La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

SETTEMBRE

 

III. GIORNO

Modo di cercar Dio, e dove dimori generalmente.

« Medium vestrum stetit, quem vos nescitis. — Sta dentro di voi uno, che voi non conoscete » (Vangelo di Giovanni 1, 26).

 

I.

Considera quanto sia grande l’error di alcuni, i quali cercano Dio, come se fosse da loro lontano assai; e con sospiri, con lagrime, con lamenti, vorrebbero pure una volta tirarlo a sè, mentre lo hanno dentro se stessi. A questi sì che può dirsi con verità: « Medium vestrum stetit quem vos nescitis — Sta dentro di voi uno, che voi non conoscete ». Fanno questi ad usanza di quegli stolti, i quali hanno la fonte in casa, ed affine di attingere vanno fuori. Anzi se sono fuori, bisogna che se ne tornino tosto dentro, si raccolgano, si ritirino: così avranno in sè subito ritrovato ciò che vanamente cercavano fuori di sè, vagando per le vie pubbliche. Tal è la regola vera. Che fai tu dunque che non cominci a valertene? Se vuoi trovare il Signore, affine di unirti a lui con facilità, non andar tanto scorrendo con l’immaginazione fuori di te medesimo : perchè è vero che le creature te ‘l possono dimostrare, ma spesso ancor ti divertono, ti distolgono: e poi, che possono far di più, che accertarti che tu l’hai dentro di te? Adunque piuttosto internati bene addentro nell’intimo del cuor tuo, procurando di capir come cosa indubitatissima, che quivi hai tutto il tuo Dio, vivo, e vero, senza necessità di cercarlo altrove: e allora ti sarà facile di star sempre alla sua presenza, come fan quei giusti, i quali emoli de’ Beati, procurano di non perderlo mai di vista. Non è una somma vergogna, che il Signore sia stato da tanto tempo dentro di te, e che tu appena giunga ancora a saperlo? « Tanto tempore vobiscum sum, et non cognovistis me? — Per tanto tempo sono con voi, e non mi avete conosciuto? » (Vangelo di Giovanni 14, 9).

II.

Considera, che questa parola Nescire ha nelle divine Scritture doppio significato; l’uno appartiene all’intelletto, e significa non conoscere: « Nesciunt eum, qui misit me. — Non conoscono colui che mi ha mandato » (Vangelo di Giovanni 15, 21). L’altro appartiene alla volontà, e significa non curare: « Nescio vos. — Non so chi siate » (Vangelo di Matteo 25, 12). E nell’uno, e nell’altro senso può prendersi in questo luogo, che tu contempli. Perciocchè Cristo dimorava appunto nel cuore della Giudea, e nondimeno i più d’essi nol conoscevano; e quei che lo conoscevano, nol curavano, stimandolo un uomo semplice come gli altri. L’istesso par che succeda rispetto a te. Hai del continuo il tuo Signore nell’intimo del cuor tuo, e tuttavia nescis illum: nescis perchè noi conosci, e nescis perchè nol curi. Qual maraviglia è però, se tanto poco ti avanzi nell’acquisto della virtù? « Non est Deus in conspectu ejus — Non pensa alla presenza di Dio » : « inquinatae sunt viae illius in omni tempore — le di lui vie sono sempre contaminate » (Salmo 10, 26). Nel resto, come mai sarebbe possibile, che se tu fossi sempre presente a Dio, com’egli è presente a te, t’inducesti a far cosa di suo disgusto? Chi è, che al cospetto medesimo del suo Re ardisca di fare un atto, non di fellonia, ma nè anche d’irriverenza, o d’inciviltà? Però se vuoi per via spedita arrivare alla perfezione, questo hai da fare; darti a cotesto esercizio della Divina presenza, che tutti i Santi raccomandano tanto, non solo come importante, ma necessario : « Ambula coram me, et esto perfectus. — Cammina alla presenza mia, e sii perfetto » (Genesi 17, 1). Che se pur brami saper più distintamente in che consista un tale esercizio, non accade che il vadi a cercar da lungi. Consiste in far l’opposto di ciò che significa la parola nescire, consiste in conoscere il Signore, e in curarsene. Consiste in applicare ben l’intelletto a conoscere, com’egli veramente dimora dentro di noi; e consiste in applicare la volontà a corrispondergli con quegli affetti divoti, che verso lui manderà tosto dall’intimo chi lo curi.

III.

Considera in qual maniera abbi da applicar l’intelletto a conoscere che il Signore dimora dentro di te. L’hai da applicare a conoscerlo soprattutto per via di Fede, credendo veramente che così è, perchè la Fede lo insegna : « Non longe est ab unoquoque nostrum. — Non è lungi da ciascheduno di noi » (Atti degli Apostoli 17, 27). Questa è via più facile assai, che non è quella di un’attenta immaginazione, ed anche più fruttuosa. Ma affinchè meglio tu ti disponga con l’intelletto ad apprendere ciò che credi, hai da presupporre, che il Signore dimora dentro di te, come appunto dimora un Re nel suo Regno. Il Re nel suo Regno dimora col suo essere sostanziale, dimora con la notizia ch’egli ha di tutto, e dimora con la potenza che quivi esercita. E così il Signore dimora dentro di te. Il primo modo si è quello dell’essere, perchè Dio sta dentro di te, come nel suo Regno sta quel Re che risiede personalmente, e non per mezzo di un suo Luogotenente reale: se non che il Re non risiede personalmente in qualunque parte del Regno, ma in una sola, e Dio risiede in qualunque parte di te. Il secondo modo si è quello della notizia; perchè come il Re sa tutto quello che si opera nel suo Regno; e però dicesi ch’egli è presente a tutto : così Dio sa tutto quello che si opera dentro te: se non che il Re, se veramente sa tutto, lo sa perchè gli vien riferito dagli altri, e Dio lo sa perchè il vede cogli occhi proprii. Il terzo modo si è quello della potenza; perchè come il Re può disporre dentro il suo Regno di ciò che vuole a suo beneplacito, così pur Dio può disporre dentro di te : se non che il Re non può operar se non poco da se medesimo, e Dio opera tutto. Ed ecco ciò, che ti vuol far bene intendere chi ti dice : « Medius vestrum stetit quem vos nescitis — Sta dentro di voi uno, che voi non conoscete ». Non dice Medius, per assegnar solamente il sito locale che il Signor occupa, perchè questo è illimitato; ma il signorile. Si dice ch’egli è nel mezzo, perchè da per tutto può giugnere in egual forma; come fa quel Re, che risiede appunto nel cuore del suo Reame. E s’è così, come dunque è giammai possibile che tu lo perda di vista? Mira che Re amorevole è il Signor tuo! Affinchè non ti scusassi con dire, che non puoi giugnere fin su le stelle a trovarlo dentro il suo Regno, egli ha collocato il suo Regno dentro di te : « Ecce Regnum Dei intra vos est. — Ecco che il regno di Dio è già in mezzo a voi » (Vangelo di Luca 17, 21).

IV.

Considera in qual maniera abbi ad applicar parimente la volontà, e dimostrar che ti curi del Signor tuo, nè vuoi lasciarlo dentro di te solitario, quasi Re derelitto nel suo Reame. L’hai da applicare con la frequenza degli affetti divoti, che devi sfogar tra ‘l giorno verso di lui, come sono quelli di adorazione, di amore, di offerta, di glorificazione, di gaudio, di ringraziamento, di confusione, di contrizione, ed altri lor simili : ma sopra tutto l’hai da applicare con la frequenza della sua invocazione. Così lo tratti veramente da Re, perchè così gli dimostri la dipendenza somma che da lui tieni. Invocalo perchè ti diriga nelle tue vie, invocalo perchè ti corrobori nelle tue tentazioni, invocalo perchè ti conforti ne’ tuoi travagli, invocalo perchè ti arricchisca nella tua povertà, invocalo perchè con modo speciale si degni di assisterti all’ora della tua morte, giacchè tale appunto può esserti ciascun’ora. Il Signor, come buono, non altro brama che di far grazie; ma come Re, vuole anch’essere supplicato. Tal è quell’esercizio della Divina presenza, che agevolmente può essere in uso a tutti. Però due motivi ti hanno singolarmente da spignere a praticarlo. L’uno è la gratitudine, l’altro è la necessità. La gratitudine : perchè il Signore sta sempre dentro il cuor tuo tutto intento a beneficarti. E posto ciò, non è dunque giusto, che se incessantemente egli pensa a te, tu pensi pure a lui, non dico incessantemente, perchè tanto non ti è donato, ma almeno insaziabilmente? La necessità: perchè come tu perdi il tuo Dio di vista, sei come terra, la quale abbia perduto, per qualche alto riparo, di vista il Sole: non sei più atto a produr nè fiori, nè frutti, ma pure ortiche: « Quasi hortus voluptatis terra coram eo, et post eum solitudo deserti. — La terra, che al venire di lui era un paradiso di delizie, la lascia devastata e deserta » (Gioele 2, 3).

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