La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

MAGGIO

X. GIORNO

Dell’ignoranza nel far Orazione, ed in che consista.

 

« Spiritus adjuvat infirmitatem nostram. Nam quid oremus sicut oportet nescimus. Sed ipse Spiritus postulat pro nobis gemitibus inenarrabilibus. — Lo Spirito del Signore aiuta la nostra infermità. Poichè noi non sappiamo, come converrebbe, cosa abbiamo a chiedere. Ma lo Spirito stesso chiede per noi con gemiti inesplicabili » (Lettera ai Romani 8, 26).

 

I.

Considera come l’uomo dal suo peccato ricevè da principio quattro ferite, tutte e quattro terribilissime. La prima ferita fu nella parte intellettuale, la qual’è rimasta offesa. 1. Colla dimenticanza intorno al passato, che ci toglie di mente i benefizi ricevuti da Dio, le promesse che ha fatte ai Santi, le proteste che ha fatte agli scellerati, e così quelle ingratitudini stesse, che non abbiamo dubitato di usargli fin da’ primi anni. 2. Colla inconsiderazione intorno al presente, la quale fa, che non sappiamo discernere il vero bene dal falso. 3. Colla imprudenza intorno al futuro, la quale fa, che non sappiamo nè prevedere nè provvedere a quel male, che ci sovrasta. La seconda ferita fu nella volontà, la quale non sa risolversi ad abbracciare il ben vero, che ha conosciuto, e sprezzare il falso. La terza ferita fu nella oncupiscibile, la quale tutto dì si ribella dalla ragione a lei dominante, per darsi in preda a que’ vizi, che sono i più vili. La quarta ferita fu nell’irascibile, che si ritira dall’intraprendere opere di virtù, come hanno punto o dell’austero, o dell’ arduo. Sicchè da queste ferite ha l’uomo contratte quattro gravissime infermità, che si chiamano d’ignoranza, di malizia, di concupiscenza, e di debolezza; le quali, ogni volta ch’egli torna a peccare, s’inaspriscono orribilmente, nè mai perfettamente ne sa guarire, ancora quando egli è libero dal peccato. E pure tutto questo non è nemmeno in esso il sommo de’ mali. Il sommo è non sapere trattar col medico: perchè Dio solo è quello, che può curarlo : e pur egli non sa trattare con Dio, non sa ricorrere a Dio, non sa raccomandarsi a Dio, non sa, per dir brevemente, fare orazione. Questa ignoranza, se si pondera bene, è la nostra più deplorabile infermità; e per sollevarci da questa principalmente, è a noi donato lo Spirito del Signore, cioè lo Spirito Santo, ch’è quello Spirito, di cui qui favella l’Apostolo, quando dice : Spiritus adjuvat infìrmitatem nostram. — Lo Spirito del Signore aiuta la nostra infermità ». E perchè sappiasi, che questa infermità non è altro, che quella luttuosa ignoranza, di cui parliamo, soggiunge subito : « Nam quid oremus sicut oportet nescimus. — Poichè noi non sappiamo, come converrebbe, cosa abbiamo a chiedere ». Piaccia a Dio, che tu abbia appunto imparato fino a questa ora a fare orazione, benchè da molto vi attendi. Non l’hai imparato? Ecco chi ti ha d’aiutare : lo Spirito Santo : « Spiritus adjuvat infirmitatem nostram. — Lo Spirito del Signore aiuta la nostra infermità ».

II.

Considera in che consiste principalmente questa ignoranza intorno al fare orazione. Consiste in due cose: in non sapere ciò, che chiedere a Dio, quid oremus; e in non saper come chiederlo, sicut oportet. Perchè quantunque in generale il sappiamo, no ‘l sappiamo in particolare. Sappiamo in generale ciò che gli chiedere, quid oremus: perchè Gesù l’ha insegnato con quella prodigiosa orazione del Pater noster; ma no ‘l sappiamo in particolare. 1. Sappiamo, ,che dobbiamo innanzi ad ogni cosa pensare al nostro ultimo fine, che è Dio; con dimandar prima quello, che è di suo bene, ch’è la sua gloria; e con dimandar poi quello, che è di ben nostro, che è la nostra beatitudine. Ma no ‘1 sappiamo in particolare. Perchè quanto alla gloria sua, che chiediam con quelle parole: « Sanctificetur nomen tuum — Sia santificato il nome tuo », non sappiam qual sia quella gloria, ch’egli di presente più ami. Crederem che voglia questa gloria da altri, e la vorrà piuttosto da noi. Crederem che voglia questa gloria da noi, e la vorrà piuttosto da altri : « Numquid tu aedificabis mihi domum ad habitandum? — Forse tu m’innalzerai una casa per abitarvi? » (Secondo libro dei Re 7, 5). E quanto alla beatitudine nostra, che chiediamo con quelle altre parole, « Adveniat regnum tuum — Venga il regno tuo », non sappiamo quando sia meglio che ce la doni. Stimeremo ch’or ci sia meglio il morire, ed è meglio il vivere. Stimeremo che sia meglio il vivere, ed è meglio il morire : « Quid eligam, ignoro. Coarctor autem duobus, etc. — Non so che scegliere. Son messo alle strette da due lati ecc. » (Lettera ai Filippesi 1, 23). 2. Sappiamo in generale, che chiesto a Dio il nostro fine, è giusto chiedergli i mezzi, i quali conducono a questo fine, o direttamente per via di merito, com’è l’adempimento della sua santissima volontà, o indirettamente per via di aiuto, come il provvedimento di quello, ch’è necessario alla vita sì corporale, come spirituale per sostentarla. Ma no ‘l sappiamo in particolare. Perchè quanto all’adempir la sua volontà, Fiat voluntas tua, non sappiamo sempre sì precisamente qual sia questa sua volontà, che da noi deve adempirsi. Penseremo richiedersi, che ci diamo alla vita attiva, ed egli intende, che ci applichiamo alla contemplativa. Penseremo richiedersi, che ci applichiamo alla vita contemplativa, ed egli intende, che ci diamo all’attiva : « Est via, quae videtur homini justa; novissima autem ejus ducunt ad mortem. — Vi ha una strada, che all’uomo sembra diritta; ma la sua fine mena a morte » (Proverbio 14, 12). E quanto all’esser provveduti di quello, che ci bisogni per vivere : « Panem nostrum quotidianum da nobis hodie, etc. — Dacci oggi il nostro pane quotidiano », non sappiamo in particolare, qual sia quella misura di pane quotidiano, che a noi convenga, sì quanto al corpo, come quanto allo spirito. Giudicheremo, che ci sia meglio patir penuria, e per noi forse è meglio abbondare. Giudicheremo, che ci sia meglio abbondare, e forse per noi meglio è patir penuria : « Quid necesse est homini majora se quaerere, cum ignoret quid conducat sibi in vita sua numero dierum peregrinationis suae? — Che bisogno ha egli l’uomo di cercare quello ch’è sopra di lui, mentre non sa quello, che sia per essergli utile nella sua vita pe’ giorni tutti di suo pellegrinaggio? » (Qoèlet 7, 1). 3. Sappiamo in generale, che dopo aver a Dio richiesti i mezzi, che ci conducono al conseguimento del nostro ultimo fine, dobbiamo chiedergli parimente, che tolga tutti gli ostacoli, i quali ce lo impediscono, che si riducono a tre, ai peccati, alle tentazioni, alle traversie. I peccati si oppongono al fine stesso direttamente: le tentazioni e le traversie si oppongono ai mezzi: le tentazioni ai più principali, le traversie ai men principali. Ma poi non sappiamo neppur altro in particolare. Perchè quanto a’ peccati, in ordine a cui diciamo: « Dimitte nobis debita nostra — Rimetti a noi i nostri debiti »; è vero, che questi assolutamente ci rubano il nostro Dio, ma non sappiamo precisamente quali sian quei, che più d’ogni altro ce ‘1 rubino, quegli di cui dobbiamo più compungerci, quegli di cui dobbiamo più confessarci: « Delicta quis intelligit? — Chi è che conosca l’enormità de’ peccati? » (Salmo 19, 13). Quanto alle tentazioni, in ordine a cui diciamo: « Et ne nos inducas in tentationem — E non ci indurre in tentazione »; è vero, che queste ci vogliono distornar dall’adempimento del santo voler divino; ma non sappiamo, quali sian per noi le dannose; mentre altre ci possono essere profittevoli; « Sufficit tibi gratia mea; nam virtus in infirmitate perficitur. — Basta a te la mia grazia, perchè la virtù si perfeziona nell’infermità » (Seconda lettera ai Corinzi 12, 9). E quanto alle traversie, in ordine a cui diciamo : « Libera nos a malo — Liberaci dal male »; è vero che queste ci vogliono spogliar di quei beni, che sono convenienti a sostentare la vita sì corporale, come spirituale, ma non sappiamo, quali sien quelle, che ci sian di discapito; mentre altre per contrario si possono rivoltare a nostro maggior guadagno: « Vos cogitastis de me malum, sed Deus vertit illud in bonum. — Voi formaste contro di me cattivi disegni, ma Dio li convertì in bene » (Genesi 50, 20). Sicché tu vedi, che benchè siamo stati da Cristo stesso ammaestrati tanto bene ad orare, con tutto ciò non sappiamo in particolare ciò che ci chiedere: quid oremus nescimus: appena lo sappiam così in generale, tante sono quelle tenebre d’ignoranza, che ne circondano : Viro cujus abscondita est via, et circumdedit eum Deus tenebris (Giobbe 3, 23). E ciò che s’è detto rispetto alla sostanza di ciò, che dobbiam chiedere, si deve intendere ancora rispetto al modo, « sicut oportet — come converrebbe ». Perchè lo sappiamo in generale, avendo detto se non altro San Giacomo, che « qui postulat, postulet in fide, nihil haesitans. — Colui che chiede, chieda con fede senza nulla esitare » (Lettera di Giacomo 1, 6). Ma nol sappiamo in particolare, non essendoci affatto noto, se abbiamo dentro noi quella fede, che si ricerca, o quella riverenza, o quella rassegnazione; tanta è la pravità del cuor nostro: « Pravum est cor hominis, et inscrutabile, et quis cognoscet illud? — Pravo è il cuor dell’uomo, ed inscrutabile, e chi lo conoscerà? » (Geremia 17, 9). Chi dunque aiuterà la tua infermità, perchè tu chiegga « quid oportet, et sicut oportet? — Cosa conviene, e come conviene? ». Già l’hai sentito : lo Spirito del Signore; « Spiritus adjuvat infirmitatem nostram. — Lo Spirito aiuta la nostra infermità ».

III.

Considera tuttavia, prima di venire a ciò, qual sia la ragione, per la qual Cristo, volendo lasciare in Terra la norma d’una Orazione, che fosse così perfetta, non discese a dimande particolari, ma si contenne così sulle generali, come abbiam detto. La ragion fu, perchè volea lasciare la norma d’una orazione comune a tutti: e posto ciò, come hai potuto vedere, non si può figurare nè la più retta per le dimande, nè la più regolata per la disposizione. Nel resto egli medesimo protestò, che dappoi, ch’egli fosse salito al Cielo, sarebbe di là sceso in suo nome chi suggerisse ciò, che di vantaggio lasciava di palesare; e tale esser dovea lo Spirito Santo: « Haec locutus sum vobis apud vos manens; Paraclitus autem Spiritus Sanctus, quem mittet Pater in nomine meo, ille vos docebit omnia. — Queste cose ho dette a voi conversando tra voi; il Paracleto poi, lo Spirito Santo, che il Padre manderà nel nome mio, egli v’insegnerà ogni cosa» (Vangelo di Giovanni 14, 25). Sicchè lo Spirito Santo a questo fine è principalmente disceso sopra di noi, a compir quei bellissimi insegnamenti, che ci die’ Cristo. Così volle Cristo medesimo, per mostrarci, che ad aiutar l’ignoranza nostra in orare, ch’è quella infermità così grave, che ci maltratta, non è bastevole qualsivoglia sapienza ancora più eccelsa, ci vuole amore; « Spiritus adjuvat infirmitatem nostram. — Lo Spirito del Signore aiuta la nostra infermità ». Si sa, che Cristo tu donato al Mondo dal Padre, quasi Maestro, il quale in genere desse lezioni a tutti: Dedi eum Praeceptorem Gentibus (Isaia 55, 4). Lo Spirito Santo ci fu ottenuto da Cristo, qual cortese Ripetitore, a spiegare sì gran lezioni; « Suggeret vobis omnia quaecumque dixero vobis. — Vi ricorderà tutto quello che io vi avrò detto » (Vangelo di Giovanni 14, 26). E però allo Spirito Santo non solo tocca adattarle alla capacità di ciascuno in particolare, ma parimente al bisogno. Ora perchè la tua mente dalla soverchia materia non resti oppressa, meglio fia qui di mettere con ciò termine alla Meditazione presente. Nella seguente diremo, qual sia quel modo, che tien lo Spirito Santo nella nostra orazione per aiutarci, e spiegheremo le parole, che restano.

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