La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

AGOSTO

 

XXI. GIORNO

Tale sarà il premio quali saranno le opere.

« Quae seminaverit homo, haec et metet. Quoniam qui seminat in carne sua, de carne et metet corruptionem: qui autem seminat in spirito, de spirito et metet vitam aeternam. — Quello che l’uomo avrà seminato, quello ancora mieterà. Onde chi semina nella sua carne, dalla carne mieterà la corruzione: chi poi semina nello spirito, dallo spirito mieterà la vita eterna » (Lettera ai Galati 6, 8).

 

I.

Considera come per noi la vita presente è tempo di seminare, e la futura sarà poi di raccogliere. Quello però si dovrà raccogliere a proporzione nella vita futura che si sarà seminato nella presente : « Quae seminaverit homo, hic et metet — Quello che l’uomo avrà seminato, quello ancora mieterà ». Il seme sono le opere, e la raccolta è la retribuzione, come ognún sa, corrispondente a tali opere, o di premio, o di pena. Chi avrà seminato grano, avrà grano; chi avrà seminato gioglio, avrà gioglio, ch’è quanto dire, chi avrà fatto bene, avrà bene; chi avrà fatto male, avrà male: « Filius hominis venturus est in gloria Patris sui cum Angelis suis, et tunc reddet unicuique secundum opera ejus. —Il figliuolo dell’uomo verrà nella gloria del Padre suo co’ suoi Angeli, e allora renderà a ciascheduno secondo il suo operato » (Vangelo di Matteo 16, 27). E’ questa una legge la più spaventosa, a mio credere, che si trovi, perchè non ammette eccezione di sorta alcuna; spetta a tutti, stringe tutti, ferisce tutti, e però l’Apostolo la promulga ancora con formola, qual è questa, universale : « Quae seminaverit homo, haec et metei — Quello che l’uomo avrà seminato, quello ancora mieterà ». Sia chi si vuole, sia Principe, sia plebeo, non si dovrà guardare in faccia a veruno. Come egli è uomo, è suddito a questa legge di tal maniera, che non ne può in eterno sperar dispensa. Che fai tu dunque, che tanto poco talvolta badi a quelle opere, che tu fai? Avverti bene, che tutte coteste opere sono un seme che non può star senza frutto, e però non lasciare che quasi a caso esse escano dalle mani. Avverti prima, ad imitazion di chi semina, se sono buone, o cattive. Se sono buone, spargile allegramente, perchè avrai bene: « Dicite justo, quoniam bene, quoniam fructum adinventionum suarum comedet. — Dite al giusto, che avrà bene, perchè egli gi goderà il frutto delle sue opere » (Isaia 3, 10). Ma se cattive, misero te! temi, e trema, perchè oh quanto male ti aspetta! « Vae impio in malum; retributio enim manuum ejus fiet ei. — Guai all’empio perseverante nel male; perciocchè sarà retribuito conforme alle sue azioni » (Isaia 3, 11).

II.

Considera come il provvido agricoltore, affine di aver buona raccolta, non sol procura di spargere seme buono, ma procura ancora di spargerlo in suolo buono, altrimenti sarà l’istesso che s’egli seminasse un seme cattivo: « Quae seminaverit, haec et metei — Quel che avrà seminato quello ancora mieterà ». Perchè è vero, che il suolo buono non può rendere buono il seme cattivo; ma il suolo cattivo rende per contrario cattivo anche il seme buono, con magagnarlo, e così fa che la raccolta alla fine anche sia cattiva: « Seminaverunt triticum, et spinas messuerunt. — Han seminato frumento, ed han mietuto spine » (Geremia 12, 13). Ora con una tale avvertenza devi ancora tu regolarti nel tuo operare. Tu in te medesimo hai come appunto due suoli, ma diversissimi: la carne, e lo spirito. Lo spirito è un suolo puro, pingue, felice: ma la carne è un suolo sì putrido, che corrompe il seme anche buono che in sè riceve, e lo fa cattivo; cioè di degno di premio lo fa degenerare in degno di pena. E però qui dice l’Apostolo, che « qui seminat in carne sua, de carne et metet corruptionem; qui autem seminat in spiritu, de spiritu et metet vitam aeternam — Chi semina nella sua carne, dalla carne mieterà la corruzione; chi poi semina nello spirito, dallo spirito mieterà la vita eterna ». Colui si dice che semina nella carne, il quale opera in pro dell’istessa carne: e colui si dice che semina nello spirito, il quale opera in pro dello stesso spirito. Perciò bada, perchè non basta che le tue opere in sè per altro sian buone: convien che di più le semini nello spirito; ch’è quanto dire, che le indirizzi in pro d’esso. Come tu le indirizzi in pro della carne, ecco che già tu semini nella carne, conseguentemente tu sei spedito: non potrai mieterne altro che corruzione: Qui seminat in carne sua, de carne et metet corruptionem. Mi spiegherò. Se tu nello spendere sei liberale, tu semini un seme buono; ma se tu spendi in tal forma per tuo piacere, spendi in crapole, spendi in lussi, spendi in lascivie, spendi in commedie profane; ecco che già tu semini nella carne, perciocchè spendi in pro della sua sensualità. Se predichi, tu semini un seme buono, ma se predichi per guadagno, tu semini nella carne, perchè predichi in pro della sua avarizia. Se patisci, tu semini un seme buono, ma se patisci per gloria, tu semini nella carne; perchè patisci in pro della sua ambizione. E posto ciò, non altro ti puoi aspettare che una raccolta del tutto pestilenziale, qual è quel suolo in cui semini, perchè il suolo corrotto corrompe il seme, ch’è la ragione, per cui dice l’Apostolo, che « metet corruptionem — mieterà la corruzione », perchè ogni azion corruttibile alfin si perde: Omne opus corruptibile in fine deficiet (Ecclesiastico o Siracide 14, 20). Se tu vuoi fare una raccolta giovevole, non solamente semina seme buono; ma seminalo nello spirito, cioè non procedere affine di compiacere a veruno di quei tre scorretti appetiti che regnano nella carne, fa quel bene, che fai, per motivi di vita eterna, e così allora non solamente non mieterai corruzione, ma mieterai vita, e mieterai vita eterna: Qui autem in spiritu, de spiritu et metet vitam aeternam. Lo spirito è dator di vita : Spiritus est qui vivificat. E così lo spirito dà germogli di vita. Lo spirito è eterno, perchè egli non muore mai. E così lo spirito dà germogli di vita, e di vita eterna. In qual però di questi due campi sembra ora a te che sia giusto impiegare il seme: in quello della carne, o in quello dello spirito? Certo è, che tu in una tua possessione non ti eleggeresti anzi quello, che avesse tanto a schernire le tue fatiche: e te lo eleggerai nella tua persona? Nota però, che quando qui favella l’Apostolo di quell’uomo, il quale si determina d’impiegare le sue fatiche in pro della carne, dice « in carne sua —nella sua carne »; ma quando appresso favella poi di quell’altro, il quale si determina d’impiegarle in pro dello spirito, non dice « in spiritu suo — nel suo spirito », dice « in spiritu — nello spirito »; perché la carne viene in qualche modo a noi da noi stessi; e però più giustamente si ascrive a noi; laddove lo spirito ci vien tutto da Dio. Ma s’è così, qual maraviglia sarà se la carne, e lo spirito producano ancor germogli sì differenti? Da noi, come noi, non ce gli possiam promettere, se non pessimi: « Fili, non semines mala in sulcis injustitiae — Figliuolo, non seminare cattiva semenza ne’ solchi dell’ingiustizia » (Ecclesiastico o Siracide 7, 3), quali sono quei della carne, « et non metes ea in septuplum — e non avrai a mieterne il settuplo ».

III.

Considera, che se tosto che l’uomo in questo Mondo fa bene, egli avesse bene, e tosto che fa male, egli avesse male; andrebbe di sicuro assai più avveduto in qualunque sua operazione. Ma tu non far di ciò caso, perciocchè appunto per questo ancora l’operar dell’uomo assomigliasi al seminare; perché non gli corrisponde a un tratto il premio, o la pena : ci vuol del tempo : « Quae seminaverit homo haec et metet — Quello che seminerà l’uomo, quello mieterà »; non dice « metet — miete », ma « metet — mieterà ». E’ vero, che talvolta il Signore per suoi giusti giudizi verso taluno, o punisce subito, o premia subito. Ma questo è caso, il quale esce fuor d’ogni legge, come fu per ventura quello d’Isacco, il qual nell’istesso anno che seminò nelle campagne di Gerara, nell’istesso si dice ch’egli raccolse, e raccolse il centuplo, perchè Dio con modo speziale lo benedisse: Sevit autem Isaac in terra illa, et invenit in ipso anno centuplum; benedixitque ei Dominus. D’ordinario avvien che si aspetti il tempo da Dio prefisso per la raccolta; tempus retributionis (Ecclesiastico o Siracide 18, 24), che non è la vita presente, nella qual noi seminiamo, ma la futura. Se dunque hai fatto del male, non dir: l’ho fatto, e non però n’ho provato ancor male alcuno: Ne dixeris: Peccavi, et quid mihi accidit triste? Perciocchè se hai peccato, hai seminato, ti basti ciò; mieterai pur troppo a suo tempo compitissimamente quel mal ch’hai fatto: « Qui seminat iniquitatem, metet mala. — Chi semina iniquità, mieterà sciagure » (Proverbio 22, 8). E se hai fatto bene, non dire: è tanto tempo ch’io seguito a far del bene, e contuttociò non incomincio a raccoglierne ancora il frutto: « Quare jejunavimus, et non aspexisti; humiliavimus animas nostras, et nescisti? — Perchè abbiam noi digiunato, e tu non ne hai fatto conto; abbiam umiliato le anime nostre, ed hai fatto vista di non saperlo? » (Isaia 58, 3). Abbi pazienza, che lo raccoglierai maggior che non credi : « Seminanti justitiam merces fidelis — Chi semina giustizia, fedele ne avrà ricompensa » (Proverbio 11, 18), non « subita — pronta », ma « fidelis — fedele »; « fidelis — fedele » per la sicurezza, « fidelis — fedele » per la soprabbondanza, e « fidelis — fedele » per la stabilità. Non vedi con che pazienza aspetta l’agricoltore la sua raccolta, ancorchè si senta per poco languir di fame? « Ecce agricola expectat pretiosum fructum terrae, patienter ferens, donec accipiat temporaneum — Ecco l’agricoltore come aspetta il prezioso frutto della terra, soffrendo con pazienza fino a tanto che lo raccolga a buon’ora » (Lettera di Giacomo 5, 7), ch’è il primaticcio, « et serotinum — e tardi », ch’è quel che tarda all’estremo. Non voler dunque anelar tu a possedere la messe in erba, con bramar che Dio ti rimuneri in questa vita, perciocchè quando il facesse, sicuramente no ‘l farebbe a tuo pro. Aspetta pur sin all’altra, che finalmente non tarderà ad arrivare: « Patientes igitur estote et vos, et con firmate corda vestra: quoniam adventus Domini appropinquavit. — Siate adunque pazienti anche voi, e rinfrancate i vostri cuori, perchè la venuta del Signore è vicina » (Lettera di Giacomo 5, 8).

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