La Manna dell’Anima - Lectio divina - P. Paolo Segneri

GIUGNO

I. GIORNO

L’adempimento de’ divini voleri dicesi cibo vero dell’anima.

 

« Meus cibus est, ut faciam voluntatem ejus, qui misit me, ut perficiam opus ejus. — E’ mio cibo il fare la volontà di chi mi ha mandato, ed il compiere l’opera sua » (Vangelo di Giovanni 4, 34).

 

I.

Considera, qual sia questa volontà, che Cristo chiama qui di suo Padre, e qual sia quest’opera. L’opera era la salute di tutto il Genere Umano: « opus consumavi, quod dedisti mihi, ut facerem. — Ho compiuta l’opera che mi desti a fare ». La volontà era di por tutti quei mezzi, che dovea Cristo impiegare per tal salute, pellegrinando, predicando, patendo fino alla morte, e morte ancora di Cíoce : « In capite libri scriptum est de me, ut facerem voluntatem tuam, Deus meus volui. — In fronte del libro sta scritto, che io faccia la tua volontà, Dio mio, io lo volli » (Salmo 40, 9). L’adempimento di ciò egli dice suo cibo : Meus cibus est; non perchè, quale uomo vero, non si valesse di cibo ancora corporeo; ma perché di questo non faceva caso veruno rispetto a quello : « Ego cibum habeo manducare, quem vos nescitis. — Io ho un cibo da reficiarmi, che voi non conoscete » (Vangelo di Giovanni 4, 32). Se tu ben intenderai ciò, che Cristo volle inferire, quando chiamò suo cibo l’adempimento di questo voler paterno, quantunque fosse sì duro in sè, sì difficile, oh quanto di ragione dovrai rimaner confuso!

II.

Considera, che di qualunque uomo giusto si può dir cibo l’adempimento del santo voler divino : « Operamini non cibum, qui perit, sed qui permanet in vitam aeternam. — Procacciatevi, non quel cibo, che manca, ma quello, che dura in eterno » (Vangelo di Giovanni 6, 27). Perchè siccome il cibo sostenta la vita al corpo, così questo adempimento sostenta la vita all’anima. ch’è la grazia. Anzi con questo vantaggio gliela sostenta, che a lungo andare, con tutto quel mangiar, che tu vai facendo, il tuo corpo dovrà morire; ma se per contrario fai sempre il voler di Dio, l’anima tua non potrà morire in eterno : « Audite, et vivet anima vestra. — Ascoltate, e l’anima vostra vivrà » (Isaia 55, 3). In questo senso non potè però Cristo dir, che fosse suo cibo far la volontà di suo Padre, perchè tutte le opere sì perfette, sì pure, ch’egli eseguiva, non valean punto a mantenergli la grazia. E la ragione si è, perchè questa in lui non dipendeva dalle opere, dipendeva dall’unione ipostatica, la quale sola lo costituiva impeccabile. E però, quantunque egli non potea come tale lasciar mai di operare santissimamente, contuttociò l’operar santissimamente non conservava in lui la vita dell’anima (come accade negli altri giusti) ma piuttosto la vita dell’anima conservava in lui l’operar santissimamente. E però in questo senso non potè dire: « Meus cibus est, ut faciam voluntatem ejus, qui misit me, ut perficiam opus ejus. — E’ mio cibo il fare la volontà di chi mi ha mandato, ed il compiere l’opera sua ».

III.

Considera, che di qualunque giusto ancora si dice, che sia suo cibo adempire il voler divino; perchè siccome il cibo corporeo non solo conserva il corpo, ma lo conforta, quando egli è fiacco, l’avvalora, l’avviva, gli dà più forze; così fa pure il suo cibo spirituale rispetto all’anima. Ma con questa diversità, che il cibo corporeo talor in cambio di accrescere queste forze, piuttosto le opprime, come succede in coloro, che son usi di prenderlo in molta copia : In multis escis erit infirmitas (Ecclesiastico o Siracide 37, 33). Ma il cibo spirituale non fa così. Più che tu operi bene, più ancora del continuo t’invigorisci. In questo senso non potè nè anche dir Cristo, che fosse suo cibo adempire il voler paterno, perchè egli non veniva (in operar bene) a corroborarsi di spirito, come avviene a ciascheduno di noi: nacque robusto. Anzi quella lena medesima, la qual ebbe allorchè giunse a salire in Croce con tanta animosità, come in cima ad un’alta palma : Ascendit in palmam, et apprehendit fructus ejus (Cantico dei Cantici 7, 8), quella medesima ebbe dal primo istante, in cui egli fu conceputo, tenero bambinello, nel sen materno; mai non l’accrebbe cibandosi. E però nè anche in tal senso egli potè dire : « Meus cibus est, ut faciam voluntatem ejus qui misit me, ut perficiam opus ejus. — E’ mio cibo il fare la volontà di chi mi ha mandata, ed il compiere l’opera sua ».

IV.

Considera, che di qualunque giusto si dice ancora, che sia suo cibo adempire il voler divino; perchè siccome non solo il cibo corporeo conforta il corpo, ma l’accresce, l’aumenta, e lo conduce anche a quella statura debita, a cui non perverrebbe nutrendosi scarsamente: così fa allo spirito il cibo spirituale. Ha lo spirito anch’egli la sua statura, a cui di mano in mano deve avanzarsi, passando dallo stato degli incipienti a quello dei proficienti, e da quello de’ proficienti a quel dei perfetti. E a ciò mirabilmente conduce l’operar bene: quantunque ancora con questa diversità, che finalmente quando tu sii pervenuto ad una certa età, la quale è detta virile, per molto che tu mangi, il tuo corpo non cresce più; ma lo spirito sempre cresce: « Qui sanctus est, sanctificetur adhuc. — Chi è santo, si santifichi ancora » (Apocalisse di Giovanni 22, 11). E in questo senso nemmeno potè dir Cristo, che suo cibo fosse adempire il voler paterno, perchè egli non crebbe mai. Crebbe secondo l’estimazione degli uomini, che di giorno in giorno scorgeano sempre più quella scienza, quella sapienza e quella grazia ammirabile, che egli tenea chiusa in seno: ma per verità mai non crebbe, se non di corpo; di spirito fu sempre al pari Gigante: e benchè crescesse continuamente nei meriti, che di mano in mano acquistava operando si eccelsamente, non però egli crescea di santità; crescea nei meriti, ma non crescea di statura. Adunque nè anche in questo senso medesimo potè dire con verità: « Meus cibus est, ut faciam voluntatem ejus, qui misit me, ut perficiam opus ejus. — E’ mio cibo il fare la volontà di chi mi ha mandato, ed il compiere l’opera sua ».

V.

Considera qual sia pertanto quel legittimo senso, in cui potè dirlo. Il senso fu a significare, che in questo avea il suo diletto. Tu sai, che il cibo del corpo ha questo di proprio, che quando è lontano, egli eccita l’appetito; quando è presente, l’appaga, e con appagarlo lo ricrea, lo reficia, gli dà piacere. E così fa pure allo spirito il cibo suo, benchè con questo vantaggio, che il cibo corporale, tolto ch’egli si sia con qualche abbondanza, non si brama più da veruno, piuttosto sdegnasi, ma lo spirituale allor più si brama; perchè appaga si bene, ma non satolla : « Qui edunt me, adhuc esurient. — Coloro che mangiano me, han fame ancora ». Ecco pertanto ciò, che volea Cristo dire, quando egli disse : « Meus cibus est, ut faciam voluntatem ejus, qui misit me, ut perficiam opus ejus. — E’ mio cibo il fare la volontà di chi mi ha mandato, ed il compiere l’opera sua ». Volea dir, che questo era il suo sommo diletto. Ma come a ciò tu di subito non ti struggi? Sai pur, che opera dolorosa era quella, di cui trattavasi? La Redenzione del Mondo. E pure in questa avea Cristo costituite le sue delizie: qui godea, qui gioiva, qui ristoravasi, a segno, che per questa lasciò più volte di dare al corpo il suo necessario alimento: e se una volta pure bramò di darglielo, fu perchè quello doveva ancora esser l’ultimo di sua vita : « Desiderio desideravi hoc pascha manducare vobiscum. — Ardentemente ho bramato di mangiare con voi questa pasqua »; non « quodlibet pascha, — qualsivoglia pasqua », ma « hoc — questa », perché da quella dovea passare alla Croce. E tu da ciò non ti senti punto commosso, almeno a confusione, almeno a compunzione. almeno a un tenero senso di gratitudine? Chi sei tu, che Cristo dovesse per tua salute dimenticar se medesimo? Egli più volte neppur curò di nutrirsi, solo per attendere a te, suo servo vilissimo. Tu per servir lui, quante volte avrai trascurato non di nutrirti, ma di sfamarti a piacere!

VI.

Considera, ch’ egli disse, che dovea fare la volontà di chi lo avea mandato, e compirne l’opera: Ut faciam voluntatem ejus, qui misit me, ut perficiam opus ejus. La volontà del Padre era, che Cristo patisse con gran rigore tutto ciò, che si conveniva alla salute del Mondo: l’opera era questa salute medesima. Però quanto alla volontà del Padre, toccava a Cristo di farla tutta, e così disse: Ut faciam voluntatem ejus; quanto all’opera, non gli toccava di farla tutta, ma sol di perfezionarla, e così disse: Ut perficiam. Toccava a Cristo di far tutta la volontà del Padre, perchè nel patire il Padre non entrò a parte: « Torcular calcavi solus. — Io solo ho premuto il torchio » (Isaia 63, 3). Ma non così toccava a Cristo di fare ancor tutta l’opera; perocchè questa era comune anche al Padre. Il Padre avea decretato salvare il Mondo: Deus vult omnes homines salvos fieri: e di fatti ancora il salvava; e però a Cristo in quant’uomo rimanea solamente il perfezionare una tal salvezza. E perchè qui favellava egli in quanto uomo, come si raccoglie dal dir, ch’egli era mandato;. però, dico, si valse di questi termini: « Meus cibus est, ut faciam voluntatem ejus, qui misit me, ut perficiam opus ejus. — E’ mio cibo il fare la volontà di chi mi ha mandato, ed il compiere l’opera sua ». Se avesse detto solo, « ut faciam voluntatem ejus — il fare la volontà sua », non avrebbe espresso, che il suo patire fosse efficace a salvare il Mondo. Se avesse detto solo, « ut perficiani opus ejus — il compiere l’opera sua », non avrebbe espresso, che il suo patire, affin di salvare il Mondo, fosse ordine di suo Padre; e però egli unì l’uno, e l’altro insieme. Nel resto, che queste due cose siano tra Loro distinte, è manifestissimo. Perocchè dì: gli Apostoli con tanti lor successori da Dio mandati a pro del genere umano, non hanno fatta ancor essi perfettamente la volontà di chi gli aveva mandati? Certissimo: « Fecerunt voluntatem Dei. — Fecero la volontà di Dio » : ma non ne hanno già fatta l’opera, anzi neppure l’hanno aiutato a farla, Non perfecerunt opus ejus, perchè niun altro uomo « operatus est sulutem in medio terrae — ha operata la salute in mezzo della terra », se non che Gesù Cristo, tuo Salvatore. E così pure, in quest’altro senso egli disse con verità: « Torcular calcavi solus, et de gentibus non est vir mecum. — Io solo ho premuto il torchio, e delle genti nessuno è con me », perchè gli Apostoli hanno sì bene al Mondo notificata la sua salute: Isti homines servi Dei excelsi sunt, qui annuntiant vobis viam salutis (Atti degli Apostoli 16, 17). Ma non già l’hanno operata. Al più ch’hanno fatto? Hanno esortati gli uomini a prevalersi di tal salute opportunamente. E in questo senso hanno essi detto di sè, che aiutavano il loro Dio : Dei enim sumus adjutores (Prima lettera ai Corinzi 3, 9). Siccome appunto, se tu sborsassi in Algeri tutto quel prezzo, che si ricerca a liberar quanti Cristiani là gemono, stretti in ceppi, stretti in catene, tu per verità saresti solo a operare il loro riscatto. Tutti quei servi, i quali colà ne andassero in nome tuo a confortar quegli schiavi, sicchè lo accettino, non opererebbono per verità tal riscatto, ma opererebbono sol che fosse accettato. L’istesso è nel caso nostro. La Redenzione del Mondo è perfezionata, perchè già Cristo ha sborsato tutto il suo prezzo, non solo compitamente, ma ancora copiosamente : Copiosa apud eum redemptio. Altro più non resta da fare, ch’esortar gli uomini ad abbracciarla; ammaestrarli, aiutarli, animarli, e tal volta anche spingerli, come insani, perchè non vogliano alla libertà preferire la schiavitudine. Tu che puoi dire a Gesù? Non gli sei già obbligato in egual maniera, o tu giunga a salvarti, o tu non vi giunga? Già egli ha perfezionata quest’opera interamente: Ut perficiam opus ejus. Se ora tu non ti salvi, la colpa è tua.

VII.

Considera, che Cristo non senza molto avvedimento mirabile disse ancora : « Meus cibus est, ut faciam voluntatem ejus, qui misit me. — E’ mio cibo il fare la volontà di chi mi ha mandato ». Potea dire, mio cibo è il faticare, mio cibo è il pellegrinare, mio cibo è il predicare, mio cibo è patir per gli uomini; perocchè a questo in sostanza si riducea quella volontà, l’adempimento di cui gli era sì gustoso. Contuttociò disse solo, mio cibo è fare la volontà di chi mi ha mandato, perchè questi sono i termini, i quali condiscono a maraviglia un tal cibo, per altro sì inamabile, sì insoave, qual è il patire. Vuoi tu patir volentieri? questo hai da fare: Non pensar che quello è patire. Pensa solo, ch’è fare la volontà del tuo caro Padre celeste; Ut faciam voluntatem ejus; e ciò te lo renderà tanto saporoso, che non finirai di saziartene.

Archivio delle meditazioni