al suo amico, mescolandovi del fiele » (Abacuc 2, 15). Si può bensì, per altro titolo onesto, dimostrar di amare uno men che non amasi, siccome Cristo dimostrò di amar meno, per nostro esempio, la sua Santissima Madre: « Qua’ est Mater mea? — Qual è mia Madre? »; ma non però si può amar meno di quello che si dimostri : « Dilectio sine simulatione. — Amore senza finzione » (Lettera ai Romani  12, 9) non « sine dissiniulatione — senza dissimulazione », ma « sine simulatione — senza finzione » (Lettera ai Romani 12, 9).

V.

Considera come Cristo ci amò non solo veramente, ma ancora gratuitamente, perchè ci amò senza un minimo suo interesse. Tutta quella gloria che dal Padre suo conseguì come Redentore, potea, volendola, conseguire egualmente per puro titolo di Figliuolo suo naturale, santo, innocente, illibato, segregato dal resto di tutti gli uomini rei di colpa. E però, se ci amò, ci amò perchè piacquegli: « Sanabo contritiones eorum, diligam eos spontanee. — Sanerò le loro piaghe, e gli amerò spontaneamente » (Osea 14, 5). Non ci amò perchè avesse ricevuto da noi verun benefizio, mentre anzi avea ricevuti infiniti oltraggi; nè ci amò perchè lo sperasse, mentre vedea di amar uomini parte ingrati, parte impotenti : e così ci amò con un amore il più limpido che vi sia di benevolenza, mentre non solo procurò il nostro utile come suo, ma procurò solo il nostro : « Christus non sibi placuit. — Cristo non ebbe alcun riguardo a sè » (Lettera ai Romani  15, 3). Tu quanto lungi per verità ti ritrovi da amor sì bello ! « Charitas non quaerit quae sua sunt. — La carità non cerca il proprio interesse » (Prima lettera ai Corinzi 13, 5).

VI.

Considera finalmente come Cristo ci amò, non solo gratuitamente, ma ancor fortissimamente sino alla fine : « Cum dilexisset suos qui erant in Mundo, in finem dilexit eos. — Avendo egli amati i suoi, che erano nel Mondu, li amò sino alla fine » (Vangelo di Giovanni 13, 1). Non fu l’amor suo, come suol essere per lo più quel de’ mortali, un amore incostante, un amore  instabile, ma fortissimo, d’ogni tempo, ancor su la Croce, mentre su la Croce medesima pregò il Padre a benefizio di quei carnefici stessi, di quei crudeli, che su la Croce lo avevano conficcato con tanta rabbia : « Pater, dimitte illis, non enim sciunt quid faciunt. — Padre, perdona loro, perchè non sanno quel che si facciano » (Vangelo di Luca 23, 34). E però l’amor suo, non solamente fu forte sino alla morte, usque ad mortem, ma forte a par della morte, e più della morte. Forte a par della morte, perchè non lasciossi vincere dalla morte a depor l’amore, neppur verso coloro che gliela davano; e forte più della morte, perchè la vinse, morendo ancora per loro. Tu qual fermezza hai nell’amare il tuo prossimo? « Omni tempore diligit, qui amicus est. — L’amico ama sempre » (Proverbio 17, 17). E però chi non sa amare se non a tempo, non è amico, neppur in quel tempo medesimo, nel quale ama. Queste sono le cinque prerogative, le quali ebbe l’amor di Cristo, imitabili da ognuno di noi. Però qualora tu d’ora innanzi lo udirai dire: « Hoc est praeceptum meum, ut diligatis invicem, sicut dilexi vos — Il mio precetto è questo, che vi amiate l’un l’altro come io ho amato voi », saprai di subito ciò che egli vuole inferir quando dice « sicut  come ». Vuol dire, rettamente, efficacemente, veracemente, gratuitamente, e immobilmente; che sono i capi, a cui finalmente riduconsi tutti gli altri. Solamente hai qui da osservare, che di ragione noi ci dovremmo amare insieme assai più, se fosse possibile, di quel che Cristo amò noi, perché a noi lo stare uniti riesce di pro grandissimo, anche a conseguir l’eterna Beatitudine : « Frater qui adjuvatur a fratre quasi civitas firma. — Il fratello aiutato dal fratello è come una forte città » (Proverbio 18, 19); essendo ciascun di noi debolissimo da sè solo : laddove Cristo tanto potea da sè solo, quanto potea collegato con tutti gli uomini : ond’egli propriamente ci amò con amor di Padre, noi più ci amiamo con amor di fratelli. Non è però stupor grande che Cristo n’abbia a proporre l’esempio proprio, per incitarne ad amarci scambievolmente? Anzi quando ancora l’amarci scambievolmente non fosse di obbligo, noi lo dovremmo supplicare ad imporcelo come tale, tanto a noi l’amore scambievole è di profitto.

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