La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

NOVEMBRE

 

XXVIII. GIORNO

Sopra l’Inferno.

« Congregabo super eos mala, et sagittas meas complebo in eis. — Congregherò sopra loro i mali, e compirò in loro le mie saette » (Deuteronomio 32, 23).

 

I.

Considera come tutti i mali di questo mondo per acerbi, o per afflittivi, ch’eglino sieno, non meritano interamente il nome di mali, perchè non sono mai mali puri: sempre hanno in sè qualche mescolamento di bene, che, se non gli compensa, almen li condisce: Contro malum bonum est (Ecclesiastico o Siracide 33, 15). Nell’Inferno non è così. Nell’Inferno tutti i mali sono purissimi. E però favellando Iddio de’ dannati, dice qui con un’ enfasi così grande: « Congregabo super eos mala —Congregherò sopra loro i mali ». Non dice distintamente nè veleni, nè squarci, nè scottature, nè qualunque altro di quei supplizi che danno ai rei sulla terra i tormentatori; perché tu potresti allor figurarti contra i veleni gli antidoti, contra gli squarci i balsami, contra le scottature i bagnuoli, e contro qualunque altro supplizio almen la morte, che porta ancor essa un bene non lieve a’ mali, che è l’aver fine. Dice mali, perchè figurandoti nell’ Inferno e veleni, e squarci, e scottature, e quanto altro potrai tu immaginarti di doloroso, ti fermi quivi, non vi congiungi alcun bene, perchè per li dannati non v’è: « Ecce ego vigilabo super eos in malum, et non in bonum —Veglierò sopra di essi a loro danno, non per loro bene » (Geremia 44, 27), disse il Signore. « Vigilabit in malum — Veglierà a loro danno » perchè farà loro provare l’amarezza del pianto : ma « non in bonum — non per loro bene », perchè non lascierà che ne provino il refrigerio. Vigilabit in malum, perchè farà loro provare le angustie della prigionia, ma non in bonum, perchè non lascierà che ne provino la ritiratezza. Vigilabit in malum, perchè farà loro provare le tenebre della notte, ma non in bonum, perchè non lascierà che ne provino i silenzi, i sonni, i riposi, neppur di un solo momento. Almen potessero quegl’ infelici sperare che dopo milioni, milioni, e milioni di secoli i lor mali venissero ad aver fine. Ma nemmen ciò. « Vigilaret —Veglierebbe » allora sopra di loro il Signore, non solo in malum ma ancora in bonum, quando pensasse a fare arrivar quel termine. Se si vuole che i mali sien mali puri, convien che chi gli patisce sia sicurissimo, che dovranno essere eterni. « Et dixi: Periit finis meus. — E dissi: per me è sparito ogni termine » (Lamentazioni 3, 18). Eterno pianto, eterna prigionia, eterne tenebre, eterne fiere, eterno fuoco, e sopratutto eterna disperazione di veder quella bella faccia di Dio, per la quale nacquero : « Poenas dabunt in interitu aeternas a facie Domini. — Pagheranno eternamente il fio nella perdizione lungi dalla faccia del Signore » (Seconda lettera ai Tessalonicesi 1, 9). E tu a questo pensier non ti raccapricci? Quando tu provi sulla terra alcun male, ti consoli fra te con rammemorarti, che i mali se sono gravi, non sono lunghi, se sono lunghi, non sono gravi. Nell’Inferno è perito un tal genere di conforto : perchè ivi non v’è mal grave, che non sia eterno, e non v’è, nè può esservi male eterno, che non sia grave.

II.

Considera, che come i mali di questo mondo non sono puri, così non possono in un uomo medesimo, per mal condotto, o mal andato che sia, radunarsi tutti, ma vanno quasi per la terra dispersi a trovare albergo. Chi soggiace ad uno di essi, non soggiace all’altro: massimamente essendo molti mali tra lor contrari, come sono caldo, e freddo, vigilia, e letargo, vermi, e lebbre, che naturalmente non possono stare insieme in atto di tormentare un istesso corpo. Ma nell’Inferno tutti i medesimi mali, tra lor più opposti, conspireranno per virtù Divina a supplizio de’ condannati, e però il Signore parimente qui dice: Congregabo super eos mala: perchè que’ mali che son quassù ripartiti, anzi ripugnanti, laggiù son tutti da Dio chiamati ad unirsi tra loro in lega. Vero è, che il Signore non dice qui « convocaho — adunerò », dice « congregabo — congregherò affinchè sappiasi ch’ ivi non si tratta di semplice adunamento, ma di caricamento, e di calca: « Congregare ut bruchus. — Raduna gente in tanto numero come i bruchi » (Naum 3, 15). E qual male può non ritrovarsi in un baratro, dove il Signore ha loro costituito per tutti i secoli il loro centro? « locum tormentorum — luogo di tormenti » (Vangelo di Luca 16, 28). L’unico bene, che potesse quivi restarti, sarebbe l’essere. Ma questo medesimo ti si cambierà miserabile in un mal sommo, se tu laggiù lasci mai tirarti dal peso de’ tuoi peccati, essendo molto minor male il non essere, che l’essere in tanti mali. Che farai dunque? Procurerai di non essere? Non si può: « Non est in illis medicamentum exterminii. — Non vi è in essi veleno sterminatore » (Sapienza 1, 14). Convien essere, ed essere sempre reo, sempre in pianti, sempre in prigione, sempre in potere di quante furie ha l’Inferno: che però pur dice il Signore: « congregabo super eos mala — congregherò sopra loro i mali » : non « contra eos — contra loro », ma « super eos — sopra loro », perchè sappi, che in tutti i secoli tu non potrai divenire giammai superiore ai mali: sempre dovranno i mali restar superiori a te : « Avellatur de tabernaculo suo fiducia ejus — Sia tolta ogni sua fidanza dalla sua casa », cioè « fiducia evadendi, et calcet super eum, quasi rex interitus — fidanza di sottrarsi, e lo premia col piede, qual sovrana, la morte » (Giobbe 18, 14).

III.

Considera come finalmente dice il Signore, che ne’ dannati verrà egli a compire le sue saette: Sagittas meas complebo in eis. Per sue saette sono qui intese da lui quelle maledizioni, che a modo di minacce egli fulmina tutto dì contro gli empii per bocca de’ suoi predicatori, e de’ suoi profeti, quand’ essi gridano : « Quod si audire nolueris vocem Domini Dei lui, venient super te omnes maledictiones istae, et apprehendent te — Che se non vorrai ascoltare la voce del Signore tuo Dio, verranno sopra di te tutte queste maledizioni, e t’investiranno » (Deuteronomio 28, 15), come già gridava Mosè. Alcuni spaventati da esse, e però compunti, e contriti, si umilian subito ad addimandare mercè: e Dio allora toglie a saette tali la forza ch’avean di nuocere a’ peccatori, e le rivolta addosso ai loro nemici, cioè ai demoni, che gli sedussero al male: « Cum ductus poeniludine cordis lui, reve.rsus fueris ad eum, etc. omnes maledictiones has convertet super inimicos tuos, et eos qui oderunt te, et persequuntur. — Quando, pentito in cuor tuo, ritornerai a lui, rovescierà tutte queste maledizioni sopra i tuoi nemici, e sopra quelli, che ti odiano, e ti perseguitano » (Deuteronomio 30, 7). Altri di cuore ostinato, a tali saette non si atterriscono punto, anzi tra sè or le disprezzano, or le deridono, quasi bravate in credenza, con dire altieri : « Non veniet super nos malum. — Non verrà il male sú di noi » (Geremia 5, 12). E contro questi però qui esclama il Signore, che finalmente farà loro veder se le adempirà, e le adempirà tutte insieme, pienamente, perfettamente: « Et sagittas meas complebo in eis. — E contro di essi scoccherò le mie saette ». A sette si riducono le saette, che i Santi osservano aver Iddio scaricate sopra il corpo dell’uomo per lo peccato: e sono fame, sete, caldo, freddo, lassezza, infermità, e morte. Queste son saette comuni a quanti hanno mai peccato in Adamo. Ma sulla terra non son saette compite, sono spennate, sono spuntate, e però non fanno alta piaga. Ma nell’Inferno, oh come queste medesime voleran tutte cariche di vigore a ferir ogn’empio! « Inebriabo sagittas meas sanguine — Inebrierò di sangue le mie saette » (Deuteronomio 32, 42), e però i dannati son quelli, sopra de’ quali dice propriamente il Signore che le compirà: Complebo in eis, perchè sopra quelli egli farà avere ad esse tutto l’effetto. E tu peccando sai che ti aspetta un luogo di tanto orrore, e tuttavia seguiti a peccar come quelli che nulla credono?

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