La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

MAGGIO

XI. GIORNO

Aiuti che ci dà lo Spirito Santo nel pregare, e necessità d’implorare il di lui aiuto.

 

« Sed ipse Spirilus postulat pro nobís gemitibus inenarrabilibus. — Ma lo stesso Spirito chiede per noi con gemiti inesplicabili » (Ad Rom loc cit.).

 

I.

Considera dunque, a ripigliar l’interrotta Meditazione, qual sia la forma, che tiene lo Spirito Santo allor che ci aiuta ad orare. Ci aiuta colla sua speciale assistenza, la quale ci porge sì intorno alla sostanza dell’ orazione, sì intorno al modo. Intorno alla sostanza ci aiuta con darci alcuni veementissimi impulsi a desiderar quelle cose in particolare, le quali sono per verità di pro nostro; e così a farci accertare nelle dimande. E intorno al snodo ci aiuta con infonderci quella fede, che si ricerca nel chiedere, quella riverenza, quella rassegnazione, e quegli altri affetti sì vivi, che si posson provare, ma non esprimere. Però si dice, che « ipse Spiritus postulat pro nobis gemitibus inenarrabilibus — lo stesso Spirito chiede per noi con gemiti inesplicabili ». « Postulat — Chiede » spetta alla sostanza, « gemitibus — con gemiti » spetta al modo. Nè ti maravigliar, che ti dica « postulat — chiede » : mentre piuttosto « postulare nos facit — ci fa chiedere ». Non dici tu, che lo Spirito Santo parlò ne’ Profeti, parlò ne’ Predicatori, parlò ne’ Martiri? e perchè lo dici? perchè lo Spirito Santo gli fe’ parlare : « Non vos estis qui loquimini, sed Spiritus Patris vestri, qui loquitur in vobis — Non siete voi che parlate, ma lo Spirito del Padre vostro che parla in voi », cioè « qui loqui vos facit — che vi fa parlare ». Or come di lui si dice, che « loquitur —parla », perchè fa parlarci; così si dice, che « postulat — domanda », perchè ci fa dimandare. Però figurati, che quella differenza tra’ Profeti, tra’ Predicatori, tra’ Martiri, qualor essi parlavano sol da sè, qualor parlavano come animati dallo Spirito Santo, v’è tutto dì tra coloro, i quali orano parimente da sè, quasi mortamente, e tra quei, ch’ hanno quest’anima, che gli avviva, ed in essi « postulat — chiede », cioè « postulare facit gemitibus inenarrabilibus — fa chiedere con gemiti inesplicabili ». Oh che fervori sano quei, ch’essi provano, oh che sentimenti, oh che struggimenti, oh che affetti di cuore amante! Se si potessero spiegare non sarebbero inenarrabili. Beato te se sei giunto a provarli in alcuna parte! Se non vi sei giunto, prega questo amabilissimo Spirito, che te li doni, sicchè tu ancora sappi alquanto, quali sieno i gemiti di Colomba: Quasi Columbae meditantes gememus (Isaia 59, 11).

II.

Considera, che dello Spirito Santo si dice « postulat — chiede », non solo per questo, perchè « postulare nos facit — ci fa chiedere », ma ancor perchè egli « postulat — chiede » a dirittura da sè, come nostro Avvocato, che parla dentro noi stessi per via di amore: « Spiritus Paraclifus — Spirito Paracleto » : ma come parla? con un linguaggio occultissimo ancora a noi, riposto, recondito; che però si dice « gemitibus inenarrabilibus — con gemiti inesplicabili », perchè dimanda per noi, pro nobis; il contrario di quello stesso, che noi o incitati, o ingannati dal nostro spirito, dimandiamo, senz’avvertirlo, contro di noi, contra nos. E non puoi forse notare tu in te medesimo, quante volte dimandi una cosa in particolare, che ti par buona, e la dimandi con tutti i debiti modi, e con tutto ciò non la ottieni, ottieni l’opposta? A chi sei di tanto obbligato? allo Spirito del Signore, il quale vedendo, che quella cosa, la qual chiedevi, ti sarebbe stata dannosa, ti ha cambiato, per così dire, il memoriale, chiedendo quella, che ti scorgeva giovevole. Che se tu vuoi singolarmente saper quando ciò succeda, te lo dirò. Tu talor dimandi una cosa in particolare con grande istanza, ma nel medesimo tempo hai una rassegnazione profonda al voler divino, quantunque a te poco nota, in virtù di cui molto più desideri quello, che Dio disporrà di te, che non quello, che gli addimandi. Questo tuo desiderio è un linguaggio occultissimo dello Spirito Santo, che parla in te, perchè è un desiderio, il quale tutto procede da vero amore: e così quando il voler divino, contrario al tuo, t’è di maggior giovamento, avvien, che questo adempiscasi, e non il tuo, palesato da te con preghiere aperte. Prendine l’esempio da Cristo, di cui sta scritto, che « exauditus est pro sua reverentia — fu esaudito per la sua riverenza » (Lettera agli Ebrei 5, 7). Assolutamente egli sempre fu esaudito; ancora quando pregò, che passasse da lui quell’amaro calice della passione imminente: perchè se allor non fu esaudito secondo la ripugnanza, fu esaudito secondo la riverenza. Alla ripugnanza, che per via di natura provava al calice, prevaleva in esso assai più quella riverenza, che aveva al Padre per via d’amore; e però conveniva in ogni maniera, ch’egli molto più venisse esaudito secondo questa, che secondo quella, « pro sua reverentia — per la sua riverenza », non « pro sua repugnantia — per la sua ripugnanza». Questa differenza fu nel Signore, ch’egli scoperse con termini ancor espressi quest’alta rassegnazione al voler del Padre: « Verumtamen non quod ego volo, sed quod tu — Per altro sia, non come voglio io, ma come vuoi tu » : tu spesso non la discopri. Ma non ti affliggere; perchè se daddovero tu l’hai nel cuore, la discopre per te lo Spirito del Signore, che parla in te, « postulat pro te gemitibus inenarrabilibus — chiede per te con gemiti inesplicabili »; e però allora tu vieni spesso esaudito, non secondo lo spirito inferiore, con cui dimandi; ma secondo lo Spirito superiore, in virtù di cui tu desideri solo quello, che più conviene: « Qui autem scrutatur corda — chi penetra il cuore », cioè Dio, scit quid desideret Spiritus, sa ciò che brami lo Spirito suo celeste, che parla in te: quia secundum Deum postulat pro Sanctis, mercecchè questo dimanda a favor de’ Santi il contrario di quello, che talor essi dimandano a proprio danno. Essi dimandano ciò, ch’è « secundum hominem — conforme all’uomo », ed egli dimanda ciò, ch’è « secundum Deum —conforme a Dio ». Or s’è così, mira un poco, quanto mai importi questa rassegnazione perfetta al voler divino. Questa fa, che sempre tu venga esaudito secondo quello, che ti fia più giovevole.

III.

Considera, che questa rassegnazione al voler divino fu senza dubbio insegnata ancora da Cristo nel Pater noster, quando ordinò, che dicessimo : « Fiat voluntas tua sicut in Caelo, et in Terra. — Sia fatta la tua volontà siccome in Cielo, così in Terra »; ma ciò non era bastevole. Perché altra cosa è quella rassegnazione al voler divino, che sta sui generali; altra cosa è quella, che scende a’ particolari. Quando tu apprendi in confuso questa rassegnazione al voler divino, ti può, non nego, esser facile il praticarla : ma quando tu l’apprendi in particolare, in quella prigionia, in quell’infermità, in quella ignominia, in quella mendicità; oh quanto è difficoltosa! Però ad aver questa ci vuole lo Spirito Santo, perchè ci vuole un altissimo amor divino. Sicchè quando il tuo cuore sta sì disposto, che quando ancora ti vedessi quei mali ora detti dinanzi agli occhi, tu seguitassi a gridare animosamente: « Fiat voluntas tua — Sia fatta la tua volontà », sappi pur, che ciò è effetto non solamente di sapienza divina, ma ancor di amore. Quindi è, che alla gente ordinaria, siccome a quella che non ama tanto il Signore, si consiglia di non discendere a questi particolari, perchè talor la meschina si atterrirebbe: e così Cristo insegnò solo alle turbe ch’esse dicessero « Fiat voluntas tua — Sia fatta la tua volontà ». Si consiglia il discendervi a’ più perfetti e così Cristo non temè dire agli Apostoli : « Potestis bibere Calicem, quem ego bibiturus sum? — Potete voi bere il Calice ch’io son per bere? » tentandoli in una cosa così molesta. E però ecco ciò, che nell’Orazione fa di più lo Spirito Santo di quello, che insegnò Cristo nel Pater noster: fa che abbiasi un desiderio sì veemente, sì vivo di ciò, che più piace a Dio, che l’uomo non languisca al rappresentarselo ancor in particolare, benchè non sempre abbia necessità di rappresentarselo. Ma ciò che importa? « Qui scrutatur corda, scit quid desideret spiritus — Colui che penetra il cuore, sa cosa brami lo spirito ». Ancorchè questa rassegnazione perfetta sia talvolta nascosta ancora a chi l’ha, non è nascosta al Signore, mercecchè « Spiritus — lo Spirito » la palesa, allor ch’egli postulat, come hai sentito, « pro nobis gemilibus inenarrabilibus — chiede per noi con gemiti inesplicabili »; e così allora vieni tu ancora felicemente esaudito « pro tua reverentia — per la tua riverenza », non « pro tua repugnantia — per la tua ripugnanza »: vieni esaudito con ottenere il contrario di quello appunto, non che tu vuoi, ma che tu non vorresti; vieni esaudito secondo quel desiderio assoluto, ch’è detto volontà, e non secondo quell’imperfetto, ch’è detto velleità.

IV.
Considera, che lo Spirito Santo non opera in quel modo, che qui si è dichiarato, in tutti coloro, i quali fanno orazione; ma opera solo in quelli, i quali da se stessi si studiano, in quanto possono, a farla bene. Che però si dice, che « adjuvat infirmitatem nostram — aiuta la nostra infermità » : Egli ha da aiutarti. Adunque è di necessità, che tu faccia quel più che puoi, giusta la tua debolezza, per ben orare; che ti prepari, che ti ritiri, che ti raccolga, che ti applichi attentamente. Quando la tua debolezza non può far più, allor tocca a lui sottentrare a prestarle aiuto : Dei quippe est adjuvare, non a far tutto. Vero è, che sempre si dirà, che fa tutto, e dirassi con verità. Perchè per quanto dalla tua parte tu faccia affin di orar bene, sarà sempre nulla in paragone di quello, che farà in te lo Spirito Santo; e però sempre si dirà che « ipse postulat — egli chiede » : a lui verrà riferita la tua orazione, a lui verrà ascritta, a lui verrà attribuita, e si affermerà giustamente, che egli al fine è colui, che la fa per te: « Sed ipse Spiritus postulat pro nobis. — Ma lo stesso Spirito chiede per noi », cioè « loco nostrum gemitibus inenarrabilibus — in luogo di noi con gemiti inesplicabili ». Ma qual maraviglia? Già per altro si sa, che tutti gli effetti si attribuiscono alla lor cagione primaria. Cosi si dice del Pilota, che ha messa la nave in salvo; quantunque a porla in salvo non è sol egli: vi concorre un numero grande di Marinai, che infinitamente faticano a tal effetto. Però conchiudi quanto sia grave la necessità, che tu hai di possedere in te questo Spirito divinissimo. E’ tanto grave, quanto è la necessità, che tu hai di fare orazione, e di farla bene, sicchè non è sol grave, ma ancora estrema. A questo effetto invocalo umilmente ogni volta, che tu vuoi orare. Recita spesso qualcuno di quei begl’Inni a lui indirizzati, « Veni Sancte Spiritus. Veni Creator Spiritus. — Vieni Santo Spirito. Vieni Spirito Creatore » : digli che ti assista, digli che t’illumini, digli che t’infervori, o per dir meglio, digli che egli imprenda ad orare dentro di te; e per quanto già da gran tempo sii abituato, sii avvezzo a far orazione, non ti dare a credere poter giammai venir ora, in cui non sii bisognoso di suo soccorso, ancora speciale. Perchè non si dice mai ch’egli tolga la nostra debolezza in orare, ma che l’aiuti. Non si dice « aufert infirmitatem nostram — toglie la nostra infermità », si dice « adjuvat — aiuta ». Pur troppo restano sempre in noi tutte e quattro quelle ferite, che da principio ricevemmo peccando; e così sempre resta in noi l’ignoranza, che fu la prima infermità, che ne nacque. Questa di ben orare è la più dannosa; e nondimeno ella può curarsi in qualche modo bensì, ma non può sanarsi. « Nam quid oremus sicut oportet nescimus. — Poichè non sappiamo, come converrebbe, cosa abbiamo a chiedere ».

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