La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

LUGLIO

 

X. GIORNO

Stoltezza di coloro, i quali cercano cose superiori alla loro condizione.

 

« Quid necesse est homini majora se quaerere, cum ignoret quid conducat cibi in vita sua numero dierum peregrinationis suae, et tempore, quod velut umbra praeterit? — Che necessità ha egli l’uomo di andar cercando cose maggiori di sè: mentre non sa cosa gli giovi nella sua vita, cioè, nel numero de’ giorni di suo pellegrinaggio, e nel tempo, che passa qual ombra? » (Qoèlet 7, 1).

 

I.

Considera, che in questo luogo vengono tacciati dal Savio tutti gli ambiziosi, tutti gli avari, e tutti coloro, che come si usa principalmente nel Mondo, cercano cose superiori allo stato, in cui Dio gli ha posti : perciocchè questi cercano tutti cose maggiori di loro : majora se. Ma perchè maggiori di loro? Forse perchè cercano cose superiori alla loro condizione? No : perchè ciò non basta a far che le cose sieno maggiori di loro, meritando talora molti di essi condizione più avventurosa, e più alta di quella, in cui si ritrovano. Cercano cose maggiori di loro, perchè cercano cose superiori alla loro capacità. Che voglio significare? Tutti coloro, che non contenti dello stato presente si studiano di avanzarlo, cercano senza dubbio cose future. Adunque cercano cose superiori alla loro capacità. Conciossiachè, sanno essi, se il conseguirla abbia loro da giovare più, che da nuocere? Questo è noto a Dio solamente, il quale ha ordinata nella sua mente la serie della loro predestinazione. Può essere, che quell’impiego, quella dignità, quel danaro, quel parentado ch’essi cercano tanto affannosamente, abbia a portare la loro eterna rovina. Adunque sono tutti stolti a cercarlo con tale affanno. E però qui dice il Savio, ridendosi di costoro: Quid necesse est homini mafora se quaerere, cum ignoret quid conducat sibi in vita sua numero dierum peregrinationis suae? Il testo originale nella sua fonte, dice « futura quaerere —il cercar cose future »; ma il nostro Interprete divinamente ha tradotto « majora se — maggiori di sè », perchè queste sopra tutte sono le cose superiori alla umana capacità, le cose future. Dio solo sa qual sia la via, per cui dobbiamo finalmente salvarci. Però come un pellegrino, che nato esule in qualche lontan Paese, non sa la strada di condursi alla Patria, convien che lasci guidarsi da chi la sa; così conviene che tu parimente ti lasci guidar da Dio, o da chi tiene presso te sulla terra il luogo di Dio, nella Chiesa dal tuo Prelato, nel Chiostro dal tuo Preposito, nel Secolo dal tuo Padre Spirituale. Questa è la regola vera. Che sciocchezza dunque è la tua, mentre non solamente vuoi regolarti di tuo capriccio, ma avanzarti a dispetto di Dio, arricchire a dispetto di Dio, tesser da te, quasi a dispetto pure di Dio medesimo, la tua tela! Contentati dello stato, in cui Dio ti ha posto: o se pur nulla hai talora da ricercare, fallo con la scorta fedele dell’ubbidienza. Allora sarai sicuro: « Qui custodit praeceptum, non experietur quidquam mali. — Chi osserva i precetti non proverà verun male » (Qoèlet 8, 5). Non solo « non experietur — non proverà » di presente, perchè opera santamente, ma nemmeno « experietur —proverà » di futuro, perchè opera sicuramente. Se tu campassi cent’anni, non verrà mai tempo alcuno, in cui l’avere ubbidito ti sia notevole. Oh che conforto Divino!

II.

Considera, che quando ancora non ti avesse da nuocere il conseguire quei posti, che tu procuri, qualor vivi a disegno, ti nuoce almeno il cercarli. E la ragion è : perchè il cercarli ti distoglie troppo il pensiero da ciò, che importa, ch’è il negozio della tua eterna salute, negozio ahi quanto dubbioso! Tu non sai ciò, che più ti debba giovare ad assicurarlo, quid conducat tibi; e per conseguente non dovresti fare altro mai, che studiar intorno ad un affare, ch’è sì importante. Qui si dovrebbono tutte unir le tue cure, qui i pensieri, qui le parole, qui i desiderii; laddove tu cercando cose sulla terra difficili a conseguirsi, quali sono i posti più alti, convien di necessità, che trascuri a gran segno quello che importa, per quello che non importa. E non è meglio impiegare in pro dell’anima tua quella sollecitudine, e quello studio, che impieghi in cose terrene con tanto ardore? « Quid necesse est homini majora se quaerere, cum ignoret quid conducat sibi in vita sua numero dierum peregrinationis suae? — Che necessità ha egli l’uomo di andar cercando cose maggiori di sè, mentre non sa cosa gli giovi nella sua vita, cioè, nel numero de’ giorni di suo pellegrinaggio? ». Chi è pellegrino non si logora sulla strada in faccende inutili, bada solo a quel ch’è il suo fine, ch’è d’arrivare con sicurezza alla patria : a ciò pensa, di ciò parla, di ciò richiede: delle altre cose non affannasi punto : gli basta per la via un alloggio ordinario, un vestito ordinario, un vitto ordinario, una servitù da meno ancor che ordinaria : e per qual cagione? perchè non ha tempo da perdere : è pellegrino. Tu sulla terra sei pellegrino : no ‘l sai? La tua patria è il Cielo. Adunque impiega il tempo in apprendere ciò che importa, ch’è la via per te più sicura di pervenirvi. Nel resto, « Quid necesse est homini majora se quaerere, cum ignoret quid conducat sibi in vita sua? — Che necessità ha egli l’uomo di andar cercando cose maggiori di sè, mentre non sa cosa gli giovi nella sua vita? ». S’egli sapesse « quid conducat — ciò che gli giova », cioè « quid conducat — ciò che gli giova » a conseguir la salute eterna, pur pure, potrebbe allora con minor pregiudizio impiegare il suo tempo in altro, ma non sapendolo, badi ad apprenderlo bene. Ciò sol importa : Porro unum est necessarium. Quindi è che il Savio non dice: « quid prodest homini majora se quaerere — che giova all’uomo il cercar cose maggiori di sè », dice « quid necesse est — che necessità ha egli? ». E perchè dice così? Perchè presuppone, che l’uomo sulla terra non abbia a fare, se non ciò che gli è necessario, ch’è operar l’eterna salute.

III.

Considera, che a tutto questo si aggiugne, che il tempo è poco, perchè trattasi non di secoli, no, ma di meri giorni, i quali costituiscono la tua vita, numero dierum. E come dunque ti dà cuore di perderlo in cercare altro da quello che va cercato? L’acqua negli assedii, perchè ella è poca, si compera a peso d’oro; e così pure il frumento nella carestia, il fieno nella siccità, il ferro nella scarsezza, le droghe nella penuria; e tutte a proporzione l’altre merci, benchè volgari, ascendono, se son poche, ad un prezzo sommo. E perchè dunque presso te solo il tempo non vi ha da ascendere, che pure per se medesimo è sì prezioso? Odi a che termini è stretta la vita umana : « numero dierum — nel numero di giorni ». Nè credere già di poter sull’ultimo pregar Dio, che ti allunghi un tal numero, perchè s’è numero, dunque egli è già stabilito : che però il Savio non ha qui, come poteva, voluto dire « diebus peregrinationis — ne’ giorni di pellegrinaggio »; ma « numero dierum — nel numero de’ giorni », perchè tu sappia, ch’è vano sperar di accrescerli. Tutte le cose hanno il suo numero certo dinanzi a Dio; e così l’hanno anche i giorni della tua vita : « Notum fac mihi Domine numerum dierum meorum ut sciam quid desit mihi. — Fammi conoscere, o Signore, il numero de’ miei giorni, onde sappia quanti me n’avanzino » (Salmo 39, 5). Adunque in questo solo impiegali tutti, in camminare per via sicura alla patria, perchè son pochi, e perchè son precisi. Così appunto fa un pellegrino, il quale ha da arrivare al paese dentro di un breve termine a lui prefisso sotto pena di decader dall’eredità. Oh come affannasi per pigliar anzi vantaggio, sicchè il tempo più abbiaglì da avanzare, che da mancargli!

IV.

Considera, che un tal tempo non solo è sì poco, non solo è sì preciso, come or sì dicea, ma è ancor veloce qual ombra; che però il Savio dopo aver detto « numero dierum peregrinationis suae — nel numero de’ giorni di suo pellegrinaggio », conchiude così: « et tempore quod velut umbra praeterit — e nel tempo che passa qual ombra ». Ma perchè qui dice che il tempo passa qual ombra, e non piuttosto qual corriere per i piani, che mai non posa, qual vascello per acqua, qual uccello per aria, quale strale che voli uscito dall’arco? Lo vuoi sapere? Perchè passa con somma velocità, e nondimeno tu giudichi che stia fermo. E questo ha l’ombra di proprio. Il corrier, che passa a recar nuova della vittoria, passa velocemente, ma molto ben dà a scorgere a chi lo guarda, che va veloce; il vascello passa veloce, ma te ne avvedi; l’uccello passa veloce, ma te ne avvedi; lo strale passa veloce, ma te ne avvedi; e così del resto. Ma non così passa l’ombra. Riguarda l’ombra dell’orologio solare, ch’è quella, la qual ti segna di mano in mano il passar del tempo. Passa con velocità infinitamente maggiore, non solo di queste cose pur ora dette, ma ancor di una forte palla di colobrina perchè è indubitato, che l’ombra seguita sempre con la sua proporzione il moto del Sole, da cui dipende, senza che ci sia mai pericolo che si fermi, se per miracolo non si venga a fermare l’istesso Sole. Ma chi non sa, che la velocità del moto del Sole è velocità superiore ad ogni credenza? Basti dir che dentro lo spazio d’un’ora sola egli compisce più di un milione di miglia. E alla velocità di un tal moto corrisponde sempre con la proporzione, ora detta, su la sua sfera il moto dell’ombra. E pure guardavi fisso quanto a te piace, neppur ti avvedi, che muovasi : tanto in essa il suo moto, per la piccolezza del sito, in cui si riduce, è moto insensibile. Or così appunto è del tempo : Velut umbra praeterit; passa come passa quell’ombra, che lo misura, velut umbra qua indicat ipsum tempus, perchè a quella sola egli è conforme nel moto. E così passa con velocità prodigiosa, ma passa insieme di modo, che tu prima ti accorgi, che sia passato, di quel che ti accorga che passi. Chi può però dire quanto grave è il rischio di perderlo inutilmente se non badi? Adunque sei tanto più tenuto a badarvi. Il pellegrino, massimamente se si trovi in angustie, nessuna cosa ha in pregio maggior del tempo. Lo ruba al sonno, lo ruba ai complimenti, lo ruba alle conversazioni, lo ruba alla curiosità, lo ruba all’istessa mensa, nè ciò per altro, se non perchè egli è pellegrino. Tal sei tu pure. Sei pellegrino, e pellegrino che tendi ancora ad un termine, dove se non entri in quell’ora, che il Signore ti ha prefissa per tua salvezza, tu sei spedito; non c’è pericolo che più v’entri in eterno. Adunque mira se v’è tempo da perdere sulla terra come fanno tanti ambiziosi, tanti avari, tanti uomini dati tutti a procurar gl’interessi di questo misero Mondo, dove sanno pur essere di passaggio. Ma se un tal tempo non vi è, adunque adesso intenderai bene il senso delle parole che mediti : « Quid necesse est homini majora se quaerere, cum ignoret quid conducat sibi in vita sua? — Che necessità ha egli l’uomo di cercar cose maggiori di sè, mentre non sa ciò che gli giovi nella sua vita? », definita con questi aggiunti, « numero dierum peregrinationis suae, et tempore, quod velut umbra praeterit — nel numero de’ giorni di suo pellegrinaggio, e nel tempo che passa qual ombra ».

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