La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

APRILE

XI. GIORNO

Sopra l’Orazione, o sia ricorso a Dio.

 

« Sed in omni oratione, et obsecratione, cum gratiarum actione petitiones vestrae innotescant apud Deum. — Ma in ogni cosa presentate a Dio le vostre istanze per mezzo dell’orazione e dell’ossecrazione unite al rendimento di grazie » (Lettera ai Filippesi 4, 6).

 

I.

Considera quanto giustamente chiegga l’Apostolo, che in cambio della eccessiva sollecitudine, sottentri in tutte le cose il ricorso a Dio: « Nihil soliciti sitis, sed petitiones vestrae innotescant apud Deum. — Non siate sì solleciti, ma presentate le vostre istanze a Dio » ; perchè più è ciò, che tu puoi sperare dalla sua grazia, di quello che tu possa prometterti dal tuo ardore. Ho detto in tutte le cose, perchè non hai da temere di dovere giammai riuscire a Dio nè importuno, nè insopportabile colla molteplicità delle istanze. Anzi moltiplicale pure più che tu puoi; perchè a questo ha voluto mirar l’Apostolo, quando ha scritto qui « petitiones — istanze », e non « petitio — istanza ». Basta, che sieno istanze degne di presentarsi ad un Dio, apud Deum, e che però non gli chiedi cose inutili, cose inique. Nel resto se sieno molte non ti spaventino; anzi neppur ti spaventino se sian grandi; perchè le grandi sono appunto le degne di un tal Signore. I Principi della Terra sono coloro, che si perturbano in udirsi richiedere molte grazie, o in udirsi richiedere grazie grandi; ond’è che Bersabea, quantunque avesse a supplicare un figliuolo delle sue viscere, non temè punto di dire al Re Salomone: « Petitionem unam parvulam ego deprecor a te: unam, et parvulam. — Una picciola grazia ho da domandarti: una sola, e picciola » (Primo libro dei Re 2, 20). Con Dio non si ha da procedere in questa forma. Sieno molte le suppliche, sieno grandi, ciò non importa. Allora più che mai convengono a un Dio di così sovrana Maestà: « Usque modo non petistis quidquam. — Fino adesso nulla avete chiesto » (Vangelo di Giovanni 16, 24). E questo solo non è già sufficiente a svegliare in te quella confidenza, per difetto di cui sei nelle cose tue sì sollecito, che t’inquieti? « Nolite soliciti esse, sed petitiones vestrae innotescant apud Deum. — Non vogliate essere sì solleciti, ma presentate a Dio le vostre istanze ».

II.

Considera, che affine di dar forza maggiore alle tue dimande, l’Apostolo qui t’insegna un modo divino: ed è che « innotescant apud Deum in omni oratione, et obsecratione, cum gratiarum actione — sieno presentate a Dio con ogni specie di orazione, e di ossecrazione unite al rendimento di grazie ». Qual sia il rendimento di grazie già ti è palese. Però è bastevole, che tu sappia ciò, che s’intende sì per orazione, e sì per ossecrazione. L’orazione si definisce: « Elevatio mentis in Deum. — Elevazione di mente a Dio ». E questa è di necessità: perchè quando a Dio tu vuoi porgere una dimanda, convien che insieme tu alzi gli occhi a mirarlo con rammemorarti di stare al suo gran cospetto. L’ossecrazione « est ratio impetrandi, quod petitur — è la ragione d’impetrare ciò che si chiede ». E questa almeno è di sommo profitto; perchè a nessun Principe si porge mai alcuna supplica senza addurne la sua ragione. Vero è, che non ti devi figurar, che queste due cose, l’orazione, e l’ossecrazione, abbiano da precedere le petizioni. Hanno sempre ad andare unite con esse. Perchè l’Apostolo non ricerca qui l’ordine; ricerca, che « petitiones innotescant apud Deum in omni oratione, et in omni obsecratione — le istanze siano manifestate a Dio con ogni sorta di orazione e di .ossecrazione ». Il rendimento di grazie va per concomitanza, che però dicesi cum gratiarum actione, poco rilevando, che ciò tu faccia prima di porgere a Dio le tue petizioni, o lo faccia poi. Quando insieme unirai queste quattro parti, che a guisa di quattro elementi costituiscono la formola più perfetta di supplicare, non vedi tu che bel misto ne dovrà risultare dinanzi a Dio? Dunque tanto più devi accenderti a praticarlo.

III.

Considera, che qualor a Dio dimandi una cosa, glie l’hai da dimandare « in omni oratione — con ogni orazione », cioè « in omni elevatione mentis ad ipsum —con ogni elevazione di mente a lui ». Non ti hai da divertire, non ti hai da distrarre: hai da tenere ambi i guardi fissati in lui. E quali sono ambi i guardi? L’immaginazione, e l’intelletto. L’immaginazione te lo propone per via di fantasmi. L’intelletto te lo propone per via di fede. Nè ti credere, che questa elevazione di mente sia un viaggio lunghissimo sino al Cielo. Iddio sta dentro te stesso: « Medius vestrum stetit, quem vos nescitis. — Sta egli in mezzo a voi, e voi nol conoscete » (Vangelo di Giovanni 1, 26). E vi sta con modo vivissimo, cioè dire, e colla presenza, e colla potenza: colla presenza vede ciò, che tu fai, lo conosce, lo considera, lo comprende: colla potenza di più ti aiuta anche a farlo. Però non hai da ricercare Iddio punto lontano da te. Se si dice ch’hai da elevare la mente, si dice, perchè hai, quando tratti con Dio, da innalzarla su dalle cose temporali, dalle cose terrene, che sono le cose basse: « Elevare, elevare, consurge Jerusalem. — Alzati, alzati, levati su, o Gerusalemme » (Isaia 51, 17 ). Posto ciò, quando l’immaginazione, e l’intelletto, che sono due potenze sì principali dell’anima, staranno unite in costituirti perfettamente dinanzi al divin cospetto, non vedi tu, come la volontà, ch’è la terza, saprà ben operare in proporre le sue dimande? Ma se quelle due non concorrono, questa non può far niente, che vaglia: e però vuole l’Apostolo, che quando a Dio dimandi una cosa, l’addimandi « in omni oratione — con ogni sorta di orazione », cioè « in omni elevatione mentis ad ipsum — con ogni sorta di elevazion di mente a lui ». Queste sono le suppliche esaudite con ogni celerità: queste dico, che sono offerte (come pur ora abbiamo qui dichiarato) al divin cospetto: « Clamor meus in conspectu ejus, intravit in aures ejus. — Il gridar ch’io feci dinanzi a lui, arrivò alle sue orecchie » (Salmo 18, 7).

IV.

Considera, che qualor a Dio dimandi una cosa, glie l’hai da dimandare parimente in omni obsecratione, cioè con ogni sorta d’istanza che sia possibile, « in omni ratione impetrandi — con ogni specie di ragione valevole ad impetrare ». Vero è, che queste ragioni sono infinite, e perciò ti è lecito valerti or d’una, or d’un’altra, secondo ciò, che lo spirito variamente ti suggerisce. Dalla parte tua hai sempre da proporre la tua miseria, la quale, presso chi ha viscere sì pietose, è titolo validissimo ad impetrare il soccorso pronto: « Inclina aurem tuam ad precem meam, quia repleta est malis anima mea. — Porgi le tue orecchie alla mia preghiera, poichè l’anima mia è ripiena di mali » (Salmo 88, 3). Tanto più, che la considerazione di questa fa, che ti umilii dinanzi a Dio, che ti confonda, che ti compunga, e che così più ti disponga a ricevere le sue grazie. Dalla parte di Dio sono tanti i titoli, quanti i suoi sublimi attributi, l’Onnipotenza, la Santità, la Sapienza, la Maestà. Ma specialmente gli hai da ridurgli sempre a memoria la pietà sua, che l’obbliga anche a far bene a chi non lo merita: « Secundum misericordiam tuam, memento mei tu, propter bonitatem tuam, Domine. — Secondo la tua misericordia abbi memoria di me, o Signore, per la tua pietà » (Salmo 25, 7). E questa opportunissimamente succede ancora per altro alla rimembranza della tua somma miseria, perchè fa che non ti generi diffidenza. Dopo queste due specie di ossecrazioni vengono l’altre, come sono di supplicare instantemente il Signore a beneficarli in riguardo di quell’amor, ch’egli porta a’ Santi, alle Sante, alla Sagratissima Vergine; ma sopratutto hai da valerti dei meriti di Gesù, de’ suoi stenti, dei suoi sudori, di quel preziosissimo Sangue, che per te sparse: « Protector noster aspice, Deus, et respice in faciem Christi tui. — Volgi il tuo sguardo, o Dio, protettor nostro, e mira la faccia del tuo Cristo » (Salmo 84, 10). A questo non è possibile, che il tuo Padre celeste non ceda subito, perchè già n’hai la promessa da Gesù stesso, autentica con pubblico giuramento: « Amen, amen dico vobis: Si quid petieritis Patrem in nomine meo, dabit vobis. — In verità, in verità vi dico che qualunque cosa domandiate al Padre nel nome mio, ve la concederà » (Vangelo di Giovanni 16, 23). In una parola, vuoi tu sapere la formola di ossecrare? va ad impararla da’ poveri: « Cum obsecrationibus loquitur pauper. — Il povero parla con ogni specie di ossecrazione » (Proverbio 18, 23). E però i poveri te n’hanno a dare la norma. Non vedi tu, come questi ti aspettano tutti a gara sulle porte di quella Chiesa, a cui tu concorri? come ti assediano? come ti assaltano? come dolenti ti mostrano le lor ulceri? come ti pregano a non volergli abbandonar per quanto ami l’anima tua? come ti ricordano il Purgatorio, come ti ricordano il Paradiso, come ti riducono a memoria quelle cinque Piaghe, che Cristo per te patì su un tronco di Croce? Così appunto hai tu da procedere col tuo Dio. A questo fine dicono i Santi aver lui disposto per costume antichissimo, che stiano i poveri mendicando alle porte de’ Sacri Tempi; perchè quei Fedeli, che là vanno a trovarlo, imparino a supplicare. Tu sei povero sì, ma non sei mendico, perchè non sai pitoccar, come si dovrebbe. Chi sapea farlo? quel Santo, che per sua gloria diceva: « Ego autem mendicus sum, et pauper. — Io per me son mendico, e povero ». S’egli era povero, era ben anche un eccellente mendico, che però potè dire appresso con verità: « Dominus solicitus est mei. — Il Signore ha sollecitudine di me » (Salmo 40, 18). Se tu saprai mendicare, saprai conseguentemente ossecrar come si deve. Forse che in rispetto a Dio tu puoi dire di vergognartene? Mendicare erubesco (Vangelo di Luca 16, 3). Anzi questo è il sommo onore; sapere a Dio porger suppliche onnipotenti. Tali sono le ossecrazioni.

V.

Considera, che dopo le ossecrazioni aggiunge l’Apostolo il rendimento di grazie, il quale e può farsi innanzi alle petizioni, come abbiam detto, e può farsi dopo. Tuttavia pare, che riesca più profittevole farlo innanzi: non solo perché la gratitudine, che tu mostri de’ benefizi passati, ti abilita più ai futuri, con renderti a Dio più grato; ma ancor perchè nel rammemorarti le grazie sì pubbliche, sì private, che già ti ha fatte, ti ecciti a confidare, che agevolmente abbia a fartene ancor dell’altre. E questa in fine è la disposizione più atta ad ottener da Dio tutto ciò, che da lui si vuole: la confidenza: « Miserere mei Deus, miserere mei, quoniam in te confidit anima men. — Abbi misericordia di me, o Dio, abbi misericordia di me, perché in te confida l’anima mia » (Salmo 57, 2). Or non ha dubbio, che a confidar grandemente ti eccitano tutti quei titoli, che nelle ossecrazioni furono addotti; ma finalmente tutti quei ti dimostrano, che Dio, se vuole, ha ragioni di farti grazie, ma non ti dimostrano parimente, che voglia. Sai, che cosa assai ti dimostra, ch’egli vuol fartele? Il vedere, che te le fa: e però questo più d’ogni cosa ti eccita a confidenza: « Ego clamavi, quoniam exaudisti me Deus. — Alzai a te, o Dio, le mie grida, perchè tu m’hai esaudito » (Salmo 17, 6). Ripensa adunque a tanti benefizi divini, che ti circondano, ripensa ai pubblici, ripensa ai privati. So che il pensare ai privati ti eccita a confidenza anche più, che il pensare ai pubblici; ma questo nasce da errore: perchè, se intimamente tu penetri il cuor di Dio, vedrai, che ti fa quei pubblici benefizi con quell’affetto speciale verso di te, con cui ti fa tutti quelli, che son privati: cioè te li fa, come se non avesse a farli se non a te: e però in verità son tutti privati. Rendigli dunque cordialissime grazie così dei proprii, come di quei, ch’hai comuni con tutti gli altri: e così di quei, ch’hai comuni con tutti gli altri, come de’ proprii. Se coll’occasion di questi atti tu scorgerai quanto Dio sia benefico verso te, qual dubbio c’è, che acquisterai fede somma a offerire quelle dimande, che sono il fine di tutto questo apparecchio fin qui spiegato? « In omni oratione, et obsecratione, cum gratiarum actione, petitiones vestrae innotescant apud Deum. — Con ogni sorta di orazione e di ossecrazione, unite al rendimento di grazie, presentate a Dio le vostre istanze ».

VI.

Considera, che questo modo di favellar dell’Apostolo, pare alquanto improprio, perciocchè Iddio, prima che punto lo supplichi, sa molto ben tutto ciò di che lo vuoi supplicare: Scit Pater vester, quid opus sit vobis, antequam petatis eum (Vangelo di Matteo 6, 8). E come ti si può dunque dir, che glielo notifichi? Petitiones vestrae innotescant apud Deum. Ma sai perchè questo modo di favellar ti sembra improprio? perchè non vuoi ricordarti, che Iddio, trattando coll’uomo, vuole in tutto procedere al modo umano, e però vuole, che tu gli esponga tutti i tuoi desideri, come s’egli non gli sapesse. So, che talora egli previen questa esposizione con esaudire i desideri anche semplici, come noi talvolta facciamo coi poverelli: « Desiderium pauperum exaudivit Dominus. — Il Signore ha esaudito il desiderio de’ poveri » (Salmo 19, 17); ma questo è fuori di legge. Di legge, almeno ordinaria, si è, che non gli esaudisce, se non gli vengano espressamente rappresentati: « Petite, et accipietis. — Chiedete e otterrete » (Vangelo di Giovanni 16, 24); perchè egli vuole, che gli stiamo d’intorno ad importunarlo. Questo è il suo godimento, questo è il suo giubilo. Pertanto non ti fidare con dir, che Dio già sa bene ogni tuo bisogno; perchè se tu non te gli presenti dinanzi a rappresentarglieli, sarà per te, come s’egli non li sapesse. Non sapeva il Padre Celeste tuttociò, che il suo Figliuolo umanato da lui bramava? e con tutto ciò chi può esprimere, come questo suo Figliuolo medesimo del continuo lo supplicava, « in omni oratione, e in omni obsecratione — con ogni sorta di orazione e di ossecrazione », esponendogli le sue brame? Così hai da fare ancora tu: e quando il farai, massimamente senza cessar quasi stanco dal dimandare, sii pur certo di dover venire esaudito. Ed ecco, come il ricorso a Dio supplirà per quella sollecitudine, che ti è stata vietata, come eccessiva. Chi ha commercio con Dio, è come l’albero piantato vicino a’ rivi, a’ rivi cristallini, a’ rivi correnti: non è sollecito. Giunga pur la State a sferzarlo colle sue vampe, che gli farà? Sta vicino all’acque: « Ad humorem mittit radices suas. — Distende verso l’umido le sue radici » e però, « in tempore siccitatis non erit solicitum — non gli darà sollecitudine il seccore » (Geremia 17, 8).

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